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Prison – Dopo la mia esperienza

di Muhammad Ali Raza

Pubblichiamo il testo dell’intervento di Muhammad Ali Raza al presidio “Verità a giustizia per Matteo Concetti”, Ancona, 13 gennaio 2024.

Salve, sono Muhammad Ali Raza un ex detenuto di Montacuto e Barcaglione, i due carceri di Ancona. È la prima volta che mi presento così, direttamente. Di solito non lo faccio perché in questa società se lo dici è come se precludi la possibilità di conoscere la persona che sono veramente; io non sono una decisione presa in cinque minuti un pomeriggio di sette anni fa, preso dall’ingenuità, io non sono la cupidigia di arraffare qualcosa da uno scaffale dodici anni fa, io sono un uomo che conosce il valore del lavoro e della fatica, della fugacità e della preziosità della vita e che non può trovare un bene più grande se non lasciare il mondo un posto migliore rispetto a come l’ha trovato, in onore a chi ha fatto lo stesso prima di lui.

Penso che per portare un cambiamento al sistema della detenzione carceraria e di qualsiasi altro sistema di “simil-detenzione”, come i CPR, sia necessaria una coscienza diffusa da parte della società tutta. Non siamo reietti, non siamo spazzatura da rinchiudere in quattro mura come fossimo errori da dimenticare, siamo esseri umani come voi tutti, non può essere una scelta sbagliata a definirci per il resto della vita. Non siamo dei trofei da portare in gloria, come fecero con me alcuni agenti dei carabinieri che mi arrestarono, non siamo un articolo di cronaca da incorniciare di falsità diffamatorie per ottenere delle views.

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Scripta Manent. L’esperienza del carcere in regime di Alta Sorveglianza nel racconto di due anarchici.

Su Rivista Malamente, a fine 2019 (n.15), abbiamo pubblicato una intervista Danilo e Valentina, due compagni anarchici che hanno vissuto un lungo periodo di detenzione preventiva, in regime di Alta Sorveglianza, nell’ambito del processo Scripta Manent (assolti in primo grado e in appello). Il processo, per il quale Alfredo Cospito rischia ora l’ergastolo ostativo in regime di 41bis, fa riferimento a una serie di attacchi firmati da diverse sigle collegate alla Federazione Anarchica Informale. Ci siamo fatti raccontare alcune impressioni sulla loro esperienza di carcerazione, anche perché spesso chi è “fuori” non si rende conto fino in fondo cosa voglia dire stare “dentro”, soprattutto in sezioni ad Alta Sorveglianza come quelle dove il potere rinchiude gli anarchici e le anarchiche.

QUI IL PDF

Voi siete stati reclusi in sezioni AS2, cioè sezioni ad alta sorveglianza destinate unicamente agli arrestati per terrorismo ed eversione dell’ordine democratico. Una distinzione che viene storicamente fatta nelle carceri è quella tra detenuti “comuni” e detenuti “politici”: quanto è profonda questa separazione e come l’avete vissuta nella vostra esperienza?

Danilo: La differenziazione nasce proprio con l’intento di non creare un contatto tra detenuti cosiddetti “comuni” e prigionieri politici della guerra sociale, della lotta di classe.

Io posso fare un ragionamento anche in rapporto alla precedente espe­rienza carceraria che abbiamo avuto, nel 2005. Allora non esistevano le sezioni AS2 ma c’erano le EIV (elevato indice di vigilanza), che in teoria comportavano lo stare separati dai “comuni”, ma in Italia le sezioni EIV erano solo un paio quindi si finiva solitamente in una sezione AS; all’epoca l’alta sorveglianza era unica, non differenziata come adesso in AS1 (per gli appartenenti alla criminalità organizzata declassificati dal 41 bis), AS2 (per i “politici”) e AS3 (per le organizzazioni criminali comuni legate allo spaccio). Questo significa che essendo sottoposti a regime a elevato indice di vigilanza, ma all’interno di una sezione AS, si finiva insieme a prigionieri legati alle associazioni a delinquere organizzate, a spacciatori internaziona­li, etc., non era proprio un rapporto col grosso dei prigionieri “comuni”, ma c’era comunque un minimo di interazione con altri detenuti che non fossero politici. Ora non è più così, nelle sezioni AS2 ci si ritrova in un numero esiguo, in cinque, sei, sette compagni per sezione, senza nessun contatto con i “comuni” e con tutta una serie di restrizioni pratiche. La sezione AS2 è organizzata e gestita proprio per questa tipologia di prigio­nieri, per anarchici e comunisti.

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Il regime carcerario 41-bis: tortura di Stato

L’anarchico Alfredo Cospito è da due mesi in sciopero della fame contro il regime di detenzione speciale 41-bis a cui è sottoposto. Anche altri/e anarchici/e detenuti stanno protestando con la stessa determinazione.

Il regime 41-bis è annientamento psicologico, è tortura di Stato e deve immediatamente cessare, per Alfredo e per tutti/e i detenuti che vi sono sottoposti/e, ad oggi oltre 700 (numero in costante incremento, anno dopo anno).

Qui di seguito un breve approfondimento sulle origini del 41-bis e su cosa prevede concretamente

Da dove arriva l’art. 41-bis?

Art. 41-bis dell’Ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354; modificata dalla legge 23 dicembre 2002, n. 279).

Introdotto dalla Legge Gozzini di riforma penitenziaria (663/1986), si componeva inizialmente di un solo comma che consentiva di sospendere le regole ordinarie di trattamento dei detenuti per fronteggiare situazioni di emergenza e ripristinare l’ordine e la sicurezza all’interno delle carceri.

Ha il suo antecedente nell’art. 90, applicato tra 1977 e 1985, prima nelle cosiddette “carceri speciali” poi anche altrove, in un periodo di forti movimenti sociali e di rivolte nelle carceri.

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Una storia sbagliata (#2)

Una storia sbagliata
di Redazione

È una storia da dimenticare
è una storia da non raccontare
è una storia un po’ complicata
è una storia sbagliata.
Fabrizio De André

Scritta murale, Senigallia, novembre 2015

Scritta murale, Senigallia, novembre 2015

 

È proprio una storia sbagliata quella di Eneas, morto il 25 settembre scorso nel carcere di Villa Fastiggi di Pesaro. Se non si è chiusa nel buio riservato a chi viene oppresso dal carcere è grazie ad un pugno di amici e compagni che hanno deciso di non restare in silenzio. Noi la raccontiamo e vorremmo far crescere l’attenzione sulla violenza della repressione quando colpisce i più deboli e isolati. La prigione, di sorpresa, ci sbatte in faccia di nuovo, dura come un cancello quando pensiamo anche ad Alessio Abram di Ancona, da anni impegnato nelle strade e nello sport popolare come antirazzista e antifascista. Da più di un mese è sequestrato a Montacuto con una condanna a quattro anni. Il suo arresto ci ha riempiti di rabbia e ha mostrato a tutti il carattere vendicativo e classista della questura e della magistratura.Leggi tutto »Una storia sbagliata (#2)