La fionda artigianale in legno
Di Captain Swing [QUI IL PDF]
La nascita della fionda così come la intendiamo oggi risale a non oltre l’invenzione della gomma vulcanizzata da parte di Charles Goodyear nel 1839 (brevettata nel 1844). Il primo modello prodotto commercialmente è la Zip-Zap in ghisa del 1918, ma l’aumento di popolarità e diffusione si ha solo nel secondo dopoguerra a partire dal modello Wham-O in legno di frassino e, soprattutto, grazie alle infinite varietà delle realizzazioni artigianali.
L’antenato della fionda è la frombola, la cui origine è sconosciuta ma che certamente risale a tempi preistorici, costituita da due corde unite da una tasca contenente l’oggetto da lanciare. Tenendo un’estremità legata al dito, la frombola viene fatta roteare velocemente per poi aprire la mano e lasciare libera la seconda estremità, in modo che la forza centrifuga faccia partire il proiettile in velocità. Arma tipica delle società nomadi e pastorali, il più famoso esempio di utilizzo è la storia biblica di Davide e Golia, del X sec. a.C.: com’è noto, il piccoletto armato di un sasso, tanto coraggio e fede nel suo Dio ha la meglio sulla violenza bruta del gigante. In guerra era impiegata dai reparti di frombolieri, non direttamente arruolati nell’esercito romano ma presenti in truppe ausiliarie di soci o alleati. Talvolta le corde erano montate su lunghi bastoni (mazzafionda) che prolungando il braccio del lanciatore permettevano una maggiore gittata e consentivano di scagliare proiettili di piombo pesanti fino a 400 grammi.
La frombola attraversa tutto il Medioevo: è un’arma “povera”, utilizzata come strumento da caccia e insieme agli attrezzi agricoli per la difesa da parte dei contadini, mentre le armi vere e proprie erano appannaggio delle classi sociali più abbienti. In età moderna compare incidentalmente anche sulle pagine di Galileo, per confutare le argomentazioni non scientifiche di un gesuita che coi giri di frombola sosteneva si potesse nientemeno che cuocere le uova[1]. Oggi fionde e frombole continuano a essere strumenti di semplice realizzazione e di discreta efficacia. Al di là dell’uso ludico, sono protagoniste di tutti quei contesti di rivolta popolare in cui volano pietre, amplificando i lanci. Le abbiamo viste nelle piazze occidentali e, in mano a giovani palestinesi, sono diventate nell’immaginario collettivo uno dei simboli dell’Intifada.
Le componenti
Il telaio di una fionda, detto “forcella”, è la parte rigida e biforcuta che si tiene in mano. Le forcelle possono essere di vari materiali: metallo, plastica, legno. Anche un semplice tondino di ferro opportunamente ripiegato per fargli assumere la classica forma ad Y può diventare un telaio da fionda. Le forcelle in legno possono venire ritagliate da tavole multistrato, con il vantaggio di poterne scegliere e disegnare la forma, oppure possono essere prese direttamente dai rami degli alberi. Quasi tutti i tipi di legno vanno bene, nelle nostre zone appenniniche tra i tagli più adatti abbiamo roverella (quercia), ciliegio, carpino, faggio, castagno, orniello (frassino). Anche l’olmo si presta bene per la sua flessibilità, tanto che la forcella può essere addirittura modellata direttamente sull’albero, posizionando per tempo dei tutori che faranno prendere al ramo in crescita la forma voluta. Per creare forcelle da legno naturale l’aspetto più importante è che il taglio venga effettuato al momento giusto: l’ideale è durante la luna vecchia di febbraio, in tal modo il ramo resterà privo, o quasi, di linfa.
L’elastico è la componente più importante, è lui che immagazzina e rilascia energia e che fa la differenza in una fionda. Gli elastici possono essere tubolari oppure piatti, in lattice o gomma. I tubolari, nonostante vengano utilizzati per motivi di praticità in quasi tutte le fionde commerciali, hanno bisogno di un’elevata forza di trazione in rapporto alla potenza di uscita e garantiscono minore precisione rispetto a quelli piatti; nelle armerie o nei negozi di caccia e pesca si trovano, come pezzi di ricambio, già pronti e completi di toppa.
Per quanto riguarda gli elastici piatti, vanno bene quelli semplici a fascetta, in gomma, che si trovano comunemente in cartoleria, mentre se si vuole andare sul lattice il miglior tipo è il Thera-Band, di solito utilizzato per esercizi di fitness e per fisioterapia. Thera-Band è reperibile in fasce elastiche di differenti lunghezze, larghe circa 15 cm, che andranno ritagliate per ricavarne strisce adatte al lancio. È disponibile in diversi colori, che indicano diverso spessore e resistenza: dal beige (“extra sottile”, 0,1 mm di spessore) al giallo, rosso, verde, blu, nero, argento, per finire con il colore oro (“massima resistenza”, 0,6 mm di spessore); con un allungamento del 100% della misura iniziale si esercita una forza che va dai 0,9 kg dell’elastico beige ai 9,8 kg dell’oro.
La toppa portaproiettile deve essere morbida ma robusta, se è troppo fina rischia infatti di strapparsi ai lati dove è fissata all’elastico. Può essere in cuoio, pelle di canguro (leggerissima, robusta e morbida), ma anche in materiali di origine non animale. Le munizioni più comuni sono biglie di vetro o acciaio e sassi, tenendo presente che più il proiettile è sferico meglio seguirà la traiettoria impressa dal lancio. Altre componenti accessorie, non necessarie in una fionda di semplice realizzazione artigianale, sono il sostegno che si appoggia sull’avambraccio per impedire al polso di piegarsi, lo stabilizzatore centrale, le bande di mira tra i bracci della forcella e ulteriori diversi strumenti (una fionda dotata del supporto adeguato può, ad esempio, anche scoccare frecce).
La costruzione
Tenendo fermi i principi base della meccanica di una fionda e facendo sempre attenzione alle regole di sicurezza e buon senso, non c’è limite alla fantasia nella costruzione (su internet si possono trascorrere giornate intere a leggere e discutere sui forum specializzati, quasi tutti in inglese, in genere però frequentati da ambigui appassionati di armi e patiti di caccia). Vedremo qui di seguito i passaggi per la costruzione di un modello base di una semplice ed economica fionda in legno naturale.
Gli strumenti
Gli strumenti necessari sono: una sega per tagliare il ramo, un buon coltello, una raspa tonda e della carta vetrata. Servirà un taglierino per gli elastici piatti e un trapano nel caso si vogliano usare elastici tubolari; utile ma non indispensabile una pinza fustellatrice per praticare i buchi sulla toppa.
La forcella
Il punto di partenza è la scortecciatura e sgrossatura preliminare della forcella. I bracci vanno ridimensionati fino a renderli uguali tra loro, l’impugnatura può essere resa completamente liscia o con le scanalature per il posizionamento delle quattro dita. Una fionda di medie dimensioni ha bracci lunghi 10 cm, con una distanza tra le loro estremità sempre di 10 cm.
Una volta sagomata, la forcella andrà modellata (se si è scelto con cura il ramo adatto, questo passaggio potrebbe anche essere saltato). Prima di procedere a questa operazione è bene lasciarla qualche ora sopra una fonte di vapore, anche una semplice pentola con acqua bollente, in modo che il legno si ammorbidisca. La “messa in forma”, per la quale ci si può aiutare con dei morsetti, riguarda due aspetti. Il primo è il punto di biforcazione, che deve prendere la giusta curvatura, per questo vi si incastra un tondino o un’asticella di legno mentre un filo di ferro tiene in tiro le estremità dei bracci verso l’interno. Il secondo aspetto è l’asse di allineamento dei due bracci rispetto al piano dell’impugnatura. La forcella rimane in forma fino ad avvenuta asciugatura, la cui durata dipende dalle condizioni climatiche: se c’è vento caldo sarà sufficiente qualche giorno, altrimenti sono necessari anche un paio di mesi. Una scorciatoia per asciugare e togliere la linfa al legno è l’utilizzo del forno a microonde; avendo cura di avvolgere la forcella in uno scottex o in un canovaccio si imposta il programma defrost per quattro cicli di un minuto ciascuno, lasciando riposare il legno tra l’uno e l’altro. Va ricordato che se il legno è stato tagliato dalla pianta nel periodo della luna vecchia di febbraio l’operazione di asciugatura sarà ridotta al minimo.
Si passa poi a realizzare le guide per gli elastici. Se si monteranno elastici piatti va praticata con la raspa tonda un’incisione circolare profonda qualche millimetro a distanza di circa mezzo centimetro dalle estremità dei bracci. Se si useranno elastici tubolari vanno invece creati con il trapano due fori, prima con una punta piccola da 4 e poi ripassando il buco con una punta da 8; nei bracci della forcella dovranno rimanere almeno 5 mm di spessore per parte (quindi il diametro complessivo del braccio non deve essere inferiore ai 18 mm). Un’ulteriore variante consiste nel praticare un taglio verticale sulle cime dei bracci, profondo circa un paio di cm, su cui poi si potrà andare a fissare il comune elastico piatto di gomma.
La fase seguente è la sfinatura, da fare con carta vetrata fine per rendere ben liscia la superficie del legno. Successivamente la forcella va messa a bagno in una soluzione antitarlo, poi passata con impregnante ad acqua e infine leggermente strofinata con carta vetrata finissima per togliere la patina superficiale. Se invece di far risaltare il legno naturale la si volesse decorare è possibile utilizzare in questa fase colori acrilici. Come ultimo passaggio, la forcella va trattata con cera d’api (o prodotti alternativi vegetali). È preferibile che il legno venga riscaldato prima di ricevere la cera, così da assorbirla meglio, quindi si procede a strofinare con un panno di lana per togliere l’eccesso e rifinire la forcella fino a lucidarla: queste operazioni riescono meglio se fatte al caldo, davanti al camino o a una stufa.
Gli elastici
La distanza tra il polso teso in avanti e il punto sulla guancia fino al quale si tende l’elastico, detto “punto di ancoraggio”, è in un adulto di circa 70-80 cm. Per garantire una vita abbastanza lunga all’elastico, senza sottoporlo a eccessive sollecitazioni, bisogna prevedere un allungamento di circa tre o quattro volte la sua misura iniziale. Pertanto, in linea di massima, possiamo utilizzare elastici di 23-25 cm., considerando che qualche centimetro andrà perso per i fissaggi alla forcella e alla toppa. Oltre alla lunghezza un altro fattore da considerare è la rastrematura o conicità. Un elastico più largo alla forcella e più sottile alla toppa sviluppa un’accelerazione maggiore, ma tende ad usurarsi più velocemente; è particolarmente utile tenere in considerazione questa caratteristica quando l’elastico viene ritagliato da fasce Thera-Band.
In rete si possono anche trovare dei fogli di calcolo che in base a una serie di parametri da impostare (apertura del tiratore, peso dei proiettili, tipo di bande elastiche e bilanciamento tra potenza sviluppata e loro durata) indicano lunghezza e fattore di rastrematura ideale dell’elastico, o degli elastici nel caso ne vada utilizzato più di uno per lato[2]. Per gli elastici tubolari si parla invece di pseudo-rastrematura, che può essere ottenuta in due modi: utilizzando, a partire dalla forcella, un tubolare con potenza maggiore seguito da un tubolare con potenza inferiore, legati da opportuna giunzione, oppure non fissando l’estremità dell’elastico alla forcella ma facendolo tornare indietro verso la toppa in modo che per una certa lunghezza risulti doppio.
L’elastico piatto va fissato alla forcella posizionandolo nella scanalatura già predisposta, facendo attenzione che tutte le parti del legno a contatto con l’elastico siano ben levigate. Per stringere e legare si può utilizzare un comune cordino o, meglio, striscioline di Thera-Band larghe 2-3 mm e lunghe 5-6 cm, da arrotolate attorno all’elastico mentre quest’ultimo viene mantenuto in tensione. Giunti a metà della strisciolina si pone uno spago ad asola, vengono fatti ulteriori giri e quindi va inserita l’estremità nell’asola, in modo che tirando lo spago l’estremità della strisciolina finisca sotto i giri precedentemente fatti, fissando in sicurezza l’elastico.
Nel caso di elastici tubolari, questi vanno inseriti nei buchi fatti con il trapano e fissati inserendovi una pallina di acciaio da 8, cioè dello stesso diametro del buco che, sommato allo spessore della gomma, terrà saldamente fermo l’elastico.
La terza variante di fissaggio alla forcella riguarda i comuni elastici a fascetta che, se non vengono tagliati per ricavarne strisce singole, possono essere adoperati nella loro forma circolare. In tal caso si utilizza la forcella con taglio verticale sui bracci, in cui infilare l’elastico per poi rigirarlo su se stesso: ogni lato della fionda avrà così doppie fasce elastiche.
Quando infine si fissano gli elastici alla toppa portaproiettile va tenuto conto che è di fondamentale importanza la simmetria della fionda, pertanto la lunghezza dell’elastico utile deve essere uguale in entrambi i lati. Anche in questo caso si possono utilizzare striscette di Thera-Band o un semplice cordino. Nel secondo caso è bene eseguire il nodo di tipo “constrictor knot”, che garantisce ottimo fissaggio e stabilità sotto tensione.
Il tiro
Se usare una fionda è tutto sommato facile, molto meno lo è colpire il bersaglio. Come nel tiro con l’arco, il corpo va tenuto in posizione laterale, non frontale, rispetto alla traiettoria di mira. Lo sguardo va rivolto al bersaglio con un angolo di circa 40°. La posizione della forcella, a seconda delle abitudini, può essere con i bracci in verticale oppure paralleli al terreno.
Per prendere bene la mira bisogna conoscere qual è il proprio occhio dominante. Esattamente come per le mani, per cui si è destri o mancini, anche per gli occhi ce n’è uno che usiamo di preferenza. Un semplice test per sapere qual è l’occhio “migliore” consiste nell’allungare le braccia davanti a sé e avvicinare le mani lasciando un piccolo foro tra loro in cui inquadrare un oggetto a media distanza. Le mani dovrebbero diventare sfuocate, mentre l’oggetto rimanere chiaro e a fuoco. Ora basta chiudere alternativamente prima un occhio poi l’altro; quando è aperto uno dei due occhi l’oggetto esce dall’inquadratura, quando è aperto l’altro occhio l’oggetto rimane all’interno della finestra: quest’ultimo è il proprio occhio dominante, col quale prendere la mira.
Il punto di ancoraggio dove arriva la mano che tende l’elastico è sulla guancia, all’incirca all’angolo della bocca. Più si abbassa il punto di ancoraggio più la traiettoria del proiettile andrà verso l’alto, e viceversa.
Disclaimer
Una fionda non ben costruita è uno strumento pericoloso: ricevere l’elastico in velocità su un occhio o il proiettile su un dito non sono esperienze piacevoli! Ricordatevi sempre che una fionda non è un giocattolo e può esprimere potenze anche molto superiori ad armi che richiedono per l’acquisto licenze specifiche (come armi ad aria compressa con potenza maggiore di 7,5 joule) e, quindi, può procurare lesioni gravi a se stessi e ad altri. La legge, inoltre, non è affatto tenera verso chi gira per strada o, peggio, partecipa a manifestazioni pubbliche armato di fionda “senza giustificato motivo”. In nota trovate i riferimenti normativi[3]. Sapevatelo!
[1] Ne Il saggiatore Galileo confuta quanto affermato da Lotario Sarsi (sotto il cui nome si cela il gesuita Orazio Grassi) che, partendo dal moto delle comete, aveva finito per tirare in ballo anche antiche testimonianze sulle conseguenze della velocità di una frombola sulle uova: “io non posso non ritornare a meravigliarmi – scrive Galileo – che pur il Sarsi voglia persistere a provarmi per via di testimonii quello ch’io posso ad ogn’ora veder per via d’esperienze. […] Se il Sarsi vuole ch’io creda a Suida che i Babilonii cocesser l’uova col girarle velocemente nella fionda, io lo crederò; ma dirò bene, la cagione di tal effetto esser lontanissima da quella che gli viene attribuita, e per trovar la vera io discorrerò così: «Se a noi non succede un effetto che ad altri altra volta è riuscito, è necessario che noi nel nostro operare manchiamo di quello che fu causa della riuscita d’esso effetto, e che non mancando a noi altro che una cosa sola, questa sola cosa sia la vera causa: ora, a noi non mancano uova, né fionde, né uomini robusti che le girino, e pur non si cuocono, anzi, se fusser calde, si raffreddano più presto; e perché non ci manca altro che l’esser di Babilonia, adunque l’esser Babiloni è causa dell’indurirsi l’uova, e non l’attrizion dell’aria», ch’è quello ch’io volevo provare”. Per inciso: sulle caratteristiche delle comete, il gesuita aveva ragione.
[2] Cfr. <http://www.aresi.eu/calcolatore-theraband.html>.
[3] La legge 18 aprile 1975, n. 110, “Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi”, all’art. 4 “Porto di armi od oggetti atti ad offendere” (con le successive modifiche introdotte dal d. lgs. 26 ottobre 2010, n. 204), prescrive: “Senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona […]. Il contravventore è punito con l’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro. Nei casi di lieve entità, riferibili al porto dei soli oggetti atti ad offendere, può essere irrogata la sola pena dell’ammenda. La pena è aumentata se il fatto avviene nel corso o in occasione di manifestazioni sportive. […] Chiunque, all’infuori dei casi previsti nel comma precedente, porta in una riunione pubblica uno strumento ricompreso tra quelli indicati nel primo o nel secondo comma, è punito con l’arresto da sei a diciotto mesi e con l’ammenda da 2.000 euro a 20.000 euro”.