Il regime carcerario 41-bis: tortura di Stato

L’anarchico Alfredo Cospito è da due mesi in sciopero della fame contro il regime di detenzione speciale 41-bis a cui è sottoposto. Anche altri/e anarchici/e detenuti stanno protestando con la stessa determinazione.

Il regime 41-bis è annientamento psicologico, è tortura di Stato e deve immediatamente cessare, per Alfredo e per tutti/e i detenuti che vi sono sottoposti/e, ad oggi oltre 700 (numero in costante incremento, anno dopo anno).

Qui di seguito un breve approfondimento sulle origini del 41-bis e su cosa prevede concretamente

Da dove arriva l’art. 41-bis?

Art. 41-bis dell’Ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354; modificata dalla legge 23 dicembre 2002, n. 279).

Introdotto dalla Legge Gozzini di riforma penitenziaria (663/1986), si componeva inizialmente di un solo comma che consentiva di sospendere le regole ordinarie di trattamento dei detenuti per fronteggiare situazioni di emergenza e ripristinare l’ordine e la sicurezza all’interno delle carceri.

Ha il suo antecedente nell’art. 90, applicato tra 1977 e 1985, prima nelle cosiddette “carceri speciali” poi anche altrove, in un periodo di forti movimenti sociali e di rivolte nelle carceri.

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Solidarity Collectives contro l’imperialismo russo

Traduzione di Nerofumo

28 novembre 2022

Solidarity Collectives (ex Operation Solidarity) è una rete di volontari antiautoritari formata prima dell’invasione russa su vasta scala dell’Ucraina, per aiutare i compagni in prima linea e i civili colpiti dalla guerra. “Collectives” non è solo un nome ma l’essenza della nostra iniziativa, a cui hanno aderito varie organizzazioni e gruppi provenienti da Ucraina, Germania, Polonia, Francia, Stati Uniti, Paesi Bassi, Canada e molti altri paesi.

Niente di tutto ciò sarebbe possibile senza un enorme numero di persone unite dall’idea di aiutare il movimento di resistenza ucraino: la rete ABC (in particolare ABC Dresden , Germania – ABC Galicja , Polonia), No Borders team Poland, 161crew Poland, XVX Tacticaid, The Antifa International e Yellow peril tactical dagli Stati Uniti, Ecological Platform da Lviv e molti altri; e senza i nostri amici nelle organizzazioni sindacali, non avremmo un bellissimo ufficio/magazzino a Kyiv.

Sulla base dei nostri valori antiautoritari, abbiamo deciso di resistere attivamente all’aggressione russa. Sosteniamo il diritto del popolo ucraino all’autodifesa e consideriamo l’invasione russa un atto imperialista. Nonostante le caratteristiche multidimensionali di qualsiasi evento globale, le ragioni principali di questa guerra sono la politica imperiale della Federazione Russa, la fede nella missione storica delle élite russe e il tentativo di stabilire il controllo su quella che pensano sia la loro sfera di influenza. Le ragioni non vanno ricercate né negli interessi economici dell’oligarchia russa né nelle “precauzioni di sicurezza russe”, e soprattutto non nelle macchinazioni della NATO. Il pieno sostegno del popolo ucraino nella sua lotta (che non significa necessariamente sostenere le politiche del governo) è l’unica posizione coerente per gli anarchici e la sinistra in tutto il mondo.

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Un normale disastro di provincia

Di Vittorio

Fin dalla notte di giovedì 15 settembre in molti avevamo percepito la gravità della situazione. Insieme ai compagni e alle compagne delle Brigate volontarie per l’emergenza (BVE) che vivono a Senigallia avevamo discusso molte volte dell’eventualità di una nuova alluvione e di cosa fare per rispondere ad essa, ma a causa della scarsa preparazione tecnica e della mancanza di una relazione con il sistema comunale di Protezione civile poco abbiamo potuto fare se non allertare amici e vicini e tirare fuori gli stivali di gomma.

Nella notte il fiume Misa è esondato a più riprese. Alla mattina lo scenario era peggiore di quello dell’alluvione del 2014. La città era allagata in più punti, dal centro alle periferie. I paesi a monte vicini al fiume erano pesantemente colpiti, Arcevia e Barbara avevano molti ponti inagibili e grandi frane. I morti davvero troppi.

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Dalla Russia. L’Organizzazione di combattimento anarco-comunista

Intervista a un gruppo anarchico clandestino

Originale su: it.crimethinc.com

Traduzione di Nerofumo

Quando l’esercito russo ha invaso l’Ucraina alla fine di febbraio 2022, anarchici e altri manifestanti contro la guerra hanno sfidato le misure anti-protesta draconiane per scendere in piazza ed esprimere la propria opposizione. Nei mesi trascorsi da quando quelle proteste sono state represse, la resistenza all’invasione ha assunto nuove forme. Gli attacchi clandestini in tutta la Russia hanno preso di mira ferrovie, centri di reclutamento militare, veicoli appartenenti a fanatici pro-guerra e messaggi di propaganda dello Stato russo a favore della guerra.

Uno dei gruppi che promuovono questi attacchi è noto come Anarcho-Communist Combat Organization. Nella seguente intervista, parlano di come vedono i loro predecessori nella storia regionale dei movimenti anarchici, di come la situazione politica in Russia sia peggiorata a tal punto che è stato possibile reprimere i movimenti sociali e invadere l’Ucraina, e che tipo di organizzazione è possibile nelle condizioni attuali. Abbiamo anche chiesto loro di entrare nel dettaglio di alcuni dei protocolli operativi utilizzati, nel caso ciò fosse mai utile anche altrove, per gruppi anarchici costretti ad adottare strategie simili mentre la repressione statale si intensifica in tutto il mondo.

A quanto ci risulta, l’Anarcho-Communist Combat Organization gestisce varie pagine sui social media, mantiene un fondo per sostenere i gruppi che svolgono azioni dirette clandestine e aiuta a diffondere resoconti di queste azioni e informazioni sui prigionieri catturati. Raccontateci come vedete il lavoro di comunicazione social, poiché questo è il modo principale in cui molte persone vengono a conoscenza delle vostre azioni.

Da parte di alcuni compagni, abbiamo riscontrato critiche riguardo all’attività sui social media in quanto tale: si tratta di un flusso infinito di brevi messaggi, che non lascia alcun impatto nella mente dei lettori.

Consideriamo i social media una parte importante del nostro lavoro di comunicazione, inteso come sforzo per diffondere le nostre idee. La piattaforma che preferiamo è Telegram, poiché è meno censurata e offre un ambiente un po’ più culturale e politicizzato.

Allo stesso tempo, comprendiamo che i proprietari di qualsiasi piattaforma di social media, per non parlare dei fornitori di servizi, possono collaborare con l’apparato repressivo di qualsiasi Stato. Pertanto, è un principio importante per noi garantire l’anonimato nel nostro lavoro sui media. Utilizziamo un sistema operativo basato su Linux, che prevede la connessione a Internet esclusivamente tramite TOR. Questo vale anche per Telegram: lo usiamo solo in questo modo. Per registrare gli account necessari per la nostra attività utilizziamo numeri ed email anonimi e virtuali su riseup.net, che è il progetto nel campo della tecnologia internet di cui ci fidiamo di più. Consideriamo inoltre importante cancellare i metadati dei file multimediali: immagini, video e testi. Alcuni sistemi operativi basati su Linux ti consentono di farlo in due clic; con altri, è necessario installare programmi particolari. In ogni caso, è sempre essenziale farlo.

Sabotaggio sulla ferrovia che porta al 51° arsenale della Direzione missilistica e artiglieria del Ministero della Difesa della Federazione Russa, vicino a Kiržač

Uno dei vostri impegni è segnalare azioni dirette e simili in Russia. Come verificate i rapporti e le notizie che arrivano prima di condividerli?

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Diario di viaggio dall’Ucraina, luglio 2022

di Vittorio [QUI IL PDF]

Il Diario di viaggio dall’Ucraina, nella sua versione integrale, uscirà su Rivista Malamente #26 (settembre 2022): qui una breve ma significativa anticipazione.

Piazza principale di Bucha. Qui e seguenti: foto di Vittorio e BVE.

Durante la fine di febbraio 2022 molti avevano visto arrivare la tempesta, le centinaia di migliaia di soldati russi ammassati ai confini dell’Ucraina non potevano essere lì per un’esercitazione come recitavano le goffe veline dalla propaganda di Mosca. Purtroppo la comprensione del conflitto che andava avanti dal 2014 nel Donbass, e ancora prima quella delle tumultuose giornate di piazza Maidan a Kiev, era in Europa occidentale ristretta a un piccolo gruppo di cultori della geopolitica o di antifascisti convinti che avevano da tempo monitorato i preoccupanti sviluppi del neofascismo in quella zona del mondo. O, forse, lo strisciante senso di superiorità rispetto a una nazione ritenuta povera, patria di badanti e terra di nostalgie post-sovietiche ha impedito a molti di conoscerla e di capirla in tempo utile.

L’invasione del 24 febbraio 2022 ha portato la guerra in casa di tutti e tutte.

La rabbia e il sentimento di impotenza, ancora una volta, erano troppo forti per restare a guardare e così tra alcuni compagni e compagne della rete delle Brigate Volontarie per l’Emergenza ci siamo detti che dovevamo fare qualcosa. Intervenire in un conflitto è rischioso e complesso soprattutto dal punto di vista delle relazioni con gli attori sul territorio: con chi si può parlare? Di chi ci possiamo fidare? Come non essere immediatamente arruolati da una delle parti in conflitto?

A marzo e aprile abbiamo fatto tre viaggi dall’Italia, piccoli ma significativi, con beni di prima necessità raccolti grazie alla solidarietà popolare e siamo riusciti a portare in Italia una decina di rifugiati che avevano chiesto un passaggio sicuro

A luglio siamo tornati e ci siamo messi in ascolto delle voci e delle azioni, che parlano da sole, di numerosi compagni e compagne che sebbene siano una minoranza mantengono con coraggio posizioni visibili e attive in una società sempre più militarizzata. Operation Solidarity, Solidarity Collectives, Helping War Victims, Social Movement, Commons Ukraine, iniziative femministe, subculture LGBTQ o punk hardcore, sono solo alcune delle voci che abbiamo conosciuto e che raccontano un’opposizione sociale viva e creativa, anche se minoritaria in una società sconvolta dal neoliberismo e poi dalla guerra e dal nazionalismo.

Qui di seguito l’intervista a Sergey Movchan di Solidarity Collectives, attivista nel monitoraggio dell’estrema destra in Ucraina e Russia – Kiev, 9 luglio 2022.

Ragazze fanno la spesa a Irpin

VITTORIO      Cosa pensi della situazione dell’estrema destra in Ucraina? La percezione che abbiamo in Europa è che l’estrema destra stia alla testa della resistenza alla Russia. Qualche volta l’estrema destra è ben visibile, come nel caso della resistenza di Mariupol, e per questo motivo per i compagni in Europa è molto difficile dare un sostegno all’Ucraina contro l’invasione perché le cose sono complicate dalla pregiudiziale antifascista. Puoi dirci la tua opinione sul ruolo politico e sociale dei gruppi fascisti, prima e durante questa guerra?

SERGEY         Prima di tutto dobbiamo scavare un poco nella storia. Prima del 2014, prima della rivolta di piazza Maidan, l’estrema destra non era molto forte, era soltanto una delle tante forze nelle strade. Sebbene avessero alcuni membri in parlamento, cosa che non hanno ora, erano comunque marginali nella società. Dopo Maidan la situazione è cambiata. Quello è stato davvero un palcoscenico per loro e sebbene non fossero la maggioranza dentro Maidan erano però ben organizzati e preparati per la violenza ed è questo il motivo per cui le organizzazioni di estrema destra sono diventate molto popolari. Quando la guerra in Donbass è iniziata, e dopo l’occupazione della Crimea, i fascisti hanno formato i battaglioni volontari: Aidar, Donbass, Azov etc. e sono diventati i veri eroi della guerra, ricevendo molte attestazioni di popolarità perché erano stati anche i leader di Maidan.

L’esercito era debole e i battaglioni di volontari sono diventati presto gli eroi di quella guerra. I nazionalisti per anni hanno ripetuto che la Russia era il nemico e quando questa ha di fatto annesso la Crimea e poi il Donbass il loro discorso ha ricevuto una legittimazione. Il problema non riguarda solo questi partiti di estrema destra, ma il fatto che l’ideologia mainstream sia diventata una versione soft del nazionalismo. Questa è stata una vittoria della destra perché sono stati capaci di influenzare l’agenda pubblica verso il nazionalismo e hanno silenziato le voci che erano contro di esso. Queste contraddizioni naturalmente ancora esistono, così come esistono differenze tra l’Ovest e l’Est dell’Ucraina. Questa dunque è stata la loro vittoria ma allo stesso tempo anche una sconfitta.

Nei pressi dell’aeroporto internazionale Antonov di Kiev-Hostomel

VITTORIO      Come si relazionano gli antifascisti con le forze militanti della destra come Azov e Pravy Sector e con i valori del nazionalismo e patriottismo che si stanno diffondendo nella società?

SERGEY         Possiamo vedere un consenso verso questi valori nei media, ma non nel paese. Il battaglione Azov è diventato un eroe della guerra 2014-2015 in Donbass, ma in seguito è stato spostato dal fronte e prima di questa guerra c’erano rimaste solo due unità politicizzate nell’esercito ucraino. Una è Pravy Sector che come progetto politico è totalmente fallito ed è uno spazio vuoto. Di fatto non possono diventare un partito politico rispettabile e non possono nemmeno avere l’egemonia nelle strade perché Azov ha preso il loro posto. Così visto che hanno perso tutto si sono anche divisi, benché esistano ancora e abbiano un battaglione di volontari nell’esercito ucraino. Quando il battaglione Azov ha creato un partito politico, i suoi capi hanno lasciato l’esercito e hanno iniziato una carriera politica fondando il movimento Azov e il Corpo Nazionale. Il battaglione Azov negli anni è diventato sempre meno politicizzato e ha smesso di esprimere delle rivendicazioni politiche. Sebbene sia diventato un simbolo dell’estrema destra, ha arruolato molte persone ordinarie, cioè persone con idee nazionaliste e patriottiche ma non naziste. Questa è la mia analisi e su di essa c’è un certo consenso tra i ricercatori che si occupano di estrema destra in Ucraina, puoi trovare delle analisi simili anche nel libro di Michael Colborne su Azov[1].

VITTORIO      Come interagite con loro?

SERGEY         Non abbiamo punti di contatto con loro. Loro non agiscono nelle strade, hanno le loro basi e posti dove svolgono attività militare. Noi abbiamo conflitti con il Corpo Nazionale e con il movimento Azov, entrambi hanno collegamenti tra loro ma anche autonomia di azione. La più grande minaccia per il movimento LGBT e per le persone di sinistra sono queste organizzazioni. I membri del Corpo Nazionale attaccano gli avversari politici del momento, che oggi sono gli attivisti pro-russi. Oggi non sono così interessati alla violenza politica e al conflitto ideologico con noi semplicemente perché non vedono la sinistra come un avversario, siamo fin troppo piccoli per loro. Il problema è che loro hanno delle sedi in ogni regione dell’Ucraina e coinvolgono i giovani: se vai a una manifestazione del Corpo Nazionale troverai tanti giovani, persino dei bambini. Questo è appunto un problema. In alcune provincie i loro spazi sono gli unici posti dove puoi fare qualche attività sociale. Sono attraenti, organizzano allenamenti, corsi sportivi, tornei, club di lettura, ti portano a Kiev a fare gli scontri con la polizia e tutto questo è molto fico quando sei giovane.

Prima della guerra, quando c’era solo la minaccia del conflitto, molte persone non pensavano che la Russia ci avrebbe veramente attaccato, mentre Azov ha iniziato a costruire delle infrastrutture e ad addestrare i civili, organizzandosi, così ci siamo trovati con il battaglione Azov a Mariupol e il Corpo Nazionale nella Difesa Territoriale. Hanno organizzato le loro unità come ogni altra organizzazione politica ha provato a organizzare le proprie: noi abbiamo costituito il battaglione Anti-autoritario. Questo è uno dei motivi per cui ti ho detto che la guerra del 2014 è stata molto più vantaggiosa per la destra rispetto a questa. Oggi sono solo una forza tra tante altre e devono competere con molti altri su questo terreno, perché tutti hanno i propri combattenti: la sinistra, il movimento LGBT, le femministe, gli anarchici, i liberali, tutti. Azov è sicuramente più grande in termini di numeri ed equipaggiamento ma non è la stessa organizzazione di prima.

Nella Difesa Territoriale penso che invece Azov abbia molte persone. A Kharkiv dove sono sempre stati molto forti hanno due unità della Difesa Territoriale, un battaglione è formato da cento persone. Certo noi non abbiamo un battaglione femminista, ma abbiamo persone del movimento LGBT in qualche battaglione, magari sono dieci persone però sono presenti. Perché la destra è così visibile? Perché sanno promuovere la propria immagine.

Giochi di guerra a Irpin

VITTORIO      La resistenza di Mariupol è stata molto importante nello spazio mediatico, quale è stato il ruolo di Azov nello sforzo militare?

SERGEY         C’erano tante persone in più a Mariupol, prima di tutto i marines ucraini che erano la forza militare principale. Azov sicuramente era importante e molte persone lo sostenevano. Ho visto persone del movimento femminista o LGBT esporre la runa del wolfsangel nel proprio avatar su internet per mostrare sostegno alla resistenza di Mariupol, non perché sostengano l’ideologia che c’è dietro ma perché sostenevano chi si stava difendendo.

La situazione con l’eredità di Bandera[2] è la stessa che riguarda i simboli del nazionalismo. Bandera è diventato un simbolo della lotta anticoloniale Ucraina contro la Russia e un sacco di persone con idee progressiste dicono che se la Russia insiste a dire che siamo tutti “banderisti” beh allora… “siamo tutti banderisti!”. Per questo Bandera è diventato un’icona della lotta ucraina, ma questo non significa che le persone che lo prendono per un eroe conoscano o sostengano le sue idee. Questo tuttavia è un vero problema, non puoi ad esempio prendere Mussolini come simbolo e buttare via le sue idee, comunque ti porterai dietro qualcosa. Così pensare che Bandera sia un eroe è un errore. Adesso però è così e addirittura alcuni compagni usano la sua bandiera rossa e nera con le bande orizzontali. Attualmente non c’è una vita politica pubblica in Ucraina, nessuno ti chiede chi sei; se difendi lo Stato dall’invasione russa vai bene a tutti. Naturalmente la vita politica ricomincerà e già vedo i primi tentativi di fare politica, ma tutt’ora la principale differenza è se sei pro-Russia o pro-Ucraina e nessuno prende in considerazione la tua ideologia.

VITTORIO      Dopo aver ascoltato la tua spiegazione da un punto di vista antifascista vediamo una competizione militare che sta andando avanti sotto la guerra; c’è una guerra contro la Russia ma c’è anche un conflitto interno, quale dovrebbe essere la posizione degli antifascisti in Europa?

SERGEY         Avremo una vita politica in futuro, ma la maggior parte degli antifascisti pensa che se l’Ucraina vincerà la guerra l’estrema destra avrà ancora più potere. Dal mio punto di vista la situazione è davvero diversa. Se l’Ucraina vincerà la guerra, o comunque farà un buon negoziato, questa sarà la vittoria di Zelensky: lui non è un nazista, vuole vendere i suoi spettacoli anche in Russia (ride), vede l’Ucraina come un paese multiculturale, adesso si atteggia a patriota ma nella sua vita privata parla russo come la sua famiglia e tutti i suoi amici. In caso di vittoria avrà l’amore del popolo e diventerà di nuovo popolare per un po’. Aveva perso tutta la sua popolarità e solo grazie alla guerra l’ha recuperata. Diventerebbe un eroe. Ma se Zelensky e l’Ucraina perderanno la guerra o accetteranno un cattivo negoziato avremo la nascita di un revanscismo, di un movimento contro la capitolazione e ovviamente questo movimento verrà guidato dai fascisti. Ci sarà anche Poroschenko ma in prima linea ci saranno il Corpo Nazionale, Pravy Sektor, il partito Svoboda e l’estrema destra diventerà ancora più forte.

Graffiti nazisti su un posto di blocco a Kiev

VITTORIO      Come possono aiutare l’Ucraina gli antifascisti?

SERGEY         Secondo me, e io non sono affatto un patriota, la vittoria dell’Ucraina è una questione di vita o di morte. Vivere sotto l’occupazione russa è una follia, è il terrore. Parlo con i miei compagni che sono nei territori occupati, ho informazioni da compagni che sono nella regione di Kherson e di Zaporija: la vita sotto occupazione non significa pace, bensì morte, violenza, torture, disastro economico e naturalmente terrore politico. L’Ucraina è un paese molto più libero in confronto alla Russia, per quanto riguarda il diritto a manifestare, le leggi sul genere etc., e per noi questa è una questione esistenziale. Sotto il potere russo verremmo tutti repressi.

Se parliamo in generale, se parliamo di tattica, quello che stiamo facendo adesso è molto importante per la futura esistenza di un movimento di sinistra perché, come ho già detto, nel 2014 l’estrema destra è riuscita a presentarsi come l’unica capace di difendere l’Ucraina e ci dicevano «dove eravate quando stavamo lottando per voi?». Adesso non possono dirlo e ogni giorno che stiamo a combattere in prima linea o facciamo dei convogli umanitari e portiamo qualche aiuto – non soltanto ai nostri compagni ma anche alle unità della difesa territoriale, alle persone che hanno perso le loro case – stiamo dando il nostro contributo alla nostra esistenza. Senza questo sforzo non c’è nessun futuro per gli antifascisti in Ucraina.

Comunque non vedo un futuro luminoso per noi. Le idee di sinistra non sono molto popolari da queste parti, ma se non facessimo queste scelte non potremmo proprio esistere. Quindi vedo che il nostro lavoro di volontari e comunicatori è a volte più importante di quello dei combattenti; in questo modo riusciamo a diffondere le nostre idee e a essere visibili non solo tra la nostra gente di sinistra ma anche nella società più in generale. Molti hanno iniziato a conoscerci. Domani andremo a incontrare alcuni sindacalisti a Kryvyj Rih. Si tratta dei classici operai di fabbrica, maschi e rudi, che sono diventati nostri contatti solo grazie alle azioni di solidarietà. Naturalmente senza l’aiuto dei compagni europei tutto questo e persino l’esistenza di una Ucraina anti-autoritaria non sarebbero possibili. Potrei dire che grazie a voi abbiamo un futuro.

VITTORIO      Avete dei contatti con dei compagni in Russia in questo momento?

SERGEY         Sì abbiamo dei contatti, conosco però alcuni compagni che odiano i russi e non vogliono avere nessun contatto. Alcuni pensano di essere di sinistra ma nella realtà sono degli etno-nazionalisti. Io continuo a parlare con i compagni in Russia anche se alcuni sono emigrati. Ho buoni contatti con gli organizzatori del canale Telegram antifa.ru[3], con loro stiamo continuando a lavorare sul monitoraggio del movimento di estrema destra, perché molti fascisti russi che erano contro Putin sono venuti in Ucraina e si sono uniti ad Azov o ai Corpi Nazionali. C’è stata una rottura nell’estrema destra russa: i monarchici, i conservatori e i tradizionalisti sostengono le repubbliche separatiste, mentre i nazisti, per la maggior parte, sostengono l’Ucraina perché avevano dei collegamenti tramite le subculture musicali e calcistiche. Anche i russi hanno dei nazisti che combattono al loro fianco, ad esempio è molto attivo in Donbass il gruppo Rusich, fatto di fanatici assassini, avranno una consistenza di almeno trenta persone.[4]

Bucha, protesta dei residenti per la ricostruzione

VITTORIO      Cosa pensi dell’indipendentismo nel Donbass in termini di antifascismo? Ci sono veramente delle repubbliche socialiste laggiù?

SERGEY         Ovviamente non è vero, non hanno niente a che fare con il socialismo. Le repubbliche del Donbass sono dei governi fantoccio controllati totalmente dalla Russia. Fino al 2015 c’erano alcuni signori della guerra con delle idee, la Russia li ha uccisi e adesso ha il controllo totale. Il principale signore della guerra, Mozgovoy, e il battaglione Prizrak non sono affatto di sinistra; se pensi che il partito comunista in Ucraina o in Russia siano di sinistra ti sbagli. Sono dei conservatori con la nostalgia del socialismo e questo è l’unico ingrediente che li unisce alla sinistra.[5] La situazione economica da quelle parti è molto negativa. In questi otto anni abbiamo avuto il problema che l’Ucraina non ha dato informazioni sulle perdite nel conflitto, questo è un tabù e per gli indipendentisti il numero di vittime è l’elemento principale della loro mitologia, ma nel 2021 sai quante vittime ci sono state in Donbass? Quindici persone… il conflitto è iniziato con 5.000 morti nel 2014 ma poi c’è stato un decremento sostanziale.

All’inizio il movimento ha iniziato a chiedere la federalizzazione, in Ucraina molte persone pensano che conquistare il Donbass fosse il piano dei russi fin dal principio. Io non sono d’accordo. Il conflitto è stato iniziato dalle élite locali che avevano perso il potere e hanno cercato di sostenersi appoggiando le idee separatiste a favore della Russia. Abbiamo avuto più di un milione di sfollati che hanno lasciato il Donbass, persone pro-Ucraina, dunque non è stato come nel caso della Crimea dove effettivamente la maggior parte degli abitanti sostiene la Russia. Quando le forze speciali russe hanno catturato Sloviansk nel 2014 abbiamo assistito a una escalation nella guerra. La Russia ha agito sotto la pressione della situazione e ha iniziato a sostenere le richieste di indipendenza ma inizialmente, secondo me, mirava a creare e mantenere un’area di instabilità in Ucraina.

Centro commerciale

[1] Michael Colborne, From the fires of war: Ukraines Azov Movement and the global far right, Columbia University Press, 2022; il libro rappresenta a oggi lo studio più approfondito sulla destra neofascista in Ucraina.

[2] Stepan Bandera (1909-1959) è stato un politico ucraino di estrema destra fondatore dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini e dell’Esercito Insurrezionale Ucraino. Entrambe le organizzazioni erano basate su valori etno-nazionalisti e sostennero i nazisti tedeschi durante l’occupazione dell’Ucraina, in chiave anti-sovietica e anti-russa, collaborando anche al genocidio degli ebrei della regione.

[3] Link per il canale Telegram: t.me/antifaru.

[4] Per approfondire si può leggere l’articolo di Saverio Ferrari, Inchiesta “88”: Donbass, mercenari neonazisti e “rosso-bruni”, (2018), su http://www.osservatoriosulfascismoaroma.org.

[5] Per approfondire gli aspetti reazionari delle organizzazioni politico-militari del Donbass russo si rimanda a questo articolo, molto ben documentato: Saverio Ferrari, Miti e realtà: sui fascisti in Ucraina, nel Donbass, in Russia, e sulla strage di Odessa, su https://mps-ti.ch.

Fondi e cimeli dell’Archivio storico della FAI

Di Francesco Scatigno

Nonostante la sua giovane età, l’Archivio storico della Federazione anarchica italiana, nato da una proposta del Congresso di Carrara del 1985, conserva cimeli e manoscritti provenienti da luoghi e tempi più remoti. Spesso sono stati conservati e tramandati da militanti anarchici che hanno donato all’archivio queste preziose testimonianze del passato.

Tra questi cimeli ci sono oggetti e manoscritti che risalgono alla guerra civile spagnola, lettere che fanno parte della corrispondenza di alcuni esponenti anarchici con importanti figure della politica e della cultura italiana come Calamandrei, Pertini, Nenni e Salvemini.

I reperti della guerra civile spagnola

Ad arricchire notevolmente l’ASFAI vi sono reperti e documenti della guerra civile spagnola appartenuti a Valentino Segata. Segata è un anarchico nato a Sopramonte (TN) nel 1892 e arruolatosi nella Colonna italiana Ascaso nel 1936, dove è al comando di una sezione di fucilieri. Dopo la conclusione della guerra spagnola, torna a Parigi. I suoi documenti furono custoditi dall’anarchico romagnolo Domenico Girelli, anch’egli combattente nella guerra civile spagnola, famoso per aver segregato nella loro caserma i carabinieri di Civitella di Romagna durante le insurrezioni della Settimana Rossa nel 1914.

Domenico Girelli, nei giorni in cui si tenne il convegno del 1987 su Sacco e Vanzetti a Villafalletto (CN) consegnò a Massimo Ortalli, curatore dell’ASFAI, i documenti appartenuti a Segata. Tra questi documenti ci sono una tessera del 1937 della Confederación Nacional del Trabajo, documenti di identità, carte di circolazione, permessi e la nomina di Segata a Capitano di compagnia con le firme di Antonio Cieri, Emilio Canzi, Umberto Consiglio, Giuseppe Bifolchi e Gregorio Jover. Alcuni di questi documenti hanno il timbro della Divisione Francisco Ascaso.

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Non di solo Stato vive la scuola. In difesa delle scuole libertarie

Intervento di Francesco Codello

Agli inizi di marzo il sito Dinamo Press – che si definisce come un progetto di informazione indipendente nato dalla cooperazione tra diversi spazi sociali di Roma, giornalisti professionisti, ricercatori universitari, video maker e attivisti – ha pubblicato un articolo di Angela Pavesi e Michele Dal Lago intitolato “Una selva molto oscura. Il neoliberismo comunitarista delle scuole parentali e libertarie”. Mettendo in un unico calderone esperienze educative tra loro anche molto diverse, gli autori attaccano duramente tutte le realtà che si muovono esternamente alla scuola statale, identificata come l’unica scuola pubblica possibile, al di fuori della quale ci sarebbe solo la giungla del modello neoliberista. Pubblichiamo una replica di Francesco Codello, pedagogista, tra i fondatori della Rete per l’educazione libertaria, che è stato dirigente scolastico ed è da lungo tempo impegnato nella ricerca storico-educativa. Codello ha parlato ai microfoni di Radio Blackout, nella rubrica Anarres condotta da Maria Matteo, difendendo le esperienze concrete di educazione libertaria che, tanto oggi quanto nella loro ormai lunga storia, si sono sviluppate come strumenti di cambiamento sociale in senso antiautoritario: riportiamo qui il dialogo radiofonico con l’autorizzazione dell’autore, e ci ripromettiamo di tornare sul tema anche sulle pagine di Rivista Malamente.

[Maria Matteo] Vuoi raccontare brevemente cosa dice l’articolo pubblicato su Dinamo Press o preferisci partire dalla realtà delle scuole libertarie?

[Francesco Codello] Preferisco sicuramente partire dalle nostre idee e dalle nostre pratiche, perché ritengo quell’articolo pubblicato da Dinamo Press violento nei toni, inqualificabile, che sprigiona ignoranza e/o malafede. I toni e i modi, oltre che i contenuti, non stimolano l’apertura di un dibattito, non aiutano il confronto e nemmeno spingono a fare riflessioni e autocritiche, peraltro sempre necessarie. Nel corso della discussione spero di riuscire a far emergere alcuni concetti importanti sia dal punto di vista storico che attuale, che in quell’articolo non vengono minimamente considerati.

[M.M.] Cominciamo allora con il dissipare un po’ di confusione, che certamente Dinamo Press ha contribuito ad alimentare, perché il percorso delle scuole libertarie non può essere equiparato alla sola educazione parentale, né tantomeno a percorsi come quelli delle scuole private, confessionali o di altro genere.

[F.C.] Partirei da una prima considerazione: gli autori dell’articolo che esprimono questi giudizi, e portano un così duro attacco all’educazione libertaria, palesano una profonda ignoranza di tutta la storia dell’educazione libertaria. Non sanno nulla, almeno così traspare dall’articolo, di una storia della quale noi siamo orgogliosamente fieri, che ci appartiene e di cui sentiamo anche la responsabilità. Quando si intraprendono pratiche di educazione libertaria si deve infatti sentire il senso di appartenenza a una tradizione che ha segnato profondamente il rinnovamento della pedagogia nel corso della storia. A cominciare da William Godwin, che per primo parlò contro l’idea di un curricolo scolastico unico e quindi di gestione in esclusiva del sistema scolastico da parte dello Stato, per arrivare fino alle esperienze concrete dei giorni nostri.

C’è poi anche una profonda ignoranza di ciò che si è dibattuto e discusso nella storia della scuola italiana. Tra il 1900 e il 1926, cioè fino all’imporsi delle leggi cosiddette “fascistissime”, la scuola italiana ha subìto due grandi processi di cambiamento: la legge Daneo-Credaro del 1911 e la riforma Gentile del 1923. Mi soffermo in particolare sulla legge Daneo-Credaro, con la quale lo Stato italiano, in ritardo di molti anni rispetto ad altri paesi europei, avoca a sé la gestione e quindi l’organizzazione delle scuole di base, così si chiamavano le elementari, che fino ad allora erano state a gestione comunale. Questa legge rappresenta sicuramente un importante passaggio, anche in senso positivo, ma dà inizio anche a un percorso di statalizzazione esclusiva dell’organizzazione scolastica. Tra gli anarchici si sviluppa in quegli anni tutto un dibattito che possiamo semplificare nella domanda: scuola laica o scuola libera? Cioè era positivo il tentativo di togliere la scuola dal condizionamento clericale, perché era questo che succedeva con la scuola a gestione comunale, soprattutto nei piccoli comuni che rappresentavano la maggior parte del tessuto sociale italiano, ma d’altra parte a questa idea di scuola laica veniva contrapposta un’idea di scuola libera.

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Ludd, ipermodernità e neototalitarismo al tempo del Covid-19

Di Tomás Ibañez

Traduzione di Isabella Tomassi e Valentina Mitidieri

Un po’ più di due secoli fa, nel 1811 e durante i cinque anni seguenti, l’Inghilterra è stata il teatro di una intensa rivolta sociale conosciuta sotto il nome della “rivolta dei luddisti” – con riferimento al suo protagonista eponimo, Ned Ludd – che distrusse una buona parte delle nuove macchine tessili la cui installazione sopprimeva numerosi posti di lavoro e condannava una parte della popolazione alla miseria. Ci sono voluti migliaia di soldati per schiacciare l’insurrezione che, ben lontana dal ridursi a delle motivazioni tecnofobe, si situava nell’ambito del lavoro e aveva la pretesa di opporsi alle conseguenze più nefaste del “progresso” dello sfruttamento capitalista.

Oggi è essenziale “reinventare” questo tipo di rivolta, facendola passare dalla sfera delle rivendicazioni puramente economiche alla sfera più direttamente politica delle lotte per la libertà e contro il totalitarismo di tipo nuovo, che s’insinua già da un po’ di tempo e che trova nella crisi attuale del Covid-19 un carburante abbondante per accelerare il suo sviluppo.

Allontanarlo dalla sfera economica, non implica sottostimare il capitalismo come principale nemico, poiché il nuovo tipo di totalitarismo al quale faccio riferimento costituisce un pezzo assolutamente fondamentale della nuova era capitalista, che nasce da questa enorme innovazione tecnologica che fu, e continua a essere, la rivoluzione digitale.

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Cosa ci sta succedendo? Di Jérôme Baschet

Molte domande e qualche prospettiva ai tempi del coronavirus

Mentre inizia la tanto attesa fase 2 con il suo carico di attese personali, speranze collettive e menzogne dei padroni, proponiamo la traduzione di un articolo di approfondimento apparso sulla rivista Lundimatin.

Questa quarantena ci ha sprofondato in una distopia digitale declinata al presente. La prospettiva storica di Jérôme Baschet ci aiuta a ricordare che i sistemi politici ed economici non sono immutabili. A noi scegliere la nostra parte.

Traduzione a cura della redazione. Una prima traduzione italiana, che abbiamo ripreso per questa versione aggiornata, è stata pubblicata sul sito www.reotempo.net.