Antichi Piceni e Romani: una storia popolare di guerre, insurrezioni e rivolte

Di Joyce Lussu [QUI IL PDF]

Con questo testo di Joyce Lussu (da Malamente #25) facciamo un salto nella storia antica dei nostri territori. Lo abbiamo ripreso, riducendolo e adattandolo, dalla sua “Storia del Fermano”, pubblicata nel 1970 (prima da Lerici, poi da Marsilio editore): un libro che Joyce Lussu aveva pensato per le scuole superiori e che era stato accolto quasi come una provocazione verso il modo comunemente accettato di “fare storia”. È un racconto che ci parla dei nostri antenati sovrapponendo alla freddezza delle fonti la passione della ricerca, con il cuore dalla parte giusta, quella ostile ai potenti di ogni epoca.

Il territorio dei Piceni (Pangea Comunicazione)

Chi erano i piceni?

Non si sa bene quando arrivarono (le ipotesi variano dal X al VI secolo avanti Cristo) né da dove. Sembra però, da quanto è lecito ricostruire dai reperti archeologici e dagli scarsi documenti, che i piceni venissero dalla Sabina, probabilmente dalla zona di Rieti, in cerca di terre fertili da coltivare. Era usanza normale che gruppi si staccassero dalle tribù originarie per cercare nuovi insediamenti, quando nei vecchi la terra era troppo sfruttata o troppo aumentato il numero delle persone. Queste emigrazioni avvenivano in primavera, per avere il tempo di seminare i cereali nella nuova sede e non erano spedizioni militari conquistatrici, ma pacifiche trasmigrazioni di contadini, che si muovevano in lunghi cortei con le donne, i bambini, le mandrie e le greggi, con i carri colmi di suppellettili e di attrezzi, con i simboli degli dei protettori e le insegne che indicavano l’identità della tribù. Giovani armati proteggevano il corteo da eventuali ostilità della natura e degli uomini; ma si preferivano le terre non contestate e la trattativa e l’accordo con le tribù incontrate lungo il cammino. Quello che appare certo, è che l’immigrazione dei piceni non avvenne estromettendo con la violenza le popolazioni che abitavano la zona in precedenza, ma mescolandosi ad esse e allargando l’area delle coltivazioni.

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Un’eretica del nostro tempo. Joyce Lussu in sette pannelli (#2)

Un’eretica del nostro tempo. Joyce Lussu in sette pannelli
Di Pamela

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.
Nazim Hikmet

La luna si è rotta. Sono stati i pensieri delle donne liberate ad urtarne la sferica semplicità e a frantumarla, in cinque pezzi. Cinque come i lembi di terra di cui è composta la nostra povera e ormai esausta madre terra. Cinque come gli anni di quella bambina scalza, seduta su una vecchia sedia, la cui immagine apre la mostra in questione, ideata e curata dall’Archivio-Biblioteca E. Travaglini e dal collettivo Anarchici/che Valcesano.

Partigiana, traduttrice, scrittrice e divulgatrice, antifascista, femminista, poetessa, antimilitarista, attivista politica e anticlericale. Questi alcuni degli aggettivi che possono aiutare nel definire una figura tanto eclettica e all’avanguardia. Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti, alias Joyce Lussu, è stata un laboratorio vivente di idee che ha cercato di comunicare alle generazioni a venire, insieme a quello spirito critico e libero che l’ha contraddistinta più di ogni altra cosa.

È ricordandola così che, mentre il 2012 stava volgendo al termine, nelle stanze annose e ricolme di libri dell’Archivio-Biblioteca Enrico Travaglini di Fano, è nata l’idea di dedicare una piccola mostra a questa grande donna alla quale, oltre al pensiero, ci accomuna l’origine marchigiana. Proprio nel 2012 Joyce avrebbe compiuto cento anni, ma c’era un’ulteriore motivazione che ci spingeva a ricordarla: i suoi numerosi interventi ai Meeting Anticlericali, appuntamenti libertari che hanno animato le estati fanesi dal 1984 al 1998.

Spint* da un entusiasmo in parte mutuato dalla figura che andavamo definendo, abbiamo autoprodotto la nostra mostra, composta di sette pannelli in forex, delle dimensioni di 70x100cm. Una volta terminato il lavoro, sono iniziate le esposizioni itineranti.

Jesi, Firenze, Fermo. E poi il Fuorisalone libertario, rassegna che avrebbe dovuto svolgersi nella città che a quella mostra aveva dato i natali, Fano. L’esposizione dei sette pannelli avrebbe dovuto accompagnare la presentazione del libro Joyce Lussu. Un’eretica del nostro tempo, edito da Gwynplaine in occasione dei cento anni dalla nascita della pensatrice marchigiana. Ma proprio Fano, o meglio la sua amministrazione comunale, ha deciso che quel 6 settembre 2013 non si poteva ricordare Joyce all’interno della Rocca Malatestiana, il cui giardino l’aveva accolta così tante volte quando era in vita.

La mostra, che è stata comunque esposta alcune settimane più tardi presso l’Infoshop di Fano, è ora in attesa di riprendere il suo vagabondaggio. Nel frattempo la pubblichiamo su queste pagine.