Di Tommaso, Apicoltura Corbecco
Come preannunciato, gli effetti della crisi climatica che la nostra epoca ha generato sono sempre più espliciti e invasivi. Gli anelli più delicati dell’ecosistema sono ovviamente i contesti in cui gli effetti risultano più visibili.
Dal punto di vista molto specifico del nostro mestiere osserviamo ormai da più di dieci anni un peggioramento della salute e della vitalità delle api. Ma è negli ultimi quattro o cinque che il fenomeno è ancora più evidente.
Le sofferenze, vecchie e nuove, di questi magnifici apoidei sono ormai veicolate dal carattere catastrofico e sincopato delle stagioni.
In particolare possiamo parlare degli inverni caldi, dei pesanti e reiterati ritorni di freddo in primavera avanzata (tre consecutivi quest’anno), della prolungata siccità estiva, del carattere dei venti e più in generale del susseguirsi di circostanze “estreme” nella nostra zona a clima ex-temperato.
È chiaro che questo è un genere di stress cui l’ecosistema fatica ad abituarsi e che mette a dura prova l’elasticità degli organismi.
Come allevatore di un animale mai addomesticato ho deciso anche in questa fase di non intervenire con la nutrizione se non, in estrema ratio, offrendo del miele prelevato dal magazzino a quegli alveari che stavano oggettivamente per morire di fame.
Ai colleghi che si sono convertiti a iniezioni di tonnellate di zucchero industriale sappiamo bene che non è andata meglio dal punto di vista della produzione; in compenso le fatture per l’acquisto dei prodotti per l’alimentazione artificiale hanno notevolmente peggiorato una situazione già drammaticamente in perdita.
Questo della nutrizione è solo un piccolo esempio, forse il più semplice da comprendere e da divulgare, a fronte di un’infinità di problematiche, scelte e modificazioni che oggi ci richiede il nostro mestiere e che ci portano sempre più in prima linea sul fronte del cambiamento e della sperimentazione.
L’ape infatti mantiene tutte le caratteristiche di integrazione con l’ambiente circostante proprie di un animale selvatico e oggi, più che mai, è importante non ostacolare le fasi di adattamento reciproco, rimettendoci il più possibile in mano alla pressione e selezione naturale.
Possiamo immaginare che la capacità di adattamento di questi insetti supererà le problematiche imposte dalle rapidissime modificazioni ambientali operate dalla società umana. Più che immaginarlo si tratta di una speranza. È richiesto da parte nostra il massimo impegno nell’osservazione e nel non ostacolare questo processo.
Non vale lo stesso discorso, ovviamente, per il nostro reddito di professionisti che abbiamo fatto del susseguirsi delle stagioni e della caducità dei fiori la materia della nostra sussistenza.
Negli ultimi dieci anni abbiamo visto infatti il lavoro quasi raddoppiare e complicarsi notevolmente. Di pari passo, invece, la produzione è costantemente diminuita.
Questa stagione è stata particolarmente drammatica su tutto il territorio nazionale. A macchia di leopardo, qua e là, abbiamo registrato alcune situazioni leggermente più “fortunate”, ma in generale il bilancio è disastroso e vien da dire che è il bilancio di un’epoca.
Qui da noi, soprattutto nelle aree interne appenniniche di Umbria e Marche, aver salvato le api è già un buon risultato. Già da giugno, sfidando un po’ la depressione, si è lavorato esclusivamente in funzione del mantenimento e in previsione della prossima primavera.
Sono tanti preziosi giorni sul campo, un contratto con il futuro, a tempo pieno e non retribuito. Tuttavia ai primi freddi inaspettati dell’autunno le api sembrano essersi stabilizzate e in buona salute, a dimostrazione che non ci sono più le mezze stagioni ma la primavera verrà.
Se può essere un esempio utile: nella nostra piccola azienda seguiamo al massimo 300 alveari. Grazie a questi fino al 2016 lavoravamo almeno 100 quintali di miele all’anno. Ma nelle ultime stagioni purtroppo ci eravamo assestati intorno ai 50 quintali scarsi. Nel 2021, festeggiando i nostri vent’anni di attività, con lo stesso impegno, gli stessi alveari hanno prodotto 5 quintali.
Quale miglior modo di esplicitare la fase storica?
Per questo scrivendo a clienti e appassionati ci viene da dire semplicemente di avere pazienza che non c’è limite al peggio e che il peggio probabilmente deve ancora arrivare.
Ci viene da dire che non c’è più prezzo che possa compensare la perdita e quindi prendetene semplicemente finché ce n’è, e impariamo a fare senza.
Ricordiamo che anche quest’anno non andremo in giro da colleghi e grossisti a comprare il prodotto da rivendere perché non ci piace come pratica, non l’abbiamo mai fatto e perché tanto anche volendo quest’anno non c’è!
Ci vien da dire che noi abbiamo molto lavoro da fare e che sarà un piacere farlo anche insieme.
Intanto per campare abbiamo deciso di reinventarci anche in altri mestieri... ma anche questa volta non abbandoneremo i nostri alveari.