Avviso agli automobilisti
Di Bernard Charbonneau
Prefazione a L’Hommauto (Denoël, 1967, ripubblicato nel 2003)
Da Rivista Malamente n. 32, mar. 2024 (QUI IL PDF)
Fermi lì! Vicolo cieco. Tornate indietro! Sono finiti i tempi in cui le civiltà erano definite da Cristo o dalla Libertà. Oggi le religioni, fortunatamente ridotte allo spirito, non hanno alcuna influenza sulla morale e sulla politica, e le ideologie sono in crisi. Non è più un Dio, e nemmeno un principio, a presiedere la nostra società, ma un fatto: una macchina, quel grosso scarafaggio con gli occhi fissi, l’automobile, così chiamata perché si muove da sola. A 150 anni, si dirige dritta verso l’avvenire. Quale avvenire? Nessuno lo sa.
Se un marziano dovesse scoprire l’Europa o l’America, definirebbe la loro civiltà come quella dell’automobile. È lei il nostro ideale; ogni autunno andiamo a venerarla sull’altare dove brilla di mille luci. E infesta le nostre strade come i nostri sogni. L’economia della Francia o degli Stati Uniti è, in larga misura, un’economia dell’automobile; se Ford o Renault vendono male, o la loro produzione diminuisce, la crisi, la disoccupazione e la rivoluzione minacciano il Paese: probabilmente è stata la Volkswagen a salvare finora la Germania Ovest da Hitler. Se il flusso di materia su ruote sale velocemente, allora regna la prosperità e la fiducia nel futuro. L’auto invade il tempo: secondo Gallup, gli americani trascorrono il 18,22% della loro giornata in auto. E modella lo spazio; nel tessuto delle case sgombera il vuoto necessario per la sua corsa o per il suo riposo. Perché non ha bisogno solo di strade sempre più larghe, ma anche di un alloggio; potremmo dire: un’altra città e un altro cittadino.
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