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anticapitalismo

Raccogliere le voci dai territori in lotta

Intervista a Paola Imperatore di Giulia Melchionda

Paola Imperatore svolge attività di ricerca presso l’Università di Pisa, dove si occupa di territorio, movimenti sociali e transizione ecologica. È autrice del libro “Territori in lotta. Capitalismo globale e giustizia ambientale nell’era della crisi climatica” (Meltemi Editore, 2023) e, insieme a Emanuele Leonardi, ha contribuito a “L’era della giustizia climatica. Prospettive politiche per una transizione ecologica dal basso” (Orthotes, 2023). “Territori in lotta”, diviso in cinque capitoli, affronta tematiche cruciali: le mobilitazioni locali per la difesa del territorio, la frattura tra lavoro e ambiente, la rappresentazione mediatica delle proteste territoriali, le asimmetrie tra territori, la politica e le istituzioni e, infine, la natura multiscalare dei processi territoriali. In sole 160 pagine, il libro offre una sintesi panoramica delle campagne di protesta a livello nazionale, includendo il Terzo Valico dei Giovi e la campagna No TAV, l’industria crocieristica e la campagna No Grandi Navi, l’estrazione di marmo dalle Apuane e la campagna No Cave, la Rete Adriatica e la campagna No Snam, il Mobile User Objective System e la campagna No MUOS, il Trans Adriatic Pipeline e la campagna No TAP. La piacevolezza della lettura emerge dal bilanciamento tra teoria e voci dal territorio, consolidando una discussione e uno studio destinati a rimanere rilevanti negli anni a venire, specialmente in un contesto in cui è essenziale mantenere un approfondimento costante sull’evoluzione dei movimenti ambientalisti e delle politiche climatiche.

“Sino a pochi anni fa non avevo mai visto un parco naturale, non ero mai stata in montagna, non sapevo da che pianta nascesse una zucchina, in che ecosistemi nascessero i funghi e in quali habitat vivessero le volpi. Eppure, sentivo crescere dentro di me una coscienza ecologista”. Decidi di iniziare così il tuo libro. Vorrei sapere di più su come ti sei avvicinata al tema dei territori e delle loro lotte: cosa ti ha spinta a raccontare le vicende che li caratterizzano, amplificando le voci di chi ci abita?

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ORA: l’esperienza di una moneta sociale

Intervista di Luigi ad alcuni/e promotori/trici della rete di moneta sociale ORA, da Rivista Malamente n. 24 (mar. 2022).

(QUI IL PDF)

Esistono moltissime esperienze di monete sociali, alternative, complementari, locali… ognuna con le sue caratteristiche ma accomunate dal tentativo di uscire dalle logiche monetarie “ufficiali”, per costruire sistemi territoriali di scambio basati sul mutualismo e la solidarietà. Uno di questi progetti è avviato ormai da diversi anni in provincia di Pesaro e Urbino, sviluppato dalla rete di economia solidale che ruota attorno a Oltremercato, il mercato contadino autogestito nato da un’assemblea di produttori che condividono le pratiche e il manifesto di Genuino Clandestino. La moneta si chiama ORA ed è, in sostanza, un’unità di misura dello scambio, un intermediario tra domanda e offerta di beni e servizi che permette il “dare” e “avere” senza bisogno di far circolare euro. Qualcosa di ben più strutturato di un semplice baratto. Si tratta di un sistema che rimette in discussione il nostro rapporto con il denaro: le ORE non vengono accumulate nelle mani di qualcuno, anzi spingono tutti i membri a partecipare alla vita della comunità, con quello che sanno fare o produrre, incoraggiano gli scambi e le relazioni solidali. La vitalità del progetto si fonda su una comunità locale ispirata ai principi della fiducia, della reciprocità e della cooperazione, con il fine di promuovere l’autogestione e l’indipendenza dal sistema delle merci e con la visione, in prospettiva, di una radicale trasformazione sociale a partire da una concreta alternativa di vita al capitalismo.

Voi fate parte di una rete che già da qualche anno promuove una “moneta sociale”, chiamata ORA, come mezzo di scambio alternativo all’euro. Andando subito al pratico: come funziona questo meccanismo? Come si innesca quel circuito a più soggetti che supera i limiti del baratto (dare/avere) tra due persone?

UBA. Dal punto di vista pratico è in sostanza un baratto tra più persone, fatto in tempi diversi, facilitato da un programma gestionale che tiene conto degli scambi. Quando una persona si iscrive apre un conto che parte da zero e può iniziare subito a scambiare beni e servizi con tutti gli altri: ogni volta che vende qualcosa il suo conto sale di qualche ORA, ogni volta che acquista scende. La somma di tutti i conti è sempre zero. Un esempio per capirci meglio: io vado da Michelina a fare un lavoro di muratura e mi faccio pagare in moneta sociale – poniamo cinque ORE – quindi registro la transazione che accredita a me queste cinque ORE e le addebita a Michelina; domani con le mie ORE posso andare a fare la spesa alimentare al Gas Nomade[1], il mio conto scenderà e salirà quello del Gas Nomade, e così via.

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Noi umani, futuri superflui

Origini e prospettive del transumanesimo

Interviste di Le Comptoire e Sciences Critiques a Pièces et Main-d’Œuvre [QUI IL PDF]

In un futuro non troppo lontano ci aspetta un cambio radicale dell’idea stessa che abbiamo di “essere umano”, perché chi gestisce la scienza e le macchine – la tecnocrazia – potrà configurare l’umano a suo piacere, tramite manipolazioni genetiche e fusione di corpo e tecnologia. La selezione delle caratteristiche del nascituro, soppianterà la gravidanza affidata al caso: non è questione di chiedersi “se” succederà, ma “quando” succederà.

L’ibridazione dei corpi con dispositivi elettronici (impianti, protesi, organi artificiali, interfacce uomo-macchina) è già in atto. Enfatizzata come accorgimento medico per fronteggiare malattia e vecchiaia, celebrata dal tifo nazionale per le prodezze e vittorie paraolimpiche, non maschera il suo scopo di fondo che è la gestione totale della vita. Sebbene, per l’essere umano potenziato, ciò che prima era “vita” si trasforma in mero “funzionamento”.

La nostra epoca è segnata dall’escalation dello sviluppo tecnologico, il cui incedere non è lineare ma esponenziale, con riduzione sempre più spinta del tempo necessario affinché nuove tecnologie riconfigurino il mondo. E se qualcosa può essere fatto, possiamo stare certi che verrà fatto. Non ci sono remore morali o pregiudizi etici che tengano. Salvo poi, come apprendisti stregoni, non saper più controllare le forze evocate.

Siamo di fronte a uno scenario che sembra degno della peggiore fantascienza, ma in realtà avanza a grandi passi nei più spregiudicati laboratori della ricerca. Fino a quando, come accaduto per ogni tecnologia, arriverà il momento in cui il transumanesimo ce lo ritroveremo così familiare da non accorgercene più e da non poter più ricordare com’era, prima, la vita in società. Eppure gran parte degli umani, per fatalismo o indifferenza, sembrano non preoccuparsi dell’imminente disfatta della specie. Resistiamo e resisteremo, noi “scimpanzé del futuro“.

Il Manifesto degli scimpanzé del futuro è un libro di Pièces et Main-d’Œuvre: una critica appassionata e radicale del transumanesimo, cioè del tentativo di riprogettare artificialmente le basi della condizione umana, superando i limiti biologici del corpo per poterlo “potenziare” e “migliorare”. Gli scimpanzé del futuro, nel mondo che tali tecnologie si apprestano a forgiare, saranno quelle persone che avranno voluto conservare la propria imperfetta umanità.

Pubblichiamo qui una traduzione ridotta di due interviste a Pièces et Main-d’Œuvre: Non viviamo più in democrazia ma in tecnocrazia di Alizé Lacoste Jeanson (ALJ) per “Le Comptoire” e Il transumanesimo: una logica di guerra applicata all’evoluzione di Edouard V. Piely (EVP) per Sciences Critiques.

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La vita è un gioco, a punti

Di Captain Swing [QUI IL PDF]

Tutto è misurabile al giorno d’oggi. Le «rigogliosità non qualificabili» della vita – per dirla con Vaneigem – vengono tranquillamente incasellate, pesate e ricondotte alla loro «forma economica», la sopravvivenza. Tutto molto razionale ed efficiente. E così, se la giornata si compone di piccole azioni quotidiane, perché non scorporarle e attribuire loro un valore? Che ci si sia alzati dal letto col piede giusto o con quello sbagliato poco importa, purché le regole del gioco della vita siano chiare: una sequenza di punti da guadagnare, di classifiche da scalare, di bonus da ottenere ci aspettano là fuori. Quanto più ci si comporta bene e si adotta uno stile di vita sostenibile, tanto più aumenteremo il nostro punteggio.

Stiamo parlando dei wom, voucher digitali che rappresentano l’unità di misura con la quale si soppesa il valore sociale generato dalle azioni quotidiane degli individui, permettendo di premiare i comportamenti virtuosi (in attesa che le regole del gioco vengano implementate per punire i comportamenti viziosi, dissoluti, immorali, criminosi). Per ogni minuto di azione positiva si guadagna un wom. Il presupposto di partenza è che ci siano azioni individuali che generano delle “esternalità positive”, che hanno cioè un valore sociale, quantificabile. Queste azioni, opportunamente registrate, fanno guadagnare punti che poi, raggiunte certe soglie, possono essere spesi sotto forma di voucher nell’economia reale.

Dietro questo gioco c’è l’azienda Digit srl, spin-off universitario già sviluppatore di una pletora di soluzioni tecnologiche che quando va bene sono inutili ma molto più spesso veicolano una visione del mondo in cui la tecnologia ha già vinto la partita, ha già imposto la forma attorno alla quale si deve modellare la materia organica e all’essere umano non resta che asservirsi alla sua logica e alle sue modalità di relazione.

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