di Aude Vidal (testo rivisto da Laura Morosini)
[da Rivista Malamente n. 34, ottobre 2024. QUI IL PDF]
Come Edizioni Malamente abbiamo partecipato al progetto “Navigare la transizione: voci di un territorio che cambia” realizzato dall’associazione Diciassette insieme ad alcune realtà e voci del territorio marchigiano, come il Laboratorio Falkatraz, l’azienda agricola “Butrigo” di Francesca Pascucci, il docente di filosofia Vereno Brugiatelli e Lorenzo Lucchi, guida ambientale e operatore in suonoterapia. Cosa è successo? Il 1° giugno ci siamo ritrovati alla Casa dell’Ecologia, a Fano, per una conversazione e scambio di opinioni sul tema della transizione ecologica e della transizione “giusta”. Nel contesto delle sfide globali che affrontiamo oggi, il tema della transizione assume un’importanza cruciale, poiché non possiamo permetterci di lasciare indietro né il territorio né le persone. È essenziale che il percorso verso un futuro sostenibile sia intrapreso in modo equo e inclusivo, rispettando le comunità, l’ambiente e la salute collettiva, senza alimentare nuove forme di disuguaglianza o individualismo che potrebbero compromettere il benessere di tutti e tutte. Per mettere in luce alcune criticità sugli aspetti più individualisti della nostra partecipazione alla transizione ecologica, abbiamo presentato un libro pubblicato all’inizio dell’anno: “Egologia. Ecologia, individualismo e corsa alla felicità” di Aude Vidal. L’autrice ha condiviso con noi un commento che i partecipanti all’evento del 1° giugno hanno potuto ascoltare alla fine dell’intervento. Attraversando il tema dell’ecologismo e dell’individualismo, Aude Vidal mette in luce come lo “sviluppo personale” possa fare più male alla salute condivisa di quello che crediamo.
Nel XIX secolo, la salute era una questione centrale nelle lotte operaie. Le condizioni materiali della vita delle classi povere – dovute alle condizioni di lavoro, alla mancanza o alla scarsa qualità dei cibi, all’igiene insufficiente – ne danneggiavano i corpi e i socialisti le documentavano e le denunciavano. La salute, infatti, è spesso una questione di vita o di morte, e dovrebbe essere una preoccupazione condivisa. Tuttavia, sorprendentemente, la sinistra oggi le dedica poca attenzione.
Gli ecologisti, invece, considerano la salute sia dal punto di vista fisico che psicologico: viviamo in una società che ci fa male in vari modi. In Francia, sono tra i pochi a concentrarsi sulla prevenzione delle malattie, andando oltre quelle di origine professionale. Al contrario, una parte della sinistra pensa solamente alle cure e a come finanziarle. Sebbene questo sia importante, non è sufficiente. Dagli anni Settanta il pensiero ecologista ha sollevato questioni esistenziali cruciali per il benessere e lo scopo della vita sociale: perché lavorare se lavorare ci fa male? Cosa significa vivere bene?
Ma oggi, nella vasta sfera dell’ecologismo, e in particolare in quella che mi interessa di più, il mondo dell’ecologia alternativa (che si concentra non sul cambiamento istituzionale, ma sul vivere diversamente e offrire esempi di un modo di vita alternativo), il tema della salute non riceve l’attenzione che merita. C’è una grande confusione tra le lotte per la salute collettiva e una visione molto individualistica della salute come un bene personale, che si esprime attraverso la cura di sé, le terapie alternative, le pratiche spirituali, lo sviluppo personale, e tutto ciò che in Italia chiamate “salutismo”.
Chi già gode di buona salute e felicità trova in questo mondo molte idee per migliorare ulteriormente il proprio benessere. Tutto questo non riguarda solo l’ecologismo: la mancanza di prospettive sociali e politiche invita ciascuno a investire di più nelle strategie individuali. Lo vediamo nel tema della salute, ma può essere lo stesso per l’educazione, il lavoro e la sua retribuzione, e così via.
Lo sviluppo personale, come si vive nelle cerchie ecologiste, è al cuore della mia riflessione in Egologia. Questo tema, insieme a quello di come si vivono le ineguaglianze sociali ed economiche all’interno di questa cerchia, sono due tematiche strettamente correlate.
Lo sviluppo personale si può considerare come un insieme di idee banali e di buon senso. Tuttavia, è anche un’ideologia radicata nel liberalismo economico statunitense, influenzata dalla New Age e da altre correnti. Lo sviluppo personale non è particolarmente legato all’ecologismo, ma piuttosto al liberalismo. Nonostante queste radici diverse, c’è una convergenza tra l’ecologia alternativa e il movimento dello sviluppo personale, specialmente riguardo alla salute. Questo fenomeno è stato studiato dal sociologo Nicolas Marquis, che ha esplorato la relazione tra i lettori di libri sullo sviluppo personale e il pubblico dei negozi bio e delle cerchie ecologiste.
Al cuore di questa ideologia, secondo Nicolas Marquis, c’è l’idea che ognuno ha dentro di sé le capacità per essere felice e in buona salute. Questa idea, che sembra molto democratica (siamo tutti uguali!), in realtà rivela una visione aristocratica, poiché mette in risalto le disuguaglianze. Come vengono spiegate? Si afferma che alcune persone, pur avendo tutte le opportunità per avere successo, hanno fallito e quindi non possono incolpare la società, le condizioni materiali o gli altri, ma solo se stesse. In questo modo, lo sviluppo personale diventa un’arma politica liberale che ci fa dimenticare che dobbiamo socializzare le condizioni materiali del benessere invece di lasciare ciascuno solo, lasciando ciascuno libero come una gallina e una volpe (una libertà che avvantaggia i potenti e abbandona i deboli). Perciò, dobbiamo vigilare affinché le alternative ecologiste non creino un mondo altrettanto liberale di quello che critichiamo.