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numero-18

Salviamo il pianeta! Smantelliamo il digitale!

Intervista a Matthieu Amiech, d Rivista Malamente n. 18, giu. 2020 (QUI IL PDF)

Matthieu Amiech, editore e saggista francese del gruppo Marcuse (Movimento autonomo di riflessione critica a uso dei sopravvissuti dell’economia), ha di recente pubblicato una nuova edizione di La Liberté dans le coma (La Lenteur, 2019), un libro che affronta di petto l’informatizzazione di ogni ambito della società in quanto problema non solo individuale ma collettivo e politico. Una questione che, se era attuale già qualche anno o mese fa, oggi troviamo assolutamente amplificata dall’epidemia di coronavirus, che sembra aver fatto della comunicazione digitale l’ancora di salvezza della nostra vita sociale. Il libro descrive come ha preso forma un mondo in cui la maggior parte delle nostre azioni quotidiane passano, sempre più “necessariamente”, attraverso le tecnologie informatiche e digitali e sono dunque automaticamente registrate. Una schedatura continuativa e di massa, nuova forma di “servitù volontaria”, possibile grazie a un consumo sfrenato di energia e risorse. Vengono inoltre approfondite le conseguenze disastrose che il modo di vita perennemente connesso ha sulla nostra autonomia, sulle nostre libertà, sulle nostre capacità di opporci alle grandi organizzazioni dalle quali dipende ormai la nostra vita materiale. Abbiamo tradotto e fuso insieme due recenti interviste ad Amiech: “Il nostro libero arbitrio è risucchiato da internet”, intervista raccolta da Kévin Boucaud-Victoire, in “Marianne”, 19 agosto 2019 e “Il digitale è al centro della catastrofe ecologica”, intervista raccolta da Gaspard d’Allens e Hervé Kempf, in “Reporterre”, 26 novembre 2019. La terza intervista, “L’isolamento in casa amplifica la digitalizzazione del mondo”, sempre raccolta da Gaspard d’Allens per “Reporterre”, è uscita il 30 marzo 2020 e affronta il rapporto tra digitale e isolamento sociale per come si è venuto a configurare nella presente fase di emergenza sanitaria.

“Reporterre”. A che punto siamo arrivati, oggi, sul fronte della digitalizzazione della vita?

Siamo andati lontano, ancora più lontano di quando abbiamo iniziato a scrivere la prima edizione del nostro manifesto contro l’informatizzazione del mondo, La Liberté dans le coma (La Lenteur, 2013). La società è oggi informatizzata da cima a fondo. Quello che è stato sottratto, non sono più solamente i mezzi di sussistenza, ma il mondo stesso, l’accesso al mondo. Nelle grandi città c’è come un fenomeno esistenziale: una cosa non esiste se non la fotografo nel momento in cui la vedo. Non ha importanza se non la registro, la catturo e la condivido sulle reti sociali. Si consulta il proprio smartphone in maniera compulsiva, da appena svegli, qualunque momento di pausa si riempie guardando il flusso delle notizie, dei messaggi o dei giochi…

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Brigate volontarie d’altri tempi. I sovversivi e il colera di Napoli, 1884

Di Luigi (da Malamente #18, giugno 2020)

Il primo caso si verifica a Saluzzo, in Piemonte, il 28 giugno 1884, proveniente dal Sud della Francia. La malattia che presto comincia a dilagare nonostante i cordoni sanitari dell’esercito è, ancora una volta, il temuto colera. Una malattia di origine batterica, infettiva e contagiosa, che provoca diarrea, vomito e in poco tempo una grave disidratazione: gli occhi si infossano, la pelle si riempie di rughe, la morte attende dietro l’angolo. La trasmissione deriva da cibo contaminato, da poca igiene e scarsa disponibilità di acqua potabile, per questo è più facile incontrarla nei quartieri popolari piuttosto che nelle dimore dei ricchi. Il colera attraversa l’Italia, ad agosto è in Liguria, Toscana, Emilia, a settembre il focolaio peggiore colpisce Napoli. Qui, nel giro di due settimane i malati si contano a migliaia, quasi tutti tra i bassifondi della città, i morti arrivano presto a più di 8.000. Oltre all’esercito, inviato anche a sedare i tumulti popolari che andavano nascendo, arrivano a Napoli alcuni gruppi di volontari. Tra loro chi si batteva per un mondo libero dall’ingiustizia e dalla miseria sociale: anarchici e socialisti.

Gruppo di volontari per l'emergenza colera, Napoli 1884. Seduti a terra, da destra Luigi Musini e Felice Cavallotti
Gruppo di volontari per l'emergenza colera, Napoli 1884. Seduti a terra, da destra Luigi Musini e Felice Cavallotti

Tra i primi volontari contro il colera di Napoli troviamo Andrea Costa. Era stato uno dei pionieri dell’internazionalismo rivoluzionario anarchico, grande protagonista delle lotte operaie e mito delle plebi romagnole, solo da qualche anno aveva intrapreso il non facile percorso, pieno di spine, violente polemiche, accuse di tradimento e amicizie infrante che l’aveva portato dall’anarchismo al socialismo, fino a sposare la lotta elettorale e a diventare, nel 1882, il primo deputato socialista eletto al Parlamento. Con lui, a Napoli, c’è Luigi Musini, giornalista e uomo d’azione, ex garibaldino, secondo deputato socialista d’Italia. Entrambi affiliati alla massoneria, avevano risposto all’appello del Grande Oriente d’Italia[i] e si erano aggregati alla Croce verde di Giovanni Bovio, gran maestro della loggia napoletana. Musini era medico, Costa gli faceva da infermiere: «si aggiravano fra i bassi di Napoli con le tre stellette massoniche sul petto e la croce verde sul braccio, soccorrendo gli ammalati, bruciando le suppellettili ed i vestiti nei quartieri dove il morbo aveva più colpito»[ii]. In ragione dei servizi prestati durante l’epidemia, saranno nominati membri onorari della loggia partenopea Italia.

Muoversi non era facile. Un caffè, un bicchierino di cognac e subito ci si ritrova alla Farmacia del Tigre, punto di raccolta dei volontari; da lì si parte verso i quartieri popolari con in borsa laudano, etere, chinino, disinfettanti, miscele eccitanti e unguenti. Oltre a evitare il bacillo Vibrio cholerae, Costa e Musini devono anche sopportare il costante pedinamento della polizia (è vero che ormai sono onorevoli deputati, ma erano entrati e usciti di galera si può dire fino al giorno prima). Tanto che il 15 settembre scrivono una protesta pubblica sul giornale “Roma”, suscitando un certo imbarazzo nel governo. Ricorda Musini nelle sue memorie:

«ieri ci capitò un bel caso. Stavamo con Costa girando per il quartiere del mercato a visitar infermi assieme al dottor Calì, quando il vetturino si accorse che un tale in vettura ci seguiva tenendo nota delle abitazioni da noi visitate. Temendo di equivocarci ordiniamo al vetturino di fermarsi artificialmente in vari punti e sempre quell’altro prende nota e ci segue. Allora il Calì smonta per vedere chi è e chiedergli ragione. Tosto lo riconosce per un appuntato di PS che, messo alle strette, confessa»[iii].

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