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Abbattiamo muri, costruiamo ponti (#2)

La Campagna anarchica di solidarietà internazionale “Tre ponti”
Di A. Soto

We tear down walls - We build bridges

We tear down walls – We build bridges

 

In questa epoca il terrorismo è stato assunto a nuova ragione di Stato e non a caso il nemico pubblico numero uno di turno si fregia anch’esso, in concorrenza con i suoi più antichi rivali, di questo certificato di oppressione. Di conseguenza si moltiplicano le frontiere che allontanano le persone e le culture producendo nuovi conflitti distruttivi. Per questo sono preziose le iniziative politiche che rompono le geografie consolidate, che uniscono territori separati dal potere ma uniti da storie di contaminazione culturale e solidarietà. I paesi dei Balcani e la Grecia ad esempio, così vicini e così lontani per le Marche, vengono descritti in genere come luoghi instabili e pericolosi da confinare e controllare o come territori di conquista per le piccole e medie imprese nostrane all’interno della Macroregione Adriatico-Ionica, di cui Ancona è capoluogo. La campagna “Tre ponti” ci consegna invece un punto di vista diverso, combattivo, critico e creativo. I volti di chi si affaccia su un mare che dobbiamo conoscere meglio.

La Campagna anarchica di solidarietà internazionale “Tre ponti” è nata diversi mesi fa su stimolo di numerosi gruppi libertari greci, tra i quali il Gruppo dei comunisti libertari di Atene, e con il supporto dell’Internazionale di Federazioni anarchiche. Il suo obiettivo è di intervenire in un’area cruciale come quella del Mediterraneo, oggi luogo di guerra e militarizzazione, di muri e fili spinati, di lotta senza tregua per l’egemonia sull’area e di oppressione, quando non di omicidi di massa dei profughi che cercano rifugio in Europa. È in questo contesto desolato ma cruciale che gli anarchici intendono rafforzare antichi legami e crearne di nuovi al di là e contro i confini statali, intervenendo attivamente proprio dove l’attacco distruttivo dell’odierno sistema capitalista è più forte. Significativamente è proprio dalle città greche, quei luoghi cioè dove duemilacinquecento anni fa la categoria del politico si è fatta sperimentazione di un’inedita democrazia, che oggi l’anarchismo riceve una nuova spinta al proprio necessario rinnovamento, praticando qui e ora processi plurali di rottura con l’ordine esistente che sono allo stesso tempo costruzione di relazioni altre tra gli uomini e tra questi e l’ambiente. Tre ponti dunque di lotta e solidarietà attiva dalla Grecia, cuore del Mediterraneo, verso il sud dell’Europa e il Nord Africa, verso i Balcani e verso l’area mesopotamica.

Mostar 2014 - Nostra patria la libertà

Mostar 2014 – Nostra patria la libertà

La scommessa della Campagna è di mettere in comunicazione e in rete le mobilitazioni contro le politiche di austerità, il militarismo, il nazionalismo e l’oscurantismo religioso, all’interno di un quadro di consapevolezza della centralità delle lotte cosiddette territoriali, o ambientali, contro i megaprogetti di devastazione di intere aree e comunità che vi vivono. Questo significa supporto pratico alle lotte autorganizzate di studenti e lavoratori (ovunque sempre più precari) e agli esperimenti di autogestione di produzioni ecologiche come nel caso della Vio.Me nei pressi di Salonicco; allargamento della mobilitazione contro il servizio militare e per l’obiezione di coscienza – tema particolarmente sentito in Grecia, Turchia e nei Balcani –, ma anche contro la crescente repressione poliziesca contro le lotte e le insorgenze sociali all’interno dei singoli paesi; maggiore coordinamento delle pratiche solidali con migranti e rifugiati e di azione diretta contro muri, reti e fili spinati che stanno fiorendo su diversi confini. Centrale, sia in termini pratici sia ai fini di un immaginario di trasformazione radicale dell’esistente, è la battaglia per l’autonomia e per il confederalismo democratico che viene portato avanti in Rojava, in quanto esso è visto come la messa in pratica di una coscienza libertaria, antistatale e areligiosa che fa dell’orizzontalità del processo decisionale e della opposizione al continuo riformarsi delle gerarchie un proprio cardine. Prezioso in questo senso è il ruolo dei compagni turchi e in particolare dell’organizzazione anarchica DAF che sostiene la resistenza armata curda, aiuta nella ricostruzione dei luoghi devastati dal passaggio dell’Isis e dei bombardamenti Nato e procede allo “smontaggio” di alcuni tratti del confine tra Turchia e Siria, tramite il taglio delle reti, per favorire il passaggio dei profughi.

Atene 2015 - Street art a Exarchia

Atene 2015 – Street art a Exarchia

 

La Campagna “Tre ponti” ha recentemente organizzato due incontri allargati di coordinamento tra varie realtà libertarie del Mediterraneo: dall’11 al 14 ottobre 2014 si è tenuto a Salonicco il Meeting anarchico dei Balcani alla presenza di gruppi provenienti da Slovenia, Serbia, Croazia, Macedonia, Bulgaria e Romania e dal 14 al 18 ottobre 2014 a Chania, sull’isola di Creta, un Meeting anarchico del Mediterraneo alla presenza di alcune centinaia di partecipanti provenienti da tutta Europa e non solo. I meeting hanno messo in comune lotte e prospettive, ponendo le basi per coordinamenti più fattivi e incisivi e hanno fatto proprio un documento proposto dal Gruppo dei comunisti libertari di Atene, che mi pare dia un segnale della crescita di un anarchismo radicato nei territori, dai chiari caratteri sociali, ecologici e comunalisti e che qui propongo nella sua traduzione italiana.

 

Cos’ha da dire l’anarchismo oggi?

La pratica e la teoria anarchiche sono un anacronismo nella società contemporanea? Sono capaci di dare risposte effettive alle domande del nostro tempo? Perché oggi qualcuno dovrebbe volere l’anarchismo?

Prima di tutto, mettiamo in chiaro il fatto che, quando parliamo di anarchismo, intendiamo l’unione fra la struttura concettuale fondata nel diciannovesimo secolo e nei periodi successivi – e rinnovatasi da allora – e la sua applicazione pratica nelle lotte contro lo sfruttamento. L’interazione tra la realtà sociale e l’anarchismo ha permesso a quest’ultimo di perpetuarsi e rinnovarsi, e pertanto modificare sia le pratiche che i concetti che lo aiutassero nel suo rapporto con la realtà. L’anarchismo propone soprattutto una forma di organizzazione sociale. La sua caratteristica principale è il rifiuto delle gerarchie stabilite e di ogni tipo di discriminazione, nonché della distinzione fra coloro che pianificano e prendono le decisioni in ogni campo (politico, sociale ed economico) e coloro che le subiscono e le eseguono.

Ritenendo le comunità come le cellule basilari della società, l’anarchismo propone un modello di organizzazione costitutiva che corrisponde alle domande dei nostri tempi. In altre parole, un modello che consenta alle persone di decidere del proprio destino, di decidere esse stesse in merito all’andamento del loro paese, libere da ogni élite, vicina o lontana. Per noi è ovvio che i modelli di Stato – nazionale o sovranazionale – e l’economia di mercato, i due supposti pilastri portanti della società di oggi, hanno fallito. Essi hanno creato povertà, guerra, alienazione. Per di più, oggi sperimentiamo una situazione dove la politica (l’abilità delle persone di controllare i beni collettivi) è stata completamente soggiogata dalla tecnocrazia.

L’unica via per invertire questa realtà è la decentralizzazione politica, il conflitto con i meccanismi statali, l’emersione di una sfera civica non statale nella quale le persone siano appartenenti alle comunità e alle regioni. Esse, a loro volta, saranno capaci di ridefinire il contenuto e gli obiettivi dell’economia secondo i bisogni delle comunità e non quelli dei mercati e del capitale.

Democrazia diretta, confederalismo, economia comunitarizzata, comunismo libertario ed ecologia sociale – che riconosce come la crisi ambientale sia diretta conseguenza del modello capitalista e che dunque può essere risolta solo causando una rottura con lo stesso – sono componenti della proposta anarchica. Non dobbiamo dimenticarci dell’internazionalismo, condizione essenziale per ogni forma di confederalismo, oltre le identità etniche, razziali o religiose. Identità che il confederalismo non nega, ma supera. E non in teoria, attraverso carte costituzionali, ma nella pratica, grazie all’organizzazione costitutiva che propone e al modello antropologico che produce.

Sono tutte visioni utopiche di qualche pensatore? Affatto. Sono risposte alle sfide contemporanee e soprattutto soluzioni pratiche in corso di attuazione mentre parliamo da parte di persone mobilitate in diversi angoli del globo. Il successo e l’atemporalità dell’anarchismo si trovano precisamente nel fatto che è riuscito a superare i suoi limiti di corrente politica. Fin dall’emergere del movimento anti-globalizzazione l’anarchismo è stato presente in tutte le proteste e costituisce gran parte delle soggettività politiche che da esse scaturiscono.

Dalle moderne municipalità autonome zapatiste agli esperimenti del confederalismo democratico nell’area kurda, dalla presa delle piazze cittadine in Europa e negli Stati Uniti alle assemblee di quartiere in Argentina e Grecia, dai luoghi di lavoro autorganizzati alle fabbriche occupate, dalle lotte per la difesa della casa e dell’ambiente alle azioni per l’accesso gratuito ai trasporti e alla sanità, ovunque le persone si stanno organizzando orizzontalmente, in comunità che rispettano i termini della democrazia diretta, che lottano e creano esempi competitivi. Questi individui non solo prefigurano il futuro che vogliono raggiungere, ma lo sperimentano nel tempo presente, anche se temporaneamente e frammentariamente. Essi, lontani dall’essere anarchici e senza agire necessariamente nel nome della bandiera rossonera, agiscono in modo anarchico.

Niente ci potrebbe far più piacere.

 

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