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recensioni

Recensione a Carlo Cuppini, “Logout”, Marcos y Marcos, 2024

Di Luigi

«La libertà non è incoscienza. La libertà è dentro casa». Vi ricorda qualcosa?

Nella città di Sbafo, dove abita Luca – protagonista dodicenne di questo romanzo di Carlo Cuppini – non c’è nulla fuori posto. Anzi, non c’è proprio nulla fuori, perché i suoi abitanti non hanno né motivo né intenzione di uscire di casa. Troppe le insidie in agguato all’esterno. Le mura domestiche sono il Sesamo, che offre «serenità, salute, sicurezza, soluzioni», là fuori c’è il Baratro, costituito da «pericoli, incidenti, malattie, terroristi e imprevisti». E poi, dentro la casa ipertecnologica non manca davvero nulla. Le deserte strade di Sbafo, perfettamente allineate, sono percorse avanti e indietro da droni e furgoni robotici, che consegnano a domicilio tutto ciò di cui si può aver bisogno: la mega-azienda TuttoPer ha a cuore i suoi consumatori e può soddisfare in tempi rapidissimi qualsiasi necessità, basta un clic. Ancora: vi ricorda qualcosa?

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L’Ucraina e Putin tra storia e ideologia

  • di

Recensione a: Andrea Graziosi, L’Ucraina e Putin tra storia e ideologia, Laterza, Bari- Roma, 2022

di A. Soto

L’autore è uno dei maggiori studiosi della storia contemporanea russa. Legge il cirillico, ha studiato e insegnato tra Stati Uniti, Russia ed Europa ed è autore, tra l’altro, di una storia dell’Unione Sovietica 1914-1991 uscita per il Mulino tra il 2007 e il 2008.

Di orientamento democratico liberale, vicino al mite progressismo di Giuliano Amato, col quale ha scritto un libro, è uno degli intellettuali più informati sulla situazione russa, qui passata attraverso il vaglio dell’analisi storica. Questo suo testo, che collaziona interventi e studi degli anni precedenti aggiornandoli alla luce della guerra, a mio avviso dà utili coordinate interpretative, anche se è scritto in maniera non sempre brillante e non è lineare nella sua struttura. Inoltre offre conferme riguardo alla lettura della guerra come frutto dell’imperialismo russo, fornendo ulteriori elementi di approfondimento a riguardo.

Prendiamo il toro per le corna e, data la presa in Italia del discorso putiniano, sul fatto che sarebbe stato il mancato rispetto delle promesse fatte di non allargare la Nato a oriente a costringere Mosca a scatenare la guerra, Graziosi ci ricorda che:

  1. non si tratta di promesse ma di discorsi informali sul possibile futuro di una Germania riunificata tenutisi all’inizio del 1990 tra diplomatici sovietici e americani;
  2. il 5 dicembre 1994 Mosca firmò con Stati Uniti, Regno Unito e Ucraina il trattato di Budapest, un impegno questo sì formale e solenne a non violare, e anzi a garantire, i confini di quest’ultima in cambio della sua adesione al trattato di non proliferazione e del trasferimento graduale di più di 4.000 testate nucleari dall’Ucraina alla Russia;
  3. che la Nato non costituisse una minaccia, per di più crescente, è confermato dai fatti: per preparare l’invasione dell’Ucraina la Russia ha ammassato truppe ai suoi confini per mesi; al contrario, i 315.000 soldati americani in Europa nel 1989 erano diventati 107.000 nel 1995 e circa 60.000 nel 2006 rimanendo su questo livello fino al 2021.
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Moro per sempre

Di Mario Di Vito

Un’immagine condannata a descriverci. «Brigate Rosse» e la stella cerchiata sullo sfondo. Davanti c’è Aldo Moro che stringe in mano una copia di Repubblica. Titolo: «Moro assassinato?». Lui guarda dentro l’obiettivo e l’effetto è lo stesso di tanti ritratti: sembra che ci stia osservando, quasi che ci segua con il suo sguardo.

È la stessa impressione, sia pure con un’altra foto, che ha Cossiga in Esterno Notte di Marco Bellocchio, che torna sul tema dopo Buongiorno, notte.

Solo un’impressione, quella di Cossiga? È la stessa cosa delle macchie sulla pelle che gli stavano venendo: lui le vedeva, gli altri non ancora. Capita che ti prendano per matto o per visionario solo perché hai capito tutto prima degli altri, perché vivi le situazioni in maniera diversa, le avverti come uno spiffero che si insinua e non passa. Non passa mai.

L’omicidio Moro (qui interpretato da un impressionante Fabrizio Gifuni) è il nostro omicidio Kennedy, uno di quei momenti che dividono la storia in un «prima» e in un «dopo». Nel nostro caso siamo nel cuore della notte della Repubblica, là dove tutte le trame sono nere ma il sangue è sempre rosso. E scende come la pioggia dal cielo, a ricordarci cosa eravamo, cosa non siamo stati capaci di essere e cosa non saremo mai.

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