Di Redazione
Redazione, Rivista Malamente n. 29 (giugno 2023)
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Rivista Malamente 29 – Edizioni Malamente

Il 1° maggio, in attesa di salutari sommosse e scioperi generali per fare “come in Francia”, qualcuno di noi ha partecipato alla manifestazione nazionale di Pesaro contro la costruzione di un biolaboratorio di “alta sicurezza” (ovvero di “alta pericolosità”) dell’Istituto zooprofilattico sperimentale Umbria-Marche, che è solo un tassello nella rete di nuovi biolaboratori previsti in Italia. Circa 8.000 le presenze, in larga parte provenienti dai movimenti contro il green pass; qualche influencer del dissenso sul palco ad arringare follower dall’età media decisamente alta, un crescendo di condivisioni social di immagini e video e un corteo silenzioso sfilato nel deserto della periferia. Eppure, nella ridondante e a tratti fumosa accozzaglia di discorsi (rivolti al popolo che – anche giustamente – non si fida dei poteri forti) c’è un nucleo di argomentazioni che nutrono la critica sociale e che hanno portato diversi anarchici ed ecologisti radicali a manifestare a Pesaro.
È necessario mantenere lucidità di analisi e capacità di adattare i propri paradigmi di pensiero alla veloce evoluzione del contesto contemporaneo, se vogliamo decifrare una società assediata dalle nocività e dai danni del suo stesso sviluppo, che tenta di difendersi accelerando la corsa senza limite delle biotecnologie, medicalizzando ogni aspetto della sua misera esistenza, puntando non solo a controllare ma a manipolare le basi della vita. Dietro a tutto questo non c’è la promozione della “salute”, ma le logiche di potere e di profitto, la lunga mano della ricerca militare, la visione di un’umanità sempre più dipendente dalle tecnologie, sempre meno in equilibrio con il pianeta che la ospita, sempre meno capace di autonomia nel suo stare al mondo, confinata a una vita controllata e sicura, a misura di stabulario.
Pochi giorni dopo, il 6 maggio, mentre stavamo chiudendo il numero, l’iniziativa del movimento femminista e transfemminista Non una di meno ha portato in piazza ad Ancona più di 2.000 persone per denunciare lo schifo del “modello Marche” di applicazione delle politiche anti-abortiste e bigotte della destra di governo. Dai soliti noti della sinistra di palazzo, fino ai Centri sociali delle Marche, c’erano proprio tutti/e, ma mentre il corteo colorato e giovane arrivava sotto la statua dell’imperturbabile conte Cavour, poche centinaia di metri più in là i padroni della città gongolavano protetti da tutto l’arsenale della questura anconetana. E, due giorni dopo, il centro cittadino ha ospitato festante il comizio di Meloni, Salvini e Tajani a sostegno del candidato del centro-destra. Una città forse troppo al passo con i tempi, quelli cupi.
In questo scenario continuiamo a fare il nostro lavoro editoriale, culturale e politico facendo crescere il progetto Malamente con nuovi collaboratori e collaboratrici, con molti testi in arrivo per la casa editrice e molti altri in preparazione e con un rinnovato slancio di attività culturale sul territorio delle Marche.
Dopo le proteste di febbraio e marzo scorsi non abbiamo smesso di pensare alla situazione di Alfredo Cospito e di tantissimi detenuti e detenute in condizioni disumane. Abbiamo quindi deciso di dare voce agli scritti del prigioniero più conosciuto d’Italia perché odiamo la censura e l’ipocrisia e ci sembra che di questi tempi possiamo imparare qualcosa anche da quello che ha scritto in carcere e dal suo sciopero della fame durato sei mesi. Non condividiamo tutto il suo percorso di lotta politica ma abbiamo molti nemici in comune e questo ci basta sicuramente per chiedere la sua liberazione e la fine del regime di tortura carceraria.
Il numero che avete in mano come sempre spazia dal locale al globale, dall’Abruzzo dove resiste il battagliero progetto del Campetto occupato in una città solidale che fa rosicare sindaco e questore, al Mozambico devastato dall’estrattivismo fossile, passando per tanti altri temi come educazione, sanità, lotta agli allevamenti intensivi, critica al transumanesimo ecc. Oltre a sfortune e repressione possiamo raccontare anche esperienze positive e generative come il progetto di Casa Galeone, nel maceratese, o la rete italiana dei Sollevamenti della terra. Infine, quando avevamo già redatto l’intervista a Giorgio Sacchetti sugli anarchici e le loro scelte di fronte alle guerre del Novecento, ci è arrivata la terribile notizia della morte a Bakhmut, Ucraina, il 19 aprile, di tre combattenti internazionalisti: Dmitriy «Leshy» Petrov, Finbar «Chia» Cafferkey e Cooper «Harris» Andrews. Nelle loro biografie la guerra non appare come un valore in sé o come qualcosa da celebrare ma come un elemento tragico e inevitabile nei conflitti per l’emancipazione delle classi subalterne. C’è un filo rosso che unisce le lotte nelle metropoli degli Stati Uniti e della Russia, nelle campagne dell’Irlanda e del Rojava, con quello che sta succedendo oggi sul fronte est dell’Ucraina. Sulle loro storie, ideali e progetti abbiamo scritto l’articolo Altri fiori, altri partigiani, che trovate sulla pagina web di Malamente.