Il primo caso si verifica a Saluzzo, in Piemonte, il 28 giugno 1884, proveniente dal Sud della Francia. La malattia che presto comincia a dilagare nonostante i cordoni sanitari dell’esercito è, ancora una volta, il temuto colera. Una malattia di origine batterica, infettiva e contagiosa, che provoca diarrea, vomito e in poco tempo una grave disidratazione: gli occhi si infossano, la pelle si riempie di rughe, la morte attende dietro l’angolo. La trasmissione deriva da cibo contaminato, da poca igiene e scarsa disponibilità di acqua potabile, per questo è più facile incontrarla nei quartieri popolari piuttosto che nelle dimore dei ricchi. Il colera attraversa l’Italia, ad agosto è in Liguria, Toscana, Emilia, a settembre il focolaio peggiore colpisce Napoli. Qui, nel giro di due settimane i malati si contano a migliaia, quasi tutti tra i bassifondi della città, i morti arrivano presto a più di 8.000. Oltre all’esercito, inviato anche a sedare i tumulti popolari che andavano nascendo, arrivano a Napoli alcuni gruppi di volontari. Tra loro chi si batteva per un mondo libero dall’ingiustizia e dalla miseria sociale: anarchici e socialisti.
Tra i primi volontari contro il colera di Napoli troviamo Andrea Costa. Era stato uno dei pionieri dell’internazionalismo rivoluzionario anarchico, grande protagonista delle lotte operaie e mito delle plebi romagnole, solo da qualche anno aveva intrapreso il non facile percorso, pieno di spine, violente polemiche, accuse di tradimento e amicizie infrante che l’aveva portato dall’anarchismo al socialismo, fino a sposare la lotta elettorale e a diventare, nel 1882, il primo deputato socialista eletto al Parlamento. Con lui, a Napoli, c’è Luigi Musini, giornalista e uomo d’azione, ex garibaldino, secondo deputato socialista d’Italia. Entrambi affiliati alla massoneria, avevano risposto all’appello del Grande Oriente d’Italia[i] e si erano aggregati alla Croce verde di Giovanni Bovio, gran maestro della loggia napoletana. Musini era medico, Costa gli faceva da infermiere: «si aggiravano fra i bassi di Napoli con le tre stellette massoniche sul petto e la croce verde sul braccio, soccorrendo gli ammalati, bruciando le suppellettili ed i vestiti nei quartieri dove il morbo aveva più colpito»[ii]. In ragione dei servizi prestati durante l’epidemia, saranno nominati membri onorari della loggia partenopea Italia.
Muoversi non era facile. Un caffè, un bicchierino di cognac e subito ci si ritrova alla Farmacia del Tigre, punto di raccolta dei volontari; da lì si parte verso i quartieri popolari con in borsa laudano, etere, chinino, disinfettanti, miscele eccitanti e unguenti. Oltre a evitare il bacillo Vibrio cholerae, Costa e Musini devono anche sopportare il costante pedinamento della polizia (è vero che ormai sono onorevoli deputati, ma erano entrati e usciti di galera si può dire fino al giorno prima). Tanto che il 15 settembre scrivono una protesta pubblica sul giornale “Roma”, suscitando un certo imbarazzo nel governo. Ricorda Musini nelle sue memorie:
«ieri ci capitò un bel caso. Stavamo con Costa girando per il quartiere del mercato a visitar infermi assieme al dottor Calì, quando il vetturino si accorse che un tale in vettura ci seguiva tenendo nota delle abitazioni da noi visitate. Temendo di equivocarci ordiniamo al vetturino di fermarsi artificialmente in vari punti e sempre quell’altro prende nota e ci segue. Allora il Calì smonta per vedere chi è e chiedergli ragione. Tosto lo riconosce per un appuntato di PS che, messo alle strette, confessa»[iii].
Di Chiara Fanelli e Eugenio Salvatori [QUI IL PDF] Estratti dalla tesi di laurea “Il biennio rosso nel riminese”, A. A. 2014/15 Di Eugenio Salvatori… Read More »Squadristi a Rimini (#8)