Boomer Covid Blues

Di Leucocita

Senigallia fine estate: dopo mesi di siccità i primi acquazzoni hanno allagato le strade ma ancora in tanti devono consumare le proprie vacanze, in tanti hanno ancora i voucher da spendere dopo mesi e mesi di lockdown, zone colorate, coprifuoco e altri variopinti ostacoli alla libera vita sociale. Così, mercoledì sera, il centro storico era pieno. I vecchietti che fanno crocchio più curvi del solito perché con la mascherina non si sente niente e se sei già mezzo sordo è pure peggio, le famiglie con due gelati gocciolanti per mano, il sassofonista stonato che chiede un obolo, i negozi aperti. Tutto normale insomma o quasi.

Nel raggio di cinquecento metri si sfidano due piazze che oggi si trovano paradossalmente divise e polarizzate. In piazza Roma va in scena l’avvocato Erich Grimaldi con la sua Unione per le cure, i diritti e le libertà. Il tricolore e il blu sovranista sullo sfondo del volantino che qualcuno m’ha girato su Telegram non promettono bene, ma capisco l’importanza delle cure precoci e voglio andare a sentire cosa dicono e a vedere chi c’è. Tra i vacanzieri e i manifestanti venuti da fuori non si parcheggia da nessuna parte, ne approfitto per una boccata di thc sul bordo del fiume maleodorante e mi butto nella mischia.

La piazza è piena, siamo tutti vicini, in un grande calore umano: cori «vergogna», «vogliamo le cure», applausi, lucette del cellulare accese perché – urla Grimaldi al microfono ­– «siamo la luce sulla strada della verità!». Niente da dire, tutti molto presi bene. Sul palco improvvisato sotto il palazzo storico del Comune, l’avvocato in perfetto completo blu, cravatta e camicia bianca arringa i presenti dietro uno striscione con scritto «Piemonte – terapia domiciliare precoce covid-19». In piazza, la statua del Monco (o Fontana del Nettuno, per le guide turistiche) mi conferma che siamo a Senigallia nonostante la crescente dissociazione cognitiva.

Il matador della piazza dice poco, evita di prendere una posizione chiara sui vaccini, lascia intendere che le cure precoci siano la soluzione e che «loro» la stiano ostacolando per oscuri interessi. Altrettanto oscuro nel suo discorso quali siano le medicine usate.

Applausi, cori, «vergogna!».

Quando finisce il suo intervento dove ha minacciato di denunciare tutti di diritto e di rovescio lascia la parola alle testimonianze delle attiviste della pagina Facebook Terapia domiciliare Covid19. La cosa forse si farà interessante, spero.

Prende la parola Federica, farmacista di Osimo, che prova a raccontare la sua esperienza come moderatrice del sito, ma viene interrotta di continuo dai commenti dell’avvocato che cerca l’applauso, che si esibisce in un fastidioso mansplaining continuo. Poi è la volta di un’altra giovane donna che racconta dei genitori assistiti online da un medico di Venezia. Quando la moderatrice le chiede ottimista se i genitori siano stati guariti dalla terapia a distanza la risposta è un imbarazzato «non ancora». Seguono applausi, anche io inizio a prendermi bene, la canna fa il suo effetto, forse sono solo pregiudizi quelli che mi tengono lontano da questa passione civile che sta sbocciando…

Il nostro eroe non si lascia sfuggire la possibilità di parlare sopra la giovane donna per tessere le lodi di Facebook: «Zuckerberg mi deve ringraziare» afferma in uno slancio di modestia. E continua… «noi mettiamo in contatto il paziente con il medico». La piazza come direbbe mio figlio è piena di boomer e Facebook è evidentemente LA infrastruttura comunicativa che tiene insieme tutto. I medici vengono citati in continuazione ma stasera qui in piazza non parlano né sono presenti.

Mi guardo attorno e riconosco facce amiche, conoscenti, colleghi e colleghe, età media over quaranta. Siamo così tanti che si fatica a muoversi, quasi nessuno porta la mascherina, io da vaccinato mi sento sereno e comunque sono abituato a stare in mezzo alla gente, ma già mi aspetto i commenti acidi in calce alla diretta social che sta andando avanti con più di duemila spettatori. Qua del virus neanche l’ombra. La piazza lo allontana con il suo esorcismo.

Intanto la testa mi gira un po’, forse sarà l’effetto delle continue minacce di denuncia che volano dal microfono, ogni volta faccio le corna per un vezzo scaramantico. Stanco del tono urlato mi allontano per ficcare il naso nella seconda piazza, quella dei virologi esperti con tanto di instant book pubblicato da Rizzoli e affini. L’evento si svolge poco lontano, all’aperto, davanti alla placida scuola elementare Pascoli. Nel grande giardino ecco polizia, carabinieri, vigili urbani e l’immancabile digos che passeggia su e giù con fare sornione. Temono che la piazza delle cure domiciliari vada a chiedere un consiglio ai virologi… Ma niente, ci si annoierà come al solito anche stasera!

Oltre il variopinto cordone di forze dell’ordine spunta il temibile dispositivo smart dell’odiato green pass. I giovani precari di una cooperativa controllano l’ingresso transennato. Tra loro un amico con forse più denunce di me, che oggi è stato investito dal prefetto della qualifica di “pubblico ufficiale”. Inizio a ridere di cuore. Però i biglietti online sono finiti e non si può entrare. Tra noi e la platea piena di posti vuoti c’è una terra di nessuno che neanche all’aeroporto di Kabul… Faccio notare il paradosso di un importante evento di divulgazione scientifica durante la pandemia che respinge chi vuole ascoltare e chiedo di entrare. Niente da fare con le buone. Ma quando il gruppo dei curiosoni raggiunge la massa critica di una decina di persone insistiamo, minacciamo di entrare lo stesso, «dai che stasera si fa casino» e alla fine la responsabile accetta. Scatta il rituale di evocazione del virus invisibile: green pass controllato con QR code, controllo della temperatura, mascherine d’ordinanza… per entrare in un giardino all’aperto!

Infine riusciamo ad approdare alla corte dei virologi. Gente preparata per carità, Guido Silvestri è sicuramente uno che ne capisce e che ha portato un minimo di razionalità nel delirio dei 5Stelle al governo; l’altro luminare, Clementi, è decisamente più odioso ma che vuoi… per uno che viene dalla sanità privata lombarda è già tanto se non mi prende l’orticaria solo a vederlo. Dal palco ci raccontano come negli Stati Uniti sappiano fare le cose. Non si capacitano della scarsa cultura scientifica degli italiani, lanciano i loro saggi consigli. La platea applaude distanziata e timida, accompagnata da un buffo accompagnamento musicale dell’imperturbabile maestro Celidoni.

L’intervento del sindaco Olivetti, appena dopo la lezione dei virologi, mi fa dubitare della bontà delle molecole della Cannnabis Indica perché non riesco a capirlo tanto è ricco di aporie, anafore e cazzate.

Seguono domande importanti: «quest’anno scolastico rischiamo di nuovo la DAD?», «dovremo vaccinarci di nuovo con altre dosi?». I virologi provano a mettere insieme una risposta, ma è chiaro che neanche loro riescono a guardare oltre l’orizzonte, e poi è già notte e arriva anche un amico ubriaco che vuole andare a fare l’ultima birra. Si parte.

In giro per il centro storico ancora tanti vacanzieri spensierati. Non sembra proprio di essere nel mezzo della peggiore pandemia dai tempi della influenza spagnola.

Qualche digossino deluso dialoga nella piazza dell’avvocato, i carabinieri fanno la siesta sotto i cappelli, ultimi selfie.

In birreria, al bancone dove nessuno ha la minima passione per controllare il famoso green pass, dei luminosi 2002 captano l’atmosfera dei nostri discorsi sghembi e perplessi, le due piazze contrapposte, la disinformazione, l’autoritarismo dello stato, il potere medico, il diritto alla salute… faccio in tempo a ordinare una Goose e parte il commento lapidario del più giovane: «io mi sono rotto il cazzo, mi vaccino e poi voglio andare dove mi pare, basta con sti discorsi da boomer».

Forse, se cerco bene, trovo un sito internet che sostiene che il covid si cura con il thc.

Sipario.

Le Marche intensive. Tutta (ma proprio tutta) la storia del Covid Hospital di Civitanova Marche

Di Mario Di Vito [QUI IL PDF]

A un certo punto sembravamo spacciati. Il numero di contagiati saliva ogni giorno insieme al numero delle vittime, decine di milioni di italiani si erano chiusi in casa a tempo indeterminato, il presidente del consiglio Giuseppe Conte appariva in televisione ogni due o tre giorni per emanare nuove regole. Le terapie intensive sembravano sul punto di scoppiare, in televisione virologi e opinionisti più eventuali che vari continuavano ad accapigliarsi su questioni difficilmente comprensibili ai più, su Facebook i post degli infermieri e delle infermiere con il volto sempre segnato dalla fatica si moltiplicavano, così come le foto inquietantissime dei cadaveri portati via dai mezzi militari nella notte. Quattro o cinque generazioni, in vita loro, non avevano mai visto il baratro così tanto da vicino.

Marzo 2020, l’Italia è un paese in ginocchio. Terrorizzato dal Covid-19, acronimo inglese di Coronavirus Disease 19, ovvero infezione da Sars-CoV-2, una malattia respiratoria difficile da identificare. Non solo l’Italia, che comunque è stata tra i primi paesi a chiudere tutto, l’intero pianeta Terra è sconvolto e reagisce nelle maniere più disparate: chi ignora il problema, chi utilizza l’esercito, chi si colloca a metà tra queste due cose.

Qui e seguenti: “Pandemia” – Opera di Blu, Campobasso 2019

Il contesto

Nelle Marche, all’estrema periferia dell’impero, già alla fine di febbraio il governatore Luca Ceriscioli si era lanciato in una personalissima guerra al governo centrale per imporre la chiusura delle scuole della sua regione per cercare di contenere i contagi. Una vicenda in qualche modo paradigmatica del caos italiano di quei giorni: lunedì 24 febbraio Ceriscioli convoca i giornalisti per annunciare la serrata degli edifici scolastici. Nel bel mezzo della conferenza stampa, però, il presidente marchigiano riceve una telefonata dal presidente Conte, che lo obbliga a desistere dal suo proposito. Smentita in diretta, dunque, e gran brutta figura per Ceriscioli. Martedì 25 febbraio, al mattino, il governo incontra in videoconferenza i rappresentanti di tutte le regioni italiane e, senza obiezioni, si trova un accordo sul fatto che qualsiasi decisione dovrà essere presa tutti insieme. Le fughe in avanti della Lombardia e del Veneto, che nella settimana precedente avevano cominciato a produrre ordinanze, sembravano arginate. Ma il pomeriggio dello stesso giorno, a sorpresa, Ceriscioli con un atto d’imperio chiude le scuole, questa volta per davvero. Il governo si innervosisce e decide di impugnare davanti al Tar il provvedimento della Regione Marche.

Continue reading

Rivolta!

Riceviamo e pubblichiamo

Corona è il virus, il capitalismo la pandemia. Berlino, 30/12/2020

La riproposizione senza termine di decreti normativi repressivi, ubiquitari a livello globale e motivati da “superiori interessi di salute pubblica” domina la sfera personale e l’agire politico degli esseri umani di questa particolare epoca: diventa perciò chiaro che l’unica via di fuga dalle passioni tristi, l’unica strada che gli individui e le collettività possono percorrere per affermare e riscattare la propria esistenza è quella della rivolta.

Necessità del singolo che immediatamente si trasforma in dispositivo politico di tante e tanti; da bisogno fisiologico dell’individuo la rivolta coinvolge e travolge settori eterogenei della popolazione fino a diventare “proprietà” comune.

Continue reading

Brigate volontarie d’altri tempi. I sovversivi e il colera di Napoli, 1884

Di Luigi (da Malamente #18, giugno 2020)

Il primo caso si verifica a Saluzzo, in Piemonte, il 28 giugno 1884, proveniente dal Sud della Francia. La malattia che presto comincia a dilagare nonostante i cordoni sanitari dell’esercito è, ancora una volta, il temuto colera. Una malattia di origine batterica, infettiva e contagiosa, che provoca diarrea, vomito e in poco tempo una grave disidratazione: gli occhi si infossano, la pelle si riempie di rughe, la morte attende dietro l’angolo. La trasmissione deriva da cibo contaminato, da poca igiene e scarsa disponibilità di acqua potabile, per questo è più facile incontrarla nei quartieri popolari piuttosto che nelle dimore dei ricchi. Il colera attraversa l’Italia, ad agosto è in Liguria, Toscana, Emilia, a settembre il focolaio peggiore colpisce Napoli. Qui, nel giro di due settimane i malati si contano a migliaia, quasi tutti tra i bassifondi della città, i morti arrivano presto a più di 8.000. Oltre all’esercito, inviato anche a sedare i tumulti popolari che andavano nascendo, arrivano a Napoli alcuni gruppi di volontari. Tra loro chi si batteva per un mondo libero dall’ingiustizia e dalla miseria sociale: anarchici e socialisti.

Gruppo di volontari per l'emergenza colera, Napoli 1884. Seduti a terra, da destra Luigi Musini e Felice Cavallotti
Gruppo di volontari per l'emergenza colera, Napoli 1884. Seduti a terra, da destra Luigi Musini e Felice Cavallotti

Tra i primi volontari contro il colera di Napoli troviamo Andrea Costa. Era stato uno dei pionieri dell’internazionalismo rivoluzionario anarchico, grande protagonista delle lotte operaie e mito delle plebi romagnole, solo da qualche anno aveva intrapreso il non facile percorso, pieno di spine, violente polemiche, accuse di tradimento e amicizie infrante che l’aveva portato dall’anarchismo al socialismo, fino a sposare la lotta elettorale e a diventare, nel 1882, il primo deputato socialista eletto al Parlamento. Con lui, a Napoli, c’è Luigi Musini, giornalista e uomo d’azione, ex garibaldino, secondo deputato socialista d’Italia. Entrambi affiliati alla massoneria, avevano risposto all’appello del Grande Oriente d’Italia[i] e si erano aggregati alla Croce verde di Giovanni Bovio, gran maestro della loggia napoletana. Musini era medico, Costa gli faceva da infermiere: «si aggiravano fra i bassi di Napoli con le tre stellette massoniche sul petto e la croce verde sul braccio, soccorrendo gli ammalati, bruciando le suppellettili ed i vestiti nei quartieri dove il morbo aveva più colpito»[ii]. In ragione dei servizi prestati durante l’epidemia, saranno nominati membri onorari della loggia partenopea Italia.

Muoversi non era facile. Un caffè, un bicchierino di cognac e subito ci si ritrova alla Farmacia del Tigre, punto di raccolta dei volontari; da lì si parte verso i quartieri popolari con in borsa laudano, etere, chinino, disinfettanti, miscele eccitanti e unguenti. Oltre a evitare il bacillo Vibrio cholerae, Costa e Musini devono anche sopportare il costante pedinamento della polizia (è vero che ormai sono onorevoli deputati, ma erano entrati e usciti di galera si può dire fino al giorno prima). Tanto che il 15 settembre scrivono una protesta pubblica sul giornale “Roma”, suscitando un certo imbarazzo nel governo. Ricorda Musini nelle sue memorie:

«ieri ci capitò un bel caso. Stavamo con Costa girando per il quartiere del mercato a visitar infermi assieme al dottor Calì, quando il vetturino si accorse che un tale in vettura ci seguiva tenendo nota delle abitazioni da noi visitate. Temendo di equivocarci ordiniamo al vetturino di fermarsi artificialmente in vari punti e sempre quell’altro prende nota e ci segue. Allora il Calì smonta per vedere chi è e chiedergli ragione. Tosto lo riconosce per un appuntato di PS che, messo alle strette, confessa»[iii].

Continue reading

Ludd, ipermodernità e neototalitarismo al tempo del Covid-19

Di Tomás Ibañez

Traduzione di Isabella Tomassi e Valentina Mitidieri

Un po’ più di due secoli fa, nel 1811 e durante i cinque anni seguenti, l’Inghilterra è stata il teatro di una intensa rivolta sociale conosciuta sotto il nome della “rivolta dei luddisti” – con riferimento al suo protagonista eponimo, Ned Ludd – che distrusse una buona parte delle nuove macchine tessili la cui installazione sopprimeva numerosi posti di lavoro e condannava una parte della popolazione alla miseria. Ci sono voluti migliaia di soldati per schiacciare l’insurrezione che, ben lontana dal ridursi a delle motivazioni tecnofobe, si situava nell’ambito del lavoro e aveva la pretesa di opporsi alle conseguenze più nefaste del “progresso” dello sfruttamento capitalista.

Oggi è essenziale “reinventare” questo tipo di rivolta, facendola passare dalla sfera delle rivendicazioni puramente economiche alla sfera più direttamente politica delle lotte per la libertà e contro il totalitarismo di tipo nuovo, che s’insinua già da un po’ di tempo e che trova nella crisi attuale del Covid-19 un carburante abbondante per accelerare il suo sviluppo.

Allontanarlo dalla sfera economica, non implica sottostimare il capitalismo come principale nemico, poiché il nuovo tipo di totalitarismo al quale faccio riferimento costituisce un pezzo assolutamente fondamentale della nuova era capitalista, che nasce da questa enorme innovazione tecnologica che fu, e continua a essere, la rivoluzione digitale.

Continue reading

Immuni e DiAry: perché le App per il tracciamento non sono la soluzione ma un ulteriore problema

Di Redazione rivista Malamente

“Fase 2. È ora di usare Digital Arianna!”, recita il 18 maggio lo spot dell’applicazione dell’Università di Urbino per il contenimento del contagio da Covid-19.

Digital Arianna, per gli amici DiAry, disponibile da metà aprile negli store Android e iOS, è l’App sviluppata all’interno dell’università urbinate, dalla start-up Digit in un progetto coordinato dalla cattedra di Sistemi di Elaborazione delle Informazioni. Un bel vantaggio essere arrivati prima della tanto annunciata App governativa Immuni, con la quale, assicurano, non c’è concorrenza, ma una prevedibile integrazione.

I due sistemi lavorano su principi diversi: mentre Immuni utilizzerà la tecnologia Bluetooh, DiAry punta sulla geolocalizzazione: “due strategie diverse ma che possono interfacciarsi per diventare complementari” in vista di una finalità comune, ovvero monitorare e tenere traccia degli spostamenti e dei contatti quotidiani di ogni individuo, cosicché in caso di positività al Covid-19 sia possibile risalire ai luoghi e alle persone frequentati durante il periodo di incubazione. In poche parole, Immuni rileva e registra ogni contatto ravvicinato tra cellulari di persone diverse, Diary mantiene memoria dei luoghi in cui ogni giorno sostiamo: il bar, l’ufficio, il negozio, la casa della zia o dell’amante.

Quando una persona risulta positiva, le autorità sanitarie tramite App lanciano un alert che raggiunge i telefoni di chi è entrato in contatto con l’infetto nei giorni e nelle settimane precedenti, in modo da allertarlo e possibilmente metterlo in quarantena.

Tutto molto bello e funzionale, a prima vista.

Continue reading

Cosa ci sta succedendo? Di Jérôme Baschet

Molte domande e qualche prospettiva ai tempi del coronavirus

Mentre inizia la tanto attesa fase 2 con il suo carico di attese personali, speranze collettive e menzogne dei padroni, proponiamo la traduzione di un articolo di approfondimento apparso sulla rivista Lundimatin.

Questa quarantena ci ha sprofondato in una distopia digitale declinata al presente. La prospettiva storica di Jérôme Baschet ci aiuta a ricordare che i sistemi politici ed economici non sono immutabili. A noi scegliere la nostra parte.

Traduzione a cura della redazione. Una prima traduzione italiana, che abbiamo ripreso per questa versione aggiornata, è stata pubblicata sul sito www.reotempo.net.

Covid-19. Cronologia marchigiana (e non solo). Dic. 2019 – mag. 2020

Mantenendo razionalità e spirito critico stiamo anche noi seguendo l’evolversi della situazione Covid-19. E ci stiamo già interrogando su quali saranno le conseguenze (immediate e a lungo termine) sanitare, sociali, economiche e perfino culturali di questa “crisi” arrivata così all’improvviso. Per non perdere il filo degli eventi abbiamo intanto messo insieme una cronologia di quello che è accaduto nell’ultimo periodo, con focus sulla situazione marchigiana. Ci interessano, in particolare, le iniziative di resilienza, di solidarietà autogestita, di mutuo appoggio, gli scioperi e le agitazioni nei luoghi di lavoro, ma anche l’evoluzione della situazione sanitaria. I dati riportati nella cronologia provengono da fonti ufficiali, con tutti i loro limiti di cui siamo ben consapevoli (ad esempio, il sito della Regione Marche per il conteggio dei contagiati sul territorio e quello del Ministero della Salute per il dato nazionale, al netto delle discussioni sulle modalità utilizzate per calcolare queste cifre; il sito del Ministero dell’interno per i numeri relativi ai controlli di polizia).

La cronologia si ferma al 18 maggio 2020, giorno di inizio della cosidetta “Fase 2”.

Continue reading