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numero-31

À la guerre comme à la guerre

Da Rivista Malamente n. 31, dic. 2023 (QUI IL PDF)

Di Redazione

Abbiamo scelto di dedicare la copertina alla resistenza del popolo palestinese, oppresso da decenni e vittima in queste settimane di una brutale rappresaglia. La miccia questa volta è stata accesa dall’attacco di Hamas del 7 ottobre. Quello che è seguito è noto ai più, ma l’interpretazione degli eventi è fonte di discussione tra molti compagni e compagne.

Non c’è alcun dubbio che lo Stato di Israele, da decenni, perseguiti e opprima la popolazione palestinese, che attui una politica di sterminio, che occupi territori da cui dovrebbe solo andarsene. Ed è chiaro come in questa “nuova” guerra, ancora una volta, i palestinesi pagheranno il prezzo più alto. Il nostro cuore è con loro e siamo al fianco di tutte le manifestazioni a sostegno della resistenza palestinese che vengono vietate e criminalizzate nel nostro Occidente.

D’altra parte ci rifiutiamo di credere che un gruppo di potere come Hamas possa rappresentare da solo le legittime aspirazioni alla libertà del popolo palestinese; sempre che si possa parlare di un “popolo” palestinese come unità indistinta. Sosteniamo la violenza degli oppressi contro i loro oppressori, ma sappiamo ancora distinguere tra rivolta popolare (intifada) e barbarie indiscriminata come quella che ha colpito tanti civili israeliani e di altre nazionalità la mattina del 7 ottobre. Pertanto ci rifiutiamo di festeggiare per le azioni di uomini che anche all’interno di Gaza reprimono ogni dissenso alla loro linea jihadista.

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COVID e anarchia necessaria

Di Antonio Scardino, medico

da Rivista Malamente, n. 31, dic. 2023 [anticipazione online]

Sono un medico di medicina generale che ha fatto ricerca in immunologia e si ritrova, suo malgrado, in uno stile di vita anarchico. Ho lavorato in diversi paesi oltre che in Italia: negli USA, in Francia; e in quel territorio martoriato che dovrebbe chiamarsi Kurdistan ma che sulle carte non esiste: facevo il medico volontario nella martoriata Kobanê, quando i corridoi umanitari aperti dai turchi lo permettevano, prima di essere stato espulso dalla Turchia come persona non grata.

Nel marzo del 2020 facevo il medico di medicina generale in Francia; quel pomeriggio mi trovavo in un ristorante di Montlhéry con Boris e Abdel. Arrivavano dall’Italia le prime notizie della epidemia da SARS-Cov2 e la sindrome COVID faceva purtroppo già molte vittime, specialmente fra gli anziani del bergamasco. Avevamo dato alla notizia il peso che oramai meritano le informazioni che provengono dalla televisione: attendavamo che la cosa si sgonfiasse da sé. Invece, a fine marzo 2020 il presidente della Repubblica Francese, Macron ci disse a reti unificate, per sei volte di seguito, che oramai eravamo in guerra. Dalla mattina successiva le strade erano deserte, le scuole chiuse, e tutti noi ci trovammo confinati nelle nostre case. Unica finestra aperta sul mondo: la televisione. Avevamo paura persino di respirare.

A Montlhéry era rimasta aperta solamente la boulangerie, per qualche ora del mattino, e il mio ambulatorio medico. I pronto soccorso degli ospedali della zona, a Longjumeau e ad Arpajon, erano già saturi. Una gran parte dei colleghi s’era data malata, qualcuno era partito all’estero prima della chiusura delle frontiere. Mi aggiravo fra i quartieri immersi nell’atmosfera post apocalittica, surreale, che ritroviamo nella peste di Camus. Con mio grande stupore, dagli ospedali tornavano a casa i neri, gli arabi e gli stranieri che erano positivi alla SARS-Cov2 e, sebbene sintomatici, non erano ammessi ai posti limitati nelle rianimazioni. Erano affidati a se stessi e a noi, ai medici di base; e noi li curavamo a casa in modo empirico: antibiotici, anti-infiammatori, vitamine e ossigeno. Qualcuno moriva. Avevo organizzato fuori dell’ambulatorio, dove regnava il silenzio e il deserto, una fila di sedie, distanziate di sei metri l’una dall’altra. La coda era impressionante e surreale: gente seduta in strada che tossiva fino a diventare paonazza. Facevo il triage che si faceva forse a Omaha Beach durante lo sbarco: ricovero immediato con qualunque mezzo… ricovero a domicilio con farmaci e ossigeno… codice rosso: iniezione di corticosteroidi e broncodilatatori e attesa dell’ambulanza medicalizzata… semplice gastro enterite con annesso attacco di panico o psicotico…

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