Lo Spaccio popolare autogestito (Spa).
Un’esperienza di autogestione a Bologna
Intervista a due partecipanti dello Spa a cura di A. Soto
Che cosa è lo Spaccio popolare autogestito (Spa)?
Un luogo in cui diffondere e condividere le pratiche e i temi inerenti alla sovranità alimentare. Lo spazio trova collocazione fisica all’interno del circolo anarchico Berneri di Bologna. È un lungo banchetto di legno in cui vengono spacciati prodotti alimentari (pasta, riso, vino, cereali, caffè, farine, friselle, olio, zucchero, tisane, miele, legumi, passate di pomodoro, mandorle, cipolle, patate, aglio etc.) al prezzo che ci viene fatto dal produttore, senza alcun ricarico.
Quando e perché è nato lo Spa?
Nel febbraio del 2016 come forma di esperimento. Da subito si è fondato su due cardini: mantenere i prezzi il più possibile popolari, rispettare e valorizzare sia i lavoratori e le lavoratrici sia l’ambiente. E si è dato alcuni fondamentali obiettivi: allargare e approfondire le dinamiche autogestite di produzione e consumo fuori da qualsivoglia logica speculativa; rafforzare i legami e le reti già esistenti tra produzione e consumo in un’ottica di mutuo aiuto e di relazioni umane e sociali liberate e in continua liberazione; supportare e dare visibilità alla rete dei produttori libertari e alle esperienze di lotta e autogestione.
Con che modalità si svolge?
È aperto tutti i lunedì dalle 18.30 alle 21.00 in modo da avvicinare a questo nuovo progetto i compagni e le compagne che arrivano per un appuntamento, quello della cena popolare del lunedì, già da tempo consolidato e partecipato.
In cosa si differenzia da un mercato?
Nell’assenza di un profitto, nella divulgazione di tutte le informazioni necessarie a rendere l’avventore consapevole attraverso schede dettagliate dei produttori e dei prodotti e nella ricerca del minimo impatto ambientale, attraverso la distribuzione di prodotti sfusi o con un imballaggio minimo.
Alcuni degli organizzatori dello Spa fanno anche parte del Gruppo informale di acquisto zapatista (Giaz): mi spieghi cos’è?
È il frutto dell’esperienza decennale di un manipolo di compagni che ha esperito le contraddizioni del gruppo di acquisto e se ne è voluto emancipare dando vita a una comunità.
Che rapporti ha con lo Spa? Perché “informale”? Perché “zapatista”?
Aver partecipato attivamente alla vita di vari Gas bolognesi ha dato la possibilità a un gruppo di compagne e compagni di mettere a fattor comune un bagaglio di esperienze che è stata la base per formulare i criteri di scelta condivisa dei prodotti da avere nello spaccio. Informale perché non ci riconosciamo nel gruppo di acquisto ormai soggetto istituzionalizzato, zapatista per la continua tensione nella ricerca della creazione di una comunità, perché decliniamo “io” in “noi” e perché siamo sicuri che il capitalismo sia il nemico da combattere sempre e ovunque si annidi.
Giaz e Spa fanno parte di una rete più larga, la rete Eat the Rich, che coinvolge, tra l’altro, mense e realtà di autoproduzione: quale è il ragionamento dietro tutto ciò?
La rete nasce dall’esigenza di legare le storie dei singoli gruppi senza negare ad ogni realtà la propria identità e specificità, nell’intento di render più efficaci le forme di lotta. Essa vuole essere una risposta pratica e politica ai ricatti delle istituzioni cittadine con l’organizzazione di mense, cene sociali, gruppi di acquisto e distribuzione, mercati biologici e a km0, laboratori di autoproduzione. A partire dal cibo inteso come accesso a un pasto di qualità e a misura delle tasche di tutti, la rete costruisce possibilità di resistenza e attacco alla miseria diffusa. È impegno dei “mangiatori di ricchi” estendere questa rete nell’ottica di associare produttori e consumatori che fanno dell’autogestione e della critica pratica alle leggi mercantili la loro caratteristica, perché credono strategica la creazione di reti cittadine attorno a nodi e bisogni centrali per una “buona vita”. La sfida che pone la rete è scatenare processi politici e allargare l’autogestione a ogni aspetto della vita, proprio a partire da un bisogno come “un buon pasto” e dalla organizzazione di questo bisogno.
Che ruolo ha giocato e gioca Campi Aperti (associazione di agricoltori e consumatori che sostiene l’agricoltura biologica e contadina) in queste dinamiche? Una realtà radicata e di stimolo, mi verrebbe da dire, condividi?
Certo, all’interno dei mercati di Campi Aperti è possibile sperimentare la sovranità alimentare nelle città, cioè la difesa della piccola agricoltura contadina nelle campagne attraverso la creazione di una relazione diretta tra produttore e coproduttore (non più solo consumatore). Sono i compagni di viaggio ideali nella costruzione di un’alternativa al sistema economico dominante.
Lo Spa utilizza il più possibile una logistica partecipata. Cos’è?
È la presa di coscienza che la logistica è l’anello debole nella catena della distribuzione dei prodotti. È la spinta all’autorganizzazione nel trasporto e nello stoccaggio di tutto ciò che transita nello spaccio. È la partecipazione attiva della comunità che mette a disposizione il proprio mezzo, sia esso automobile o bicicletta, e lo trasforma da individuale a collettivo per il trasporto dei prodotti da portare allo spaccio.
E i magazzini diffusi cosa sono?
I magazzini diffusi sono la terminazione naturale di questo processo: chi dispone di un luogo adeguato in cui stoccare le merci lo mette a disposizione per lo spaccio. Un garage, una cantina, una dispensa diventano magazzino da cui lo spaccio può approvvigionarsi quando ne ha necessità.
Possiamo dire che lo Spa è una modalità per allargare e rafforzare, o approfondire, le dinamiche di autogestione in molteplici ambiti: produzione, consumo, trasporto, tra gli altri. Si dà così forma a “un mondo” altro, caratterizzato da rapporti sociali e umani scevri dallo sfruttamento e dal comando, all’interno di una visione coscientemente ecologica: dico bene?
Assolutamente sì e inoltre diventa luogo fisico in cui condividere saperi ed esperienze legati alla sovranità alimentare.
Lo Spa distribuisce prodotti di determinate realtà e collettivi di autoproduzione: quali? Che caratteristiche hanno?
Si passa da produttori locali che partecipano ai mercati di Campi Aperti, ma che per scelta di non competizione evitano di portare determinati prodotti in questi mercati in quanto già distribuiti da altri (vedi le farine), attraverso realtà libertarie come quelle della torrefazione Malatesta (Lecco) o della comune Urupia (Salento), fino ad arrivare a finanziare, attraverso l’acquisto di saponi, la riappropriazioni da parte degli operai di fabbriche fallite in Grecia (Viome di Salonicco); senza dimenticare le autoproduzioni come le passate di pomodoro che vengono distribuite seguendo i criteri della trasparenza nella formazione del prezzo, evidenziando ogni singolo passaggio e conseguente costo.
Sito web
https://reteeattherich.noblogs.org/spacciopopolareautogestito