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guerra

L’antifascismo non è una bandiera russa

Da Rivista Malamente n. 31, dic. 2023 

di Enrico Delfiume

Quando nel febbraio 2022 la Russia ha lanciato l’invasione su larga scala dell’Ucraina, in Occidente molti antifascisti e antifasciste hanno dovuto aprire gli occhi sulla complessità di uno scenario politico e culturale che era stato a lungo trascurato o male interpretato. Le istanze di liberazione sociale, politica e culturale nei paesi dell’Est Europa non sono sovrapponibili in pieno con le categorie ideologiche e non sempre sono leggibili con le simbologie che vengono utilizzate in Europa occidentale.

Durante la guerra civile in Donbass, la presenza di combattenti di esplicita fede fascista in entrambi gli schieramenti aveva prodotto la paradossale situazione per cui, su entrambi i fronti, si trovavano volontari e formazioni di ideologie contrapposte. Quando la Russia ha lanciato l’invasione con tutto il corollario di stragi di civili, terrorismo di Stato e minaccia nucleare, le dimensioni e le coordinate del conflitto sono cambiate.

In questi quasi due anni abbiamo deciso di ascoltare, andando direttamente in Ucraina o traducendo contributi originali, le voci di quanti si sono organizzati per combattere contro l’invasione e per contrastare nei propri paesi l’autoritarismo e la corruzione dei governi di Russia e Bielorussia.

L’utilizzo della retorica antifascista e anti-occidentale da parte del governo di Mosca è palesemente parte di una più ampia strategia dei nuovi attori geopolitici autoritari, come la Russia e l’Iran, per creare e articolare consenso all’interno e all’esterno, mentre praticano la repressione e utilizzano gruppi paramilitari di estrema destra per le proprie strategie militari.

Il caso della compagnia Wagner sarebbe sufficiente a tacitare ogni critica al riguardo. Abbiamo già chiarito come non sia per noi accettabile che chi si dice antifascista si presti a questo equivoco. Tanto più che i compagni e le compagne che combattono legittimamente in Ucraina contro l’invasione, seppure rappresentino una minoranza, tentano esplicitamente di combattere il fascismo anche a casa loro e non risparmiano critiche al governo di Kiev.

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L’Ucraina e Putin tra storia e ideologia

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Recensione a: Andrea Graziosi, L’Ucraina e Putin tra storia e ideologia, Laterza, Bari- Roma, 2022

di A. Soto

L’autore è uno dei maggiori studiosi della storia contemporanea russa. Legge il cirillico, ha studiato e insegnato tra Stati Uniti, Russia ed Europa ed è autore, tra l’altro, di una storia dell’Unione Sovietica 1914-1991 uscita per il Mulino tra il 2007 e il 2008.

Di orientamento democratico liberale, vicino al mite progressismo di Giuliano Amato, col quale ha scritto un libro, è uno degli intellettuali più informati sulla situazione russa, qui passata attraverso il vaglio dell’analisi storica. Questo suo testo, che collaziona interventi e studi degli anni precedenti aggiornandoli alla luce della guerra, a mio avviso dà utili coordinate interpretative, anche se è scritto in maniera non sempre brillante e non è lineare nella sua struttura. Inoltre offre conferme riguardo alla lettura della guerra come frutto dell’imperialismo russo, fornendo ulteriori elementi di approfondimento a riguardo.

Prendiamo il toro per le corna e, data la presa in Italia del discorso putiniano, sul fatto che sarebbe stato il mancato rispetto delle promesse fatte di non allargare la Nato a oriente a costringere Mosca a scatenare la guerra, Graziosi ci ricorda che:

  1. non si tratta di promesse ma di discorsi informali sul possibile futuro di una Germania riunificata tenutisi all’inizio del 1990 tra diplomatici sovietici e americani;
  2. il 5 dicembre 1994 Mosca firmò con Stati Uniti, Regno Unito e Ucraina il trattato di Budapest, un impegno questo sì formale e solenne a non violare, e anzi a garantire, i confini di quest’ultima in cambio della sua adesione al trattato di non proliferazione e del trasferimento graduale di più di 4.000 testate nucleari dall’Ucraina alla Russia;
  3. che la Nato non costituisse una minaccia, per di più crescente, è confermato dai fatti: per preparare l’invasione dell’Ucraina la Russia ha ammassato truppe ai suoi confini per mesi; al contrario, i 315.000 soldati americani in Europa nel 1989 erano diventati 107.000 nel 1995 e circa 60.000 nel 2006 rimanendo su questo livello fino al 2021.
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Dalla Russia. L’Organizzazione di combattimento anarco-comunista

Intervista a un gruppo anarchico clandestino

Originale su: it.crimethinc.com

Traduzione di Nerofumo

Quando l’esercito russo ha invaso l’Ucraina alla fine di febbraio 2022, anarchici e altri manifestanti contro la guerra hanno sfidato le misure anti-protesta draconiane per scendere in piazza ed esprimere la propria opposizione. Nei mesi trascorsi da quando quelle proteste sono state represse, la resistenza all’invasione ha assunto nuove forme. Gli attacchi clandestini in tutta la Russia hanno preso di mira ferrovie, centri di reclutamento militare, veicoli appartenenti a fanatici pro-guerra e messaggi di propaganda dello Stato russo a favore della guerra.

Uno dei gruppi che promuovono questi attacchi è noto come Anarcho-Communist Combat Organization. Nella seguente intervista, parlano di come vedono i loro predecessori nella storia regionale dei movimenti anarchici, di come la situazione politica in Russia sia peggiorata a tal punto che è stato possibile reprimere i movimenti sociali e invadere l’Ucraina, e che tipo di organizzazione è possibile nelle condizioni attuali. Abbiamo anche chiesto loro di entrare nel dettaglio di alcuni dei protocolli operativi utilizzati, nel caso ciò fosse mai utile anche altrove, per gruppi anarchici costretti ad adottare strategie simili mentre la repressione statale si intensifica in tutto il mondo.

A quanto ci risulta, l’Anarcho-Communist Combat Organization gestisce varie pagine sui social media, mantiene un fondo per sostenere i gruppi che svolgono azioni dirette clandestine e aiuta a diffondere resoconti di queste azioni e informazioni sui prigionieri catturati. Raccontateci come vedete il lavoro di comunicazione social, poiché questo è il modo principale in cui molte persone vengono a conoscenza delle vostre azioni.

Da parte di alcuni compagni, abbiamo riscontrato critiche riguardo all’attività sui social media in quanto tale: si tratta di un flusso infinito di brevi messaggi, che non lascia alcun impatto nella mente dei lettori.

Consideriamo i social media una parte importante del nostro lavoro di comunicazione, inteso come sforzo per diffondere le nostre idee. La piattaforma che preferiamo è Telegram, poiché è meno censurata e offre un ambiente un po’ più culturale e politicizzato.

Allo stesso tempo, comprendiamo che i proprietari di qualsiasi piattaforma di social media, per non parlare dei fornitori di servizi, possono collaborare con l’apparato repressivo di qualsiasi Stato. Pertanto, è un principio importante per noi garantire l’anonimato nel nostro lavoro sui media. Utilizziamo un sistema operativo basato su Linux, che prevede la connessione a Internet esclusivamente tramite TOR. Questo vale anche per Telegram: lo usiamo solo in questo modo. Per registrare gli account necessari per la nostra attività utilizziamo numeri ed email anonimi e virtuali su riseup.net, che è il progetto nel campo della tecnologia internet di cui ci fidiamo di più. Consideriamo inoltre importante cancellare i metadati dei file multimediali: immagini, video e testi. Alcuni sistemi operativi basati su Linux ti consentono di farlo in due clic; con altri, è necessario installare programmi particolari. In ogni caso, è sempre essenziale farlo.

Uno dei vostri impegni è segnalare azioni dirette e simili in Russia. Come verificate i rapporti e le notizie che arrivano prima di condividerli?

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