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COVID e anarchia necessaria

Di Antonio Scardino, medico

da Rivista Malamente, n. 31, dic. 2023 [anticipazione online]

Sono un medico di medicina generale che ha fatto ricerca in immunologia e si ritrova, suo malgrado, in uno stile di vita anarchico. Ho lavorato in diversi paesi oltre che in Italia: negli USA, in Francia; e in quel territorio martoriato che dovrebbe chiamarsi Kurdistan ma che sulle carte non esiste: facevo il medico volontario nella martoriata Kobanê, quando i corridoi umanitari aperti dai turchi lo permettevano, prima di essere stato espulso dalla Turchia come persona non grata.

Nel marzo del 2020 facevo il medico di medicina generale in Francia; quel pomeriggio mi trovavo in un ristorante di Montlhéry con Boris e Abdel. Arrivavano dall’Italia le prime notizie della epidemia da SARS-Cov2 e la sindrome COVID faceva purtroppo già molte vittime, specialmente fra gli anziani del bergamasco. Avevamo dato alla notizia il peso che oramai meritano le informazioni che provengono dalla televisione: attendavamo che la cosa si sgonfiasse da sé. Invece, a fine marzo 2020 il presidente della Repubblica Francese, Macron ci disse a reti unificate, per sei volte di seguito, che oramai eravamo in guerra. Dalla mattina successiva le strade erano deserte, le scuole chiuse, e tutti noi ci trovammo confinati nelle nostre case. Unica finestra aperta sul mondo: la televisione. Avevamo paura persino di respirare.

A Montlhéry era rimasta aperta solamente la boulangerie, per qualche ora del mattino, e il mio ambulatorio medico. I pronto soccorso degli ospedali della zona, a Longjumeau e ad Arpajon, erano già saturi. Una gran parte dei colleghi s’era data malata, qualcuno era partito all’estero prima della chiusura delle frontiere. Mi aggiravo fra i quartieri immersi nell’atmosfera post apocalittica, surreale, che ritroviamo nella peste di Camus. Con mio grande stupore, dagli ospedali tornavano a casa i neri, gli arabi e gli stranieri che erano positivi alla SARS-Cov2 e, sebbene sintomatici, non erano ammessi ai posti limitati nelle rianimazioni. Erano affidati a se stessi e a noi, ai medici di base; e noi li curavamo a casa in modo empirico: antibiotici, anti-infiammatori, vitamine e ossigeno. Qualcuno moriva. Avevo organizzato fuori dell’ambulatorio, dove regnava il silenzio e il deserto, una fila di sedie, distanziate di sei metri l’una dall’altra. La coda era impressionante e surreale: gente seduta in strada che tossiva fino a diventare paonazza. Facevo il triage che si faceva forse a Omaha Beach durante lo sbarco: ricovero immediato con qualunque mezzo… ricovero a domicilio con farmaci e ossigeno… codice rosso: iniezione di corticosteroidi e broncodilatatori e attesa dell’ambulanza medicalizzata… semplice gastro enterite con annesso attacco di panico o psicotico…

Quando l’ambulanza arrivava i pazienti erano prelevati da tre monatti vestiti da astronauti. Ho visto infermieri aiutarmi eroicamente per le terapie e la sorveglianza a domicilio e altri imboscarsi miseramente, accampando scuse ridicole. Dialogando fra noi sui social e sulle riviste specializzate, iniziava a diventare chiaro che si doveva ricoverare in ospedale il meno possibile, che la terapia domiciliare precoce con ossigeno, antibiotici e antinfiammatori steroidei in dosi massicce era efficace. Capivamo pian piano che il COVID era malattia da ipercoagulazione disseminata e non prettamente respiratoria. Avevamo scoperto il ruolo salvifico degli anti-coagulanti eparinici. Qualcuno iniziava a provare con gli antivirali. Qualche lumicino iniziava timidamente ad accendersi. Dall’ospedale universitario di Marsiglia il professor Didier Rault ci consigliava l’uso dell’idrossiclorochina…

Ma di colpo, nell’aprile del 2020 l’idrossiclorochina divenne inspiegabilmente vietata nelle farmacie e così gli anti-infiammatori steroidei. Non se ne capiva in alcun modo il motivo. Non aveva senso… Erano vietati e basta, per editto del governo e dell’ordine dei medici. Chi ne avesse fatto uso sarebbe stato sanzionato. Le farmacie rispondevano con minacce alle prescrizioni inviate. Per fortuna, alcuni farmacisti dissidenti ci passavano sotto banco i farmaci – molti pazienti devono la vita a questo loro atto di coraggio. Vedevo fra i quindici e i venti casi di COVID al giorno, il ricovero domiciliare diventava sempre più efficace.

Ho subito la mia prima infezione da SARSCov2 durante la prima ondata. Ho continuato a lavorare con le protezioni, la testa che girava e saturando 94% in ossigeno. La notte dormivo in una dependance del giardino e mia moglie, per proteggere i miei tre figli, mi portava i pasti lasciandoli davanti la porta. Durante il COVID si dormiva poco e niente, restavo attaccato al saturimetro, prendevo antibiotici, antinfiammatori, idrossiclorochina, vitamine e pregavo… Accendevo le candele e ascoltavo i Psalmi Davidis Pœnitentiales su Youtube. E giuro che pregavo, a modo mio, ma pregavo.

Verso la fine di maggio le cose sono migliorate sul piano epidemiologico: meno casi, ricoveri più rari, ma la situazione sociale era insostenibile. Ristoranti chiusi, diffidenza generalizzata, figli insonni e solitari che giocavano con l’iPhone tutta la notte, ricoveri in psichiatria decuplicati e sempre e solo notizie drammatiche e terrorizzanti provenienti dalla televisione. La disperazione della gente si quantificava dal numero spropositato di violenze coniugali e dai ricoveri in psichiatria di bambini e adolescenti. Le restrizioni aumentavano, la paura anche. La seconda infezione da SARSCov2 l’ho subita a inizio agosto 2020. Stessa paura, stesse preghiere, ma sintomi più attenuati e un diminuito periodo di malessere: sentivo che la malattia si poteva affrontare. Ero ancora vivo. I pazienti che sopravvivevano alla sindrome COVID mostravano talvolta lesioni polmonari e diminuita capacità respiratoria, ma erano vivi e miglioravano ogni giorno con l’esercizio e la fisioterapia. C’era speranza…

L’estate del 2020 trascorse in modo surreale. A gennaio 2021 ho avuto il COVID per la terza volta. Si parlava già di un vaccino in arrivo. In una vita precedente ero stato ricercatore in immunologia; con la mia equipe dell’Istituto Pasteur, avevo disegnato e brevettato alcuni vaccini contro la proteina Her2-neu, per contrastare il tumore della mammella. Ci voglio quattro fasi sperimentali prima di poterli iniettare negli esseri umani: si devono seguire protocolli certi, scientifici, riproducibili. Il vaccino contro il SARSCov2 che circolava aveva passato solo le fasi sperimentali di laboratorio, fase I e fase II; era chiaro che la fase III saremmo stati noi.

Il vaccino Astra Zeneca faceva piegare in due molti dei ragazzi che venivano a curarsi in ambulatorio dopo l’inoculazione; mi rifiutai di iniettare quel vaccino. Le pressioni da parte del governo e dell’ordine dei medici erano enormi. Si rischiava la sospensione e la radiazione. Ma io non vaccinai nessuno con Astra Zeneca; il vaccino poco dopo sparì dal mercato. Arrivarono quindi i vaccini a RNA messaggero della Pfizer e il vaccino Moderna. Accettai di iniziare le vaccinazioni in ambulatorio per i pazienti che lo desiderassero, ma non mi pronunciavo a favore… Intanto, avevo avuto la quarta infezione da SARS2 e relativa sindrome COVID a giugno 2021. Non mi sono mai vaccinato. Avevo gli anticorpi, ma non funzionavano un gran che con le varianti successive. Alcuni colleghi erano morti. Molti pazienti vedevano scemare il tasso di anticorpi nel siero, dopo tre mesi dalla vaccinazione o dal richiamo. Nel frattempo, vivevamo la rabbia dei colleghi che erano stati radiati per essersi rifiutati di vaccinarsi e di vaccinare i pazienti. A un certo punto è arrivata una lista di proscrizione da parte dell’Ordine dei medici con i nomi dei pazienti che non avevano voluto vaccinarsi e che avremmo dovuto contattare noi, per richiamarli all’ordine…

Chi non poteva produrre un certificato di vaccinazione sarebbe stato licenziato. Venivano in ambulatorio madri in lacrime e padri di famiglia disperati che non volevano vaccinarsi e non sapevano cosa fare per dar da mangiare ai propri figli. Fu a quel punto che decisi di produrre per me stesso un falso certificato di vaccinazione per evitare di essere radiato, per continuare a resistere in prima linea, al servizio dei malati e dei pazienti che non volevano vaccinarsi. Nell’estate del 2021 era oramai chiaro che sebbene avessimo ricevuto vaccinazioni multiple o fossimo immunizzati naturalmente ci saremmo ammalati lo stesso e talvolta, purtroppo, si poteva morire ugualmente di COVID.

Iniziavano a comparire i primi casi di reazioni avverse al vaccino: dolori muscolari cronici, dolori articolari, astenia, qualche caso di sclerosi multipla. Si poteva denunciare il caso attraverso un modulo online lunghissimo, complicatissimo, che richiedeva un ora di studio per la sua compilazione. Attraverso i media si parlava intanto di vaccinazione nelle scuole, per i bambini al di sotto dei dieci anni. Inorridivo al pensiero di dover vaccinare i miei tre figli con un prodotto di laboratorio in piena fase di sperimentazione e dalla dubbia efficacia immunologica. Basavo le mie idee sull’osservazione sul campo, cosciente che non avrei mai potuto fare statistica o scienza in senso stretto, ma consapevole che l’epidemiologia é una disciplina che necessita – per me come per gli altri – dieci anni almeno per dare risultati credibili. Dieci anni era il tempo che avevamo dovuto aspettare noi all’epoca, per vedere i nostri vaccini Her2-neu scoperti e brevettati nel 1999 e utilizzati infine negli ospedali del mondo per l’immunoterapia dei tumori solo nel 2009, dopo le fasi sperimentali I, II, III e IV. Per le donne in gravidanza i tempi di sperimentazione erano naturalmente raddoppiati.

Nel frattempo, le misure restrittive si erano inasprite fino a divenire discriminatorie. Il linguaggio di disprezzo reciproco fra chi era pro e chi contro la vaccinazione per il virus SARSCov2 degenerava fino al turpiloquio e allo scontro aperto, come in una guerra di religione: perché di questo si trattava ai miei occhi, visto che entrambe le fazioni basavano le proprie convinzioni su assunti teorici, scollati dall’evidenza scientifica, ai quali credevano senza remore. Avevo iniziato a produrre certificati e pass sanitari falsi anche per gli infermieri, i professori universitari, gli operai, le maestre, i pazienti psicotici, i fobici, gli avventisti, i testimoni di Geova… per chiunque avesse voluto esercitare il diritto di essere libero di non assumere un farmaco contro la propria volontà e quindi di non vaccinarsi, ma che non poteva permettersi di perdere il lavoro, talvolta la sola fonte di sussistenza per le proprie famiglie.

Ho avuto la mia quinta infezione. Eravamo oramai nel 2023 e continuavo a studiare e a curare i pazienti sofferenti di COVID con antibiotici, anti-infiammatori, vitamine e ossigeno; anticoaglunati, antivirali e idrossiclorochina nei casi più gravi; continuo ancora oggi a vaccinare solo chi lo desideri. In caso di necessità, rifarei tutto: pass sanitari falsi per me, i miei amici e famigliari, e per tutte le persone che saranno costrette a chiederlo per disperazione, in Francia come in Italia, o altrove. Me ne assumo la responsabilità morale e professionale. Sono pronto a difendere le mie idee in tribunale, se convocato. Ho i miei argomenti da mettere al vaglio dei giudici. Il mio sforzo personale è quello di restare in linea con le conoscenze scientifiche e obiettive, ma soprattutto con i miei principi etici e morali; sono convinto che fra l’ingenuità e il complottismo ci sia spazio per la lucidità…

Sei anarchico, mi dicono… può darsi. Sicuramente, sono di quella generazione che è cresciuta nella strategia della tensione. Oggi vedo in opera gli stessi metodi, solo un poco più sofisticati, ma sempre gli stessi fini. Secondo me, quelli che vogliono la guerra ci hanno fatto fare le prove generali… Del resto, quando il capitalismo va in crisi si fa rozzo e privo di etica, di idee, e la sua unica risorsa, da sempre, resta la guerra.

Gli unici veri anticorpi da fare, per me, sono quelli contro il terrore.

10 commenti su “COVID e anarchia necessaria”

  1. Grande!! Un vero medico e vero umano, come tutti dovrebbero essere in un paese CIVILE!
    Grazie, è un grande conforto sapere che la coscienza e la ragione sono ancora di questo mondo e resistono

  2. Molto perplessa : io mi fido della letteratura scientifica in base alla quale la idrossiclorochina, dopo un primo periodo di entusiasmo , è stata ritenuta inefficace ( mentre un recente articolo sul NEJM ha rivalutato il plasma ricco di anticorpi.)
    Da ematologa contesto la dg di coagulazione intravascolare disseminata in quanto quest’ultima si caratterizza per manifestazioni emorragiche , parlerei piuttosto di una condizione di trombofilia ( confermata dall’efficacia dell’eparina).
    Il fatto che lei si è infettato 5 volte non depone a favore del vaccino?

    1. Ringrazio per il suo commento. Qui il dibattito è politico, se ne sarà resa conto… Cosa fare quando si è in prima linea? Ragionare e curare secondo scienza e coscienza, o smettere di curare perché lo dice la televisione. In merito al dibattito scientifico e legale, sarò lieto di discuterne con calma, rispetto e curiosità nelle sedi adatte: riviste scientifiche, seminari, congressi e aule di tribunale.

      Le mie (scarse) conoscenze scientifiche si basano (per quel poco che posso, nel mio piccolo) sui criteri di valutazione degli impact factors delle riviste pubblicate, sui criteri di bilanciamento fra pubblicazioni che parlano a favore e pubblicazioni che parlano a sfavore di un argomento, sapendo che gli indici di valutazione e gli impact factors sono “drogati” (mi passi il termine, per favore) da interessi accademici ed economici. Chi fa ricerca sa tutto questo. le metto un paio di link non certo per insegnarle qualcosa ma per indicarle i miei punti di riferimento.

      1- “Fawcett’s (2005) criteria for theory evaluation imply an objective and nonjudgmental description of the theory and addresses how the theory meets specific evaluation criteria. The criteria for evaluating theory are significance, internal consistency, parsimony, testability, empirical adequacy, and pragmatic adequacy.”

      2- https://it.wikipedia.org/wiki/Indice_H

      In ultima analisi, mi baso sui miei sentimenti personali ed emozioni che scaturiscono dalla mia personale etica e morale, quando in ambulatorio, in prima linea, mi si chiede aiuto concreto o informazioni sincere da parte dei pazienti, specialmente se si tratta di madri che devono decidere di vaccinare i propri figli…
      Per ridere un poco: al telefono, direi a Sofocle che mi congratulo, sarei stato anche io dalla parte di Antigone; avrei ascoltato altre “vocazioni”, che reputo più alte rispetto a quelle del potere.

      Grazie infinite e ancora per il suo bel commento.

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