Intervista collettiva di Luigi agli scout e alle scout del CNGEI Sezione di Fermignano (PU) Da Rivista Malamente #23 (novembre 2021)
Può una rivista che si chiama “Malamente”, scritta e letta da dei poco di buono, parlare di scautismo? Forse qualcuno/a storcerà il naso, convinto che gli scout siano giovani soldatini di Cristo e di Baden-Powell o, al limite, bravi/e ragazzi/e in grado di accendere un fuoco e stringere nodi, ben disciplinati in un’organizzazione gerarchica.
Con questa intervista collettiva al Grufe – la Sezione scout di Fermignano (PU) –, vogliamo smontare alcuni pregiudizi consolidati ma fuorvianti.
Agli inizi di marzo il sito Dinamo Press – che si definisce come un progetto di informazione indipendente nato dalla cooperazione tra diversi spazi sociali di Roma, giornalisti professionisti, ricercatori universitari, video maker e attivisti – ha pubblicato un articolo di Angela Pavesi e Michele Dal Lago intitolato “Una selva molto oscura. Il neoliberismo comunitarista delle scuole parentali e libertarie”. Mettendo in un unico calderone esperienze educative tra loro anche molto diverse, gli autori attaccano duramente tutte le realtà che si muovono esternamente alla scuola statale, identificata come l’unica scuola pubblica possibile, al di fuori della quale ci sarebbe solo la giungla del modello neoliberista. Pubblichiamo una replica di Francesco Codello, pedagogista, tra i fondatori della Rete per l’educazione libertaria, che è stato dirigente scolastico ed è da lungo tempo impegnato nella ricerca storico-educativa. Codello ha parlato ai microfoni di Radio Blackout, nella rubrica Anarres condotta da Maria Matteo, difendendo le esperienze concrete di educazione libertaria che, tanto oggi quanto nella loro ormai lunga storia, si sono sviluppate come strumenti di cambiamento sociale in senso antiautoritario: riportiamo qui il dialogo radiofonico con l’autorizzazione dell’autore, e ci ripromettiamo di tornare sul tema anche sulle pagine di Rivista Malamente.
[Maria Matteo] Vuoi raccontare brevemente cosa dice l’articolo pubblicato su Dinamo Press o preferisci partire dalla realtà delle scuole libertarie?
[Francesco Codello] Preferisco sicuramente partire dalle nostre idee e dalle nostre pratiche, perché ritengo quell’articolo pubblicato da Dinamo Press violento nei toni, inqualificabile, che sprigiona ignoranza e/o malafede. I toni e i modi, oltre che i contenuti, non stimolano l’apertura di un dibattito, non aiutano il confronto e nemmeno spingono a fare riflessioni e autocritiche, peraltro sempre necessarie. Nel corso della discussione spero di riuscire a far emergere alcuni concetti importanti sia dal punto di vista storico che attuale, che in quell’articolo non vengono minimamente considerati.
[M.M.] Cominciamo allora con il dissipare un po’ di confusione, che certamente Dinamo Press ha contribuito ad alimentare, perché il percorso delle scuole libertarie non può essere equiparato alla sola educazione parentale, né tantomeno a percorsi come quelli delle scuole private, confessionali o di altro genere.
[F.C.] Partirei da una prima considerazione: gli autori dell’articolo che esprimono questi giudizi, e portano un così duro attacco all’educazione libertaria, palesano una profonda ignoranza di tutta la storia dell’educazione libertaria. Non sanno nulla, almeno così traspare dall’articolo, di una storia della quale noi siamo orgogliosamente fieri, che ci appartiene e di cui sentiamo anche la responsabilità. Quando si intraprendono pratiche di educazione libertaria si deve infatti sentire il senso di appartenenza a una tradizione che ha segnato profondamente il rinnovamento della pedagogia nel corso della storia. A cominciare da William Godwin, che per primo parlò contro l’idea di un curricolo scolastico unico e quindi di gestione in esclusiva del sistema scolastico da parte dello Stato, per arrivare fino alle esperienze concrete dei giorni nostri.
C’è poi anche una profonda ignoranza di ciò che si è dibattuto e discusso nella storia della scuola italiana. Tra il 1900 e il 1926, cioè fino all’imporsi delle leggi cosiddette “fascistissime”, la scuola italiana ha subìto due grandi processi di cambiamento: la legge Daneo-Credaro del 1911 e la riforma Gentile del 1923. Mi soffermo in particolare sulla legge Daneo-Credaro, con la quale lo Stato italiano, in ritardo di molti anni rispetto ad altri paesi europei, avoca a sé la gestione e quindi l’organizzazione delle scuole di base, così si chiamavano le elementari, che fino ad allora erano state a gestione comunale. Questa legge rappresenta sicuramente un importante passaggio, anche in senso positivo, ma dà inizio anche a un percorso di statalizzazione esclusiva dell’organizzazione scolastica. Tra gli anarchici si sviluppa in quegli anni tutto un dibattito che possiamo semplificare nella domanda: scuola laica o scuola libera? Cioè era positivo il tentativo di togliere la scuola dal condizionamento clericale, perché era questo che succedeva con la scuola a gestione comunale, soprattutto nei piccoli comuni che rappresentavano la maggior parte del tessuto sociale italiano, ma d’altra parte a questa idea di scuola laica veniva contrapposta un’idea di scuola libera.
Abbiamo intervistato una delle fondatrici del comitato Priorità alla scuola (PaS) nelle Marche, che in questi mesi di relativa passività e rassegnazione delle lotte sociali nella nostra regione è stata una voce forte e attiva. Ci mettiamo in ascolto di questa iniziativa in difesa della scuola pubblica, anche se siamo sempre stati critici verso gli aspetti più istituzionalizzanti, disciplinari e repressivi della scuola di Stato. Pensiamo infatti che la scuola oggi vada difesa non come istituzione statale ma come spazio di relazione sociale pubblico, per trasformarla radicalmente e non per salvare il modello che anche prima della pandemia aveva troppi difetti. Dirigenti e insegnanti, tra l’altro, non stanno dando generalmente una bella prova, accettando con troppa facilità il nuovo paradigma autoritario, verticale, trasmissivo e passivizzante che si esprime nella quasi totalità delle attività svolte in didattica a distanza.
Quando
e perché è nato il comitato di Priorità alla Scuola delle Marche? Da chi è
composto?
Il Comitato Marche del movimento Priorità alla Scuola (PaS) è nato il 27 maggio 2020 dalla volontà, ma anche dalla disperazione, di tre madri lavoratrici anconetane Silvia Mariotti, Livia Accorroni e Valentina Rubini che – lo raccontiamo sempre – non si conoscevano nemmeno tanto bene e disponevano soltanto di una chat Whatsapp. Inizialmente denominato Comitato di Ancona, il gruppo è nato in risposta alla lettera-petizione indirizzata alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, pubblicata su AVAAZ il 18 aprile 2020 da un gruppo di madri, docenti, professioniste che chiedevano a gran voce che fine avessero fatto le scuole nel piano nazionale previsto dalla Fase 2 e pretendevano che l’istruzione tornasse al centro dell’agenda politica. Quelle scuole che infatti erano state la prima attività a dover essere interrotta, alla fine di febbraio non venivano nemmeno citate dai proclami della Fase 2 e 3, quando – per ricordarlo a tutti – si poteva ricominciare ad andare dall’estetista, in palestra, nei bar e ristoranti, e successivamente anche in discoteca, ma non si poteva in alcun modo rientrare negli edifici scolastici.
Intervista di Luigi a Nicoletta e Serena [da Malamente #12, ottobre 2018] [QUI IL PDF]
La natura non è un posto da visitare. È casa nostra.
Gary Snyder
Il rapporto di molti bambini con l’ambiente naturale è oggi sempre meno diretto, spesso si riduce al palcoscenico di una gita domenicale o alla visita programmata in fattoria didattica, anche perché la quotidianità della vita urbana o semi-urbana ne cattura l’attenzione, loro malgrado, in un mondo di cemento, plastica ed elettronica. Nelle scuole d’infanzia, a parte rare eccezioni in cui qualche nonno è chiamato a piantare pomodori in giardino, si diventa per lo più abili a colorare le fotocopie di un albero senza uscire dai bordi, poco importa se non si è più in grado di riconoscere le piante attorno casa o se non si è mai sentito il profumo di un bosco d’autunno. Anzi, non è infrequente che le nuove generazioni, sempre più abituate a vivere in spazi chiusi, artificiali e igienicamente ipercontrollati, provino sensazioni di disagio quando sono chiamate a uscire dalla propria bolla per entrare in contatto con la materia organica, si tratti di camminare a piedi nudi sulla terra o bere latte appena munto.
Ma ci sono anche bambini e bambine che trascorrono le proprie giornate principalmente all’aria aperta, che sia estate o inverno, tra osservazioni e scoperte, esplorando in libertà il mondo esterno e le potenzialità della propria autonomia. Spesso si sporcano, ogni tanto si sbucciano un ginocchio. Non sanno cosa siano i “lavoretti” uguali per tutti/e e la curiosità è il motore della loro crescita. Li potete incontrare a spasso tra le campagne e i boschi delle Cesane di Urbino: sono i bambini e le bambine di Maestra Natura, un progetto educativo che è da poco entrato nel suo secondo anno di attività, rivolto, per ora, alla fascia uno-sei anni.
Nella sede che domina la vallata da dove, quando l’aria è tersa, lo sguardo può correre fino al mare, i bambini non sono oggetto di un trasferimento di competenze da parte degli educatori, ma soggetti di esperienze vissute, con buona pace di quei genitori ansiosi che i figli non imparino mai abbastanza per “essere pronti” all’ingresso nella scuola primaria, che è in primo luogo imparare a restare buoni e seduti fino al suono della campanella. Inoltre, lo stile educativo di Maestra Natura (e delle molteplici esperienze di outdoor education che si stanno sviluppando anche altrove, anche nelle Marche) non tiene conto solo della sfera cognitiva, perché imparare a gestire fin da piccoli le proprie emozioni e i rapporti umani con gli altri è altrettanto importante che imparare l’inglese e le tabelline e, probabilmente, è una buona strada per iniziare a costruire un futuro di migliore convivenza.
Su Malamente abbiamo già dato spazio a esperienze educative fuori dagli schemi oggi maggioritari, questa volta abbiamo intervistato Nicoletta e Serena, fondatrici ed educatrici dell’associazione L’Albero Maestro, al cui interno si sviluppa anche il progetto Maestra Natura.
Vi chiedo intanto di presentarvi. Da che percorsi personali siete arrivate all’apertura dell’associazione L’Albero Maestro e del progetto Maestra Natura?
Figli della libertà Film documentario di Lucio Basadonne e Anna Pollio, 78 minuti, Italia, 2017 Recensione di Vittorio È una calda sera di inizio… Read More »[Recensione]. Figli della libertà (#8)
La pedagogia del buonsenso alla scuola Serendipità di Osimo
Di Luigi
[si veda anche: “Serendipità: una scuola-comunità dinamica a Osimo” Intervista di Luigi a Emily Mignanelli e Federico Pierlorenzi, in Malamente #15, settembre 2019]
A Osimo, in provincia di Ancona, abbiamo incontrato una bellissima realtà educativa basata su principi libertari, finora unica nelle Marche, avviata con il progetto sperimentale dell’associazione “Lilliput” per la fascia 0-3 e proseguita con l’apertura, tre anni fa, dell’esperienza di educazione libertaria “Serendipità” rivolta alla fascia prescolare e scolare, corrispondente alla scuola dell’infanzia e primaria. Una scuola che parte dai bambini e dalla loro voglia di esplorare il mondo per aiutarli a realizzare se stessi in libertà. È una risposta di buonsenso al sistema educativo e repressivo tradizionale a cui siamo abituati, ma non è una scuola d’élite come a volte lo sono le scuole alternative private, che siano montessoriane, steineriane o libertarie. Abbiamo intervistato Emily, che per prima si è messa in gioco nello sperimentare le possibilità di questo modello educativo, e Veronica che si è unita a lei per aprire “Serendipità”: due giovani donne con le idee chiare e un entusiasmo trascinante. Alla conversazione si è unita anche Federica, mamma di due bambini di 5 e 8 anni che frequentano la scuola. Speriamo che dalla loro esperienza possa diffondersi un sano contagio anche altrove.
L’illusione di una scuola montessoriana a Urbino
Di Luigi
La scuola a cui siamo abituati e che probabilmente tutti noi abbiamo frequentato non è esattamente il luogo adatto a svegliare le menti ma, piuttosto, un contesto in cui addestrarle riempiendole di idee e nozioni precostituite. Una scuola che privilegia l’obbedienza alla libertà, funzionale a quello che i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, si troveranno di fronte quando andranno ad occupare il proprio ruolo in questa società.
Ma c’è anche un’altra idea di educazione, la cui storia viene da lontano e che negli ultimi anni sta riscuotendo un crescente interesse teorico, tradotto in sempre più diffuse sperimentazioni pratiche. L’idea di fondo vede nell’educare il portare alla luce, il facilitare lo sviluppo integrale di tutte le potenzialità dell’individuo: educare ad essere, dunque, in contrapposizione al plasmare per dover essere. In questo senso, c’è stata una vera e propria riscoperta del metodo pedagogico sviluppato da Maria Montessori agli inizi del Novecento, diffuso e apprezzato in migliaia di scuole di tutto il mondo tranne che, guarda caso (fascismo, chiesa e subcultura comunista c’entrano qualcosa…), nel nostro paese.