Ho pianto e ho riso.
Dal Piemonte in fiamme
Di Francesco Richetto, Bussoleno, Val di Susa
Provo a chiudere in poche righe alcuni tratti salienti di un’esperienza grande e dolorosa, gli incendi boschivi in Piemonte, in particolare in Val di Susa.
Riduco il mio racconto alla valle che molti conoscono per la lotta al progetto Tav Torino-Lione. Stringo sul territorio perché gli incendi piemontesi erano di una tale ampiezza, intensità e pericolosità che le persone impegnate nello spegnimento forse neanche a oggi hanno avuto la possibilità, se non con le immagini satellitari, di vedere l’intero territorio colpito. Esperienze che si sono dunque intrecciate da valle a valle lungo buona parte dell’arco alpino occidentale.
Da noi si inizia a Bussoleno il 22 ottobre e si chiude a Mompantero lunedì 30. Vento forte e pioggia che manca da oltre 90 giorni generano condizioni ottimali per un incendio senza eguali dal lontano 2003. Partono così i roghi da un primo piccolo focolaio, che in soli 30 minuti diviene ingovernabile da terra e inattaccabile dall’aria. Con gli elicotteri impossibilitati ad alzarsi, arrivano subito da Genova i canadair ma neanche per loro la sorte non è migliore. I lanci vengono nebulizzati e a terra non arriva pressoché nulla. La storia non cambia dal resto degli incendi piemontesi e italiani post riforma Madia. Vigili del fuoco incaricati dello spegnimento che per la prima volta provano le loro capacità con il livello più difficile possibile. Forestali spediti a fare le indagini che buttano mezzo secolo di cultura dello spegnimento boschivo nel cesso. Unica vera risposta l’azione territoriale, organizzata dalle forze AIB (volontari Antincendio Boschivo) e dai movimenti.
Provo dunque a lanciare due focus unici che forse hanno contraddistinto le esperienze del nord o meglio del Piemonte, per non essere banale e ripetere concetti ormai chiari a chi è andato a cercarsi un paio di notizie e spiegazioni in più, oltre i media scandal nazionali.
Gli antincendi boschivi AIB unici in Italia sono delle associazioni di volontariato di protezione civile. Nate alla fine degli anni Settanta come squadre comunali, poi regionali, oggi sono un fiore all’occhiello della macchina di protezione civile nazionale. La squadra di Bussoleno, paese in cui sono nato e in cui vivo, ha partecipato a tutte le più grandi missioni di soccorso dalla fine degli anni Novanta in Jugoslavia, passando per il dramma di
Haiti, ai terremoti dell’Aquila e di Amatrice o alle ricerche di Rigopiano. In ogni paese, anche il più piccolino, c’è una squadra con almeno un paio di pick up con motopompe ad alta pressione e un piccolo serbatoio per l’acqua.
Associazioni con un coordinamento di valle, provinciale e regionale, tanta passione per la montagna, rispetto per l’autonomia e la libertà di intervento, poca gerarchia e cultura militaresca, giusta risolutezza e organizzazione nel momento del pericolo. In soli 15 minuti dalla chiamata di un’amica che abita in montagna una squadra è attiva sul fronte delle fiamme, ma nulla può date le condizioni. In poche ore, alle 12 del 22 ottobre in tutto il Piemonte si sono attivate oltre 250 sezioni con circa 3000 volontari. A coordinare lo spegnimento i Vigili del fuoco che sapientemente colgono l’esperienza e la macchina “civile” ascoltando e muovendo con invidia i loro mezzi a seguire l’eccellente mobilitazione.
Il territorio tutto, sindaci, cittadini e movimento No tav diventa in poche ore bagaglio di relazioni e conoscenze unico. Posate le bandiere sui balconi si imbracciano le pale o le tute o le fasce da primo cittadino. Caso simpatico quello di Caprie, paese della bassa valle devastato dalle fiamme in cui Paolo è un sindaco No tav e allo stesso tempo capo squadra AIB della protezione civile. Apre il comune, apre il COC (Centro operativo comunale), coordina i Vigili del fuoco e i volontari e come in una marcia verso il cantiere del Tav si impegna per una settimana senza sonno per lo spegnimento. Causa le ferree leggi e i regolamenti, le squadre “ufficiali” rientrano col buio insieme agli aerei, ma tolte le tute “ufficiali” le persone continuano
di notte. Vietato il controfuoco (tecnica rischiosa che consiste nell’appiccare roghi controllati circondando l’incendio), viene in modo non pubblico usato la notte. Inizia così una battaglia campale, libera dai vincoli della macchina istituzionale, la quale si piega e ascolta assecondando e aiutando il movimento antincendio territoriale.
Sono, penso, due cose uniche che non vedevo in opera e, per fortuna, da tempo. Segnali che ci dicono come questo piccolo territorio sia cambiato e abbia saputo andare oltre la mera protesta, proponendo e costruendo una comunità nuova. Si dice che gli amici si vedono nelle difficoltà, abbiamo sperimentato anche durante l’incendio che queste non sono parole vuote.
Per me sono stati momenti unici, forse intensi come quelli del 2011 nella libera repubblica della Maddalena. Come in quei giorni ho vissuto in modo pieno la vita, libero dalla frustrazione di un presente difficile, coltivando e intrecciando relazioni uniche e vere. Ancora una volta avevamo un nemico più grande di noi, abbiamo combattuto, abbiamo perso il bosco, migliaia di ettari di natura, ma abbiamo salvato oltre 600 persone e tutte, ripeto tutte le loro abitazioni. Abbiamo perso un paio di borgate con seconde case, un danno immenso ma sono sicuro che sapremo ricostruirle. Non ci siamo fermati mai e mai abbiamo perso coraggio. Ho pianto e ho riso. Una mattina, dopo due giorni infiniti di fiamme, ricevo via radio: “AIB colonna Vercelli per regionale in partenza Valsusa”, sono scoppiato in lacrime. Decine di mezzi in arrivo. Non ci siamo mai sentiti soli e di questo dobbiamo veramente ringraziare tutti. Quando poi la situazione diventava drammatica, ad esempio nei corridoi pieni di fumo della casa di riposo di Susa con oltre 200 anziani da sgomberare, ecco arrivare il sorriso. In puro idioma locale “siete contenti? oggi andiamo a fare una bella gita! Guardate che bei pullman che ha mandato il sindaco”. E avanti a ridere spingendo carrozzine e radunando i pochi oggetti utili nella fuga. Anche qui niente danni, tutti a casa il giorno dopo con le fiamme spente a poche decine di metri dall’edificio.
Dai ministeri invece poco o nulla. Non ci siamo lamentati neanche per un minuto, cosa potevamo aspettarci da chi ogni giorno vuole farci diventare un corridoio bucando le nostre montagne?
Servirà ragionare a fondo e costruire dei percorsi unitari per mettere in sicurezza il territorio italiano, ottenere lo spostamento delle risorse dagli investimenti inutili. Portare con queste esperienze esempi concreti da cui ripartire. Pensare che il futuro è in mano nostra, nelle emergenze e nella vita quotidiana. Costruire percorsi conflittuali forti, radicali che sappiano essere però utili sempre e modifichino la nostra vita e il mondo che ci circonda dal primo giorno.
Allego alcune righe di ringraziamento al movimento No tav ricevute dopo la “battaglia” di Mompantero.
Mompantero, 29/10/2017
Salve, mi chiamo Riccardo, sono un caposquadra dei Vigili del fuoco, nella mia quasi trentennale carriera pensavo di aver visto di tutto di più, ma una simile devastazione del patrimonio boschivo per me è la prima volta.
Giunto a Mompantero da Torino mi venne affidato il compito di presidiare la frazione di Marzano, in quanto gli incendi boschivi avrebbero potuto interessare anche le abitazioni. Da subito mi attivavo per capire quali forze e mezzi avevamo, e venni preso dallo sconforto. I tagli voluti dalla politica si fanno sentire, pochi uomini, pochi mezzi e purtroppo alcuni solo parzialmente funzionanti, fra tutti avevamo solo due motoseghe.
Con due sole motoseghe era una partita già persa prima ancora di cominciare, ma la fortuna volle che a S. Giuseppe in mattinata incontrai Daniele, un mio amico d’infanzia, il quale mi disse che si stava adoperando con tanti amici No tav per ripulire le zone boschive vicino alle borgate. Non poteva offrire un aiuto migliore, un colpo di telefono e tempo meno di un’ora mi sono arrivati gli amici di Daniele. Così fra le nostre due motoseghe e i 14 colleghi, una squadra di operai forestali, qualche AIB e tanti ragazzi No tav volenterosi è stata fatta una pulizia di tutte le zone circostanti l’abitato fino a pochi minuti prima dell’arrivo delle fiamme, quando ormai era troppo pericoloso e vennero invitati ad abbandonare la zona.
Non saranno mai abbastanza i ringraziamenti per questi ragazzi e ragazze, che invece di perdere tempo a scattare foto col cellulare, si sono rimboccati le maniche e hanno fornito un aiuto indispensabile senza il quale molto probabilmente la frazione di Marzano non esisterebbe più.
Grazie da parte mia a tutti i colleghi permanenti e volontari e a tutti quanti hanno partecipato a qualsiasi titolo; anche solo portandoci qualcosa da bere hanno fatto un gran bel gesto di altruismo.
In 27 anni non mi sono mai tirato indietro davanti alle fiamme e non volevo farlo di certo oggi, grazie per avermi aiutato, e ricordate che l’unione fa la forza, loro ci vogliono divisi.
Riccardo