Di A. Soto [QUI IL PDF]
La storia, soprattutto se narra di anarchia e sovversione, può essere qualcosa di più intrigante delle noiose pagine di un manuale scolastico. Con Mario Buda viaggiamo tra la Romagna e gli Stati Uniti, in mezzo a scioperi, revolver e dinamite. Ma chi era in realtà questo enigmatico personaggio, la cui vicenda si intreccia anche a quella di Sacco e Vanzetti? E perché negli anni Trenta alcune fonti lo indicano come un collaboratore della polizia politica fascista? Si è davvero venduto e ha finito per fare l’infiltrato? A prendere per buone le carte di questura potrebbe sembrare così, ma se si scava più a fondo emergono le sorprese… anche perché diversi compagni continuano a dargli fiducia e dopo la Liberazione rientra senza strascichi nel movimento; chissà allora che non si riescano a dipanare i fili di una sorta di triplo gioco, con Buda che si fa passare per collaboratore del fascismo soltanto per suonarle meglio al regime. Alla fine dei conti, sbaglia chi crede che siano gli sbirri quelli più furbi!
Mario Augusto Buda nasce il 13 ottobre 1883 a Savignano di Romagna (dal 1933 Savignano sul Rubicone) da Federico, contadino, e Clarice Bertozzi. Ha una sorella, Maria, e due fratelli, Primo e Carlo. Finite le scuole elementari lavora come contadino e aiuto calzolaio. Nel 1899, sedicenne, è condannato a dieci giorni di reclusione per furto in un negozio di ferramenta.
Nel 1904 presta il servizio militare a Forlì e tre anni dopo emigra negli Stati Uniti. Si stabilisce dapprima nei dintorni di Boston, poi in Colorado, Illinois e Wisconsin; si guadagna da vivere con lavori precari, per lo più giardiniere e manovale, e si avvicina all’anarchismo diventando un sostenitore di «Cronaca Sovversiva» di Luigi Galleani.
Alto non più di un metro e sessanta, calvo e con i baffetti, ha occhi piccoli e naso grosso: da qui il soprannome che gli affibbiano gli amici: “Nasone” o “Big Nose”.
Negli anni dal 1911 al 1913 torna a Savignano e lavora col padre come giardiniere, per poi andare nuovamente in Massachusetts, dove viene raggiunto dal fratello Carlo. Si stabilisce inizialmente a Framingham, lavorando in fabbrica, poi passa un periodo di circa un anno a Roxbury, nei dintorni di Boston, impiegato presso una lavanderia con lo stesso Carlo. Aderisce al locale Circolo educativo mazziniano, prende parte alle attività militanti tra le quali l’organizzazione di una Scuola moderna, le conferenze, i pic-nic, le rappresentazioni teatrali, la partecipazione alle lotte sul lavoro.
Conosce Nicola Sacco nel corso di uno sciopero a Hopedale nel 1913 e Bartolomeo Vanzetti tre anni più tardi in occasione dell’agitazione presso la Cordage Company a Plymouth.
Si trasferisce in seguito a Wellesley, dove con Carlo apre una lavanderia di sua proprietà. Il 25 settembre 1916, nel corso di una manifestazione a North Square (Boston) contro l’intervento dell’esercito statunitense nella Prima guerra mondiale, viene arrestato insieme a Federico Cari e Raffaele Schiavina. Al processo si rifiuta di giurare sulla Bibbia ed è condannato a cinque mesi di prigione. I suoi compagni raccolgono 1.200 dollari per garantirne il rilascio e la sua condanna viene poi annullata in appello.
Nel corso del 1917 con altri militanti, tra i quali Sacco e Vanzetti, varca il confine messicano per stabilirsi in una casa comune nei dintorni di Monterrey, città dove lavora sempre in una lavanderia.
Ritornato negli Stati Uniti, si fa passare per Mike Boda o Mario Rusca, oppure per un tirolese di Predazzo di nome Michael Wolf, e si stabilisce prima a Chicago, poi a Iron River, infine a New York. La sua attività è ora quella di venditore di whisky, olio, formaggio e pasta.
Nell’autunno del 1917 un attentato contro un commissariato di polizia di Milwaukee provoca la morte di dieci agenti. Non è un fatto isolato: a fronte di una repressione brutale e diffusa contro i Reds da parte delle autorità statunitensi e in particolare in risposta all’ordine di deportazione di Galleani nel febbraio 1919, gli anarchici si fanno sentire con scritti minacciosi e con una serie di azioni che fanno scalpore. Il primo maggio 1919 una trentina di plichi esplosivi sono spediti agli indirizzi di importanti esponenti della politica, dell’industria, della magistratura, della polizia e del giornalismo. Quasi tutti vengono intercettati dalle autorità. La notte del 2 giugno successivo si verificano all’incirca alla stessa ora sette esplosioni in sette città diverse: Boston, New York, Paterson, Filadelfia, Pittsburgh, Cleveland e Washington. Obiettivo sono le abitazioni di personaggi di primo piano dell’amministrazione, dell’industria e della magistratura, tra i quali il Procuratore generale Mitchell Palmer. Ingenti i danni materiali, una sola vittima: Carlo Valdinoci, stretto compagno di Buda e uno dei pilastri di «Cronaca Sovversiva», saltato in aria sul retro della casa di Palmer insieme all’ordigno che trasportava.
In sede storica è stata ipotizzata da più parti una partecipazione di Buda a questi fatti, ma di certo non c’è nulla. Di lui in questa fase sappiamo infatti poco, se non che risiede in Massachusetts e si dedica con assiduità alla propaganda. Con la sua Overland, insieme al whisky e ai prodotti alimentari, distribuisce vario materiale a stampa e gli ultimi numeri di «Cronaca Sovversiva», che dal febbraio del 1918 il corriere American Express non consegna più a causa delle pressioni del governo. In tale attività gira sempre armato di revolver.
Nel maggio 1920 la polizia è impegnata nell’indagine su una banda di italiani, sospettata di una rapina fruttata sedicimila dollari e di un duplice omicidio a South Braintree, il precedente 15 aprile. Gli indizi portano a un certo Boda, che figurerebbe come il capo del gruppo. Seguendo le sue tracce gli agenti di West Bridgewater arrestano Sacco e Vanzetti, con l’accusa di aver partecipato ai fatti.
L’11 settembre 1920 i due sono condannati in primo grado. A mezzogiorno del 16 settembre un carro trainato da un cavallo e pieno di frutta, ma anche di quarantacinque chili di dinamite e di due quintali di pezzi di metallo, esplode all’angolo di Wall Street con Broad Street, tra lo United States Assay Office, il Sub-Treasury Building e il palazzo della J.P. Morgan & Company: il centro del capitalismo americano. La deflagrazione lascia sul selciato trentotto morti, centinaia di feriti e ingenti danni materiali. I colpevoli di questo “atto di guerra”, come titola il «New York Times» del 17 settembre, non saranno mai trovati. Alcuni decenni più tardi un altro libertario, Charles Poggi, farà a riguardo il nome di Buda.
Poco dopo l’attentato, l’anarchico romagnolo salpa da Providence verso Napoli e a novembre è di ritorno a Savignano, dove va ad abitare a casa della madre, in via Castelvecchio 22.
Il 28 febbraio 1921 a San Mauro Pascoli i rossi si scontrano con una squadra fascista accorsa da Cesena per affiggere dei manifesti. Intervengono i carabinieri di Savignano e si accende una sparatoria, nel mezzo della quale cade il maresciallo Pietro Ragni. Per la sua morte viene imputato Buda in correità con altri sedici antifascisti. Incarcerato dal 1° marzo alla fine di settembre, è assolto dalla corte d’appello di Bologna per insufficienza di prove.
Nell’agosto successivo è denunciato per omessa dichiarazione di una pistola, che porta sempre con sé nel quotidiano tragitto tra Savignano, dove in una camera di casa sua fabbrica e vende pantofole e galosce, e Rimini, dove lavora per un periodo presso una calzoleria di via Gambalunga 17. A Savignano frequenta i compagni di ideale con i quali organizza un gruppo anarchico che promuove conferenze di propaganda in favore di Sacco e Vanzetti in vari centri del circondario, tra cui Gambettola e Santarcangelo, dove Buda è in stretto contatto con Amleto Fabbri, futuro segretario negli Stati Uniti del Comitato di difesa per Sacco e Vanzetti.
Dopo l’ascesa del fascismo mantiene contatti epistolari con i libertari residenti in Francia e negli Stati Uniti e fa circolare letteratura anarchica in modo clandestino, come hanno modo di verificare i carabinieri facendo irruzione in casa sua, il 18 settembre 1925.
Il 20 agosto 1927, tre giorni prima dell’esecuzione di Sacco e Vanzetti, viene arrestato. Trattenuto nelle carceri di Forlì fino alla fine di dicembre, è assegnato al confino di Lipari per cinque anni. Presenta ricorso, ma invano. Qui ritrova Galleani e condivide un’abitazione insieme ad altri confinati emiliani e romagnoli.
Sull’isola riceve la visita del giornalista americano Edward Holton James e di Giuseppe Dosi, commissario di polizia che si fa passare per giornalista italiano. Entrambi intervistano Buda per tre giorni sulle circostanze che hanno portato alla condanna a morte di Sacco e Vanzetti, affermando di ritenerli innocenti e di volerne riabilitare la memoria. Buda ribadisce l’innocenza dei due anarchici giustiziati e la propria estraneità ai fatti.
Su suggerimento di James, dal quale comincia a ricevere del denaro, chiede ripetutamente clemenza a Mussolini lamentando di essere stato confinato su volontà del governo americano perché ritenuto implicato nell’affaire Sacco e Vanzetti.
Il 1° marzo 1928 è tratto in arresto insieme ad altri tre confinati perché sorpreso a cantare inni sovversivi nella sua abitazione. Viene condannato a tre mesi che sconta nelle carceri di Messina.
Trasferito a Ponza nel luglio del 1929, viene definito dal Ministero degli interni un “irriducibile avversario del regime” e uno “strenuo e fanatico sostenitore delle idee comuniste-anarchiche le più avanzate […], preconizzatore convinto degli Stati Uniti di tutto il mondo, retti da Commissari del popolo sotto le bandiere dei soviet di tipo russo”.
Nell’aprile del 1932 James torna a fargli visita insieme al diciottenne Dante Sacco, figlio di Nicola, che Buda aveva conosciuto da bambino.
Scontata per intero la pena, il 19 novembre 1932 viene liberato con foglio di via obbligatorio per Savignano. Qui riprende a lavorare nella produzione e vendita di scarpe. Stando alle carte di polizia, diventa un fiduciario dell’OVRA (organizzazione segreta della polizia politica fascista) e ottiene dalla prefettura di Forlì un regolare passaporto per recarsi a Parigi con l’obiettivo di infiltrarsi negli ambienti antifascisti di lingua italiana. Varca il confine nel febbraio del 1933 e si ferma in Svizzera e in Francia, prima di tornare in estate in Romagna. Non abbiamo notizie di sue eventuali rivelazioni, ma il periodico comunista «Bandiera Rossa» di Parigi del 9 settembre lo denuncia pubblicamente come una spia.
A Savignano continua a lavorare come calzolaio e nel 1934 si sposa con rito religioso con Sara Randi. Nell’agosto del 1937 è di nuovo a Parigi dove frequenta, tra gli altri, Umberto Tommasini, Gino Bibbi e Giobbe Giopp con i quali stabilisce di compiere un attentato contro Mussolini per mezzo di un’autobomba che dovrebbe sorprendere le guardie ed esplodere all’interno del Viminale. Torna quindi in Italia con il compito di raccogliere informazioni su abitudini e itinerari del duce.
Per i compagni è un militante fidato, per la polizia un informatore dal nome in codice “Romagna”. Nel maggio del 1938 due antifascisti, Luigi Tocco e Luigia Battaini, consegnano a Buda in un bar di Milano il denaro necessario all’attentato. Ma il progetto sfuma e in agosto Tocco e Battaini sono arrestati.
Nel febbraio del 1942 la prefettura di Forlì ottiene da Roma la cancellazione del suo nome dal novero dei sovversivi perché “serba regolare condotta politica […] non dà luogo a rilievi [e] in varie occasioni si è reso utile al locale organismo dell’OVRA”.
Nel 1944 muore la madre. Con la Liberazione riprende il suo posto nel movimento anarchico locale, distribuisce la stampa libertaria e affigge «Umanità Nova» sotto i portici di corso Vendemini. È conosciuto come un uomo colto e amante della campagna. Muore il 1° giugno 1963 dopo essere stato ricoverato due mesi presso il locale ospedale di Savignano. Lascia al nipote Vittorio alcuni libri anarchici e una colt a tamburo. I funerali si svolgono in forma civile e la sua figura viene ricordata sulla stampa anarchica dalle due parti dell’oceano.
Chi è stato davvero Mario Buda? Un militante molto deciso o un abile doppiogiochista? C’è davvero lui dietro alcune delle pagine più eclatanti della lotta contro le autorità statunitensi? È stato un informatore, una spia o un provocatore? E se sì, da quando? E ancora: le notizie che avrebbe dato alla polizia avevano davvero qualche valore? Fino a che punto ha spinto il suo doppio gioco e in favore di chi?
Troppi, ancora, i punti oscuri. Il mistero continua. Le ricerche anche…
Fonti utilizzate
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