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Lettera ai giovani sul destino del mondo

Fabrice Nicolino

[da Rivista Malamente, n. 35, gennaio 2025]

Fabrice Nicolino è un giornalista francese nato nel 1955; ha scritto per Politis, le Canard enchaîné, GEO, Télérama, Terre sauvage, Charlie Hebdo (dove è stato tra i feriti dell’attentato del 2015) e diverse altre riviste. Nelle sue recenti inchieste si è occupato di pesticidi, di biocarburanti, dell’industria della carne e, in generale, di questioni ecologiche.

In uno dei suoi ultimi libri, “Le Grand Sabotage climatique” (2023), mette in luce come le presunte soluzioni alla crisi climatica avanzate da governi e industriali green siano in realtà parte del problema – “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” (diceva Tancredi nel Gattopardo) – mentre per affrontare la questione, divenuta ormai ineludibile, andrebbe rimesso in discussione l’intero sistema economico e industriale globale.

Nella lettera aperta che abbiamo tradotto, Nicolino adotta una retorica che fa riferimento a personaggi e immagini che ormai sono distanti dall’immaginario ecologista, che ha abbracciato necessariamente la lotta intersezionale, decoloniale e anti-imperialista, ma il messaggio di fondo rimane condivisibile: un invito, rivolto a tutte e tutti, ma in particolare alle giovani generazioni, a sollevarsi, perché la via d’uscita non verrà da chi detiene il potere

Vedete, io sono ormai quasi vecchio. Eppure disperatamente giovane come voi, che avete appena iniziato la vostra vita terrena. Vi sarete accorti che tutto sta andando male e, immagino, starete soffrendo per un futuro nero come il carbone più scuro. Vorrei dirvi qualche parola.

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Verso il transumanesimo: crispizzare bambini

Di Luigi

[da Rivista Malamente n. 34, ottobre 2024. QUI IL PDF]

Con questo contributo riprendiamo un discorso che abbiamo già affrontato nel n. 30 della Rivista (set. 2023), nell’articolo “Dio è morto in laboratorio”; lo facciamo, questa volta, a partire dal libro di Henry T. Greely, docente di diritto e genetica, nonché uno dei principali esperti internazionali in bioetica, “Bambini geneticamente modificati? La tecnica CRISPR: scienza ed etica dell’editing umano” (Milano, Franco Angeli, 2023).

«Un ricercatore cinese sostiene di aver contribuito a creare i primi bambini geneticamente modificati…»: questa l’apertura di un lancio dell’Associated Press del 25 novembre 2018, che rivelava al mondo come in maniera del tutto inaspettata un misconosciuto scienziato cinese avesse superato un confine ritenuto ancora – più eticamente che tecnicamente – invalicabile.

Proviamo a immaginare un nutrito capannello di grandi sapienti, a rappresentare la comunità scientifica e i comitati di bioetica, che davanti a una porta chiusa passano giorni e notti a discutere animatamente se sia il caso o meno di aprirla per vedere cosa c’è al di là, a soppesare con il bilancino pro e contro, rischi e benefici, ad accapigliarsi su quanto lungo dovrebbe essere il primo passo eccetera eccetera… e a un certo punto arriva l’addetto delle pulizie che, ignorato da tutti, si dirige verso la porta spalancandola con assoluta nonchalance. Più o meno è quel che è successo.

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La medicina popolare in Val di Tenna durante il Regno d’Italia napoleonico

Di Joyce Lussu

[da Rivista Malamente n. 34, ottobre 2024. QUI IL PDF]

Nell’aprile del 1808, giunto alla rottura con papa Pio VII, Napoleone incorporò le Marche nel Regno d’Italia. Con decreto del 20 aprile firmato da Eugenio Beauharnais viceré d’Italia, il territorio marchigiano è diviso in tre dipartimenti: quello del Metauro, con capitale Pesaro, quello del Musone, con Ancona, quello del Tronto, con Fermo. L’assetto definitivo del dipartimento del Tronto fu stabilito da un decreto del 25 luglio, che lo divideva in due distretti: quello di Ascoli, con tre cantoni, e quello di Fermo, con sette. […]

Le novità introdotte dall’amministrazione napoleonica cadevano dall’alto su una società ancora fondamentalmente feudale, con una classe dirigente di proprietari terrieri, una grandissima maggioranza di lavoratori agricoli mezzadri, braccianti, fittavoli e una esigua minoranza di piccola e media borghesia urbana, in parte favorevole alla Rivoluzione francese, dall’artigiano politicizzato al nobile illuminista. Il mondo contadino rimaneva estraneo e ostile, perché l’amministrazione francese, puntando sui proprietari, non aveva fatto nulla per alleviare la sua soggezione economica, e spesso l’agrario liberale, razionalizzando la produzione, imponeva al lavoratore uno sfruttamento più metodico del vecchio padrone assenteista; e il peso delle requisizioni e delle carestie era caduto tutto sulle sue spalle. […]

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“UNIVPM Not in my name”

Intervista di Giulia Melchionda al gruppo studentesco Gulliver per l’assemblea permanente convocata dalle studente di UNIVPM nella sede della Facoltà di Economia ad Ancona

[da Rivista Malamente n. 34, ottobre 2024. QUI IL PDF]

È un caldo lunedì di giugno e mi trovo alla facoltà di Economia e Commercio a Villarey, ad Ancona. Gli studenti, immersi nella preparazione degli esami, discutono animatamente degli argomenti ancora da studiare. Tuttavia, da quattro giorni, l’ordinario svolgimento dell’anno accademico è stato interrotto. Un cortocircuito di proteste è scaturito: il Gulliver, un gruppo studentesco, ha indetto un’assemblea permanente all’interno della facoltà per denunciare i legami tra l’ateneo e alcune università israeliane. Davanti all’ingresso, uno striscione invita ad alzare lo sguardo e riflettere: “UNIVPM Not in my name. Assemblea permanente.” Alla fine del corridoio d’ingresso, un manifesto1 espone le richieste dell’assemblea, mentre sul prato del cortile sono state montate delle tende. Questa occupazione segna un ritorno clamoroso di una modalità di lotta in uno spazio accademico anconetano dopo quasi quindici anni.

Gli spazi della facoltà di Economia di Ancona non sono gli unici a essere stati occupati da studenti che, in varie forme e modalità, richiamano l’attenzione di chi vive gli spazi accademici (e non solo) sull’attacco ai diritti del popolo palestinese. L’onda è partita nell’aprile di quest’anno negli Stati Uniti, alla Columbia University a New York, espandendosi al mondo arabo e “UNIVPM NOT IN MY NAME” Intervista di Giulia Melchionda al gruppo studentesco Gulliver per l’assemblea permanente convocata da studenti e studentesse dell’Università politecnica delle Marche, nella sede della Facoltà di Economia ad Ancona all’Europa e, quindi, in Italia. È proprio da questa marea che cominciamo quando, insieme a Veronica e Sabrina del gruppo studentesco Gulliver, da[1]vanti a una tazza di caffè, ripercorriamo i passi che hanno portato allo stabilirsi dell’assemblea permanente a partire dal 20 giugno.

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L’ecologismo dalla cura per la salute allo sviluppo personale

di Aude Vidal (testo rivisto da Laura Morosini)

[da Rivista Malamente n. 34, ottobre 2024. QUI IL PDF]

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Come Edizioni Malamente abbiamo partecipato al progetto “Navigare la transizione: voci di un territorio che cambia” realizzato dall’associazione Diciassette insieme ad alcune realtà e voci del territorio marchigiano, come il Laboratorio Falkatraz, l’azienda agricola “Butrigo” di Francesca Pascucci, il docente di filosofia Vereno Brugiatelli e Lorenzo Lucchi, guida ambientale e operatore in suonoterapia. Cosa è successo? Il 1° giugno ci siamo ritrovati alla Casa dell’Ecologia, a Fano, per una conversazione e scambio di opinioni sul tema della transizione ecologica e della transizione “giusta”. Nel contesto delle sfide globali che affrontiamo oggi, il tema della transizione assume un’importanza cruciale, poiché non possiamo permetterci di lasciare indietro né il territorio né le persone. È essenziale che il percorso verso un futuro sostenibile sia intrapreso in modo equo e inclusivo, rispettando le comunità, l’ambiente e la salute collettiva, senza alimentare nuove forme di disuguaglianza o individualismo che potrebbero compromettere il benessere di tutti e tutte. Per mettere in luce alcune criticità sugli aspetti più individualisti della nostra partecipazione alla transizione ecologica, abbiamo presentato un libro pubblicato all’inizio dell’anno: “Egologia. Ecologia, individualismo e corsa alla felicità” di Aude Vidal. L’autrice ha condiviso con noi un commento che i partecipanti all’evento del 1° giugno hanno potuto ascoltare alla fine dell’intervento. Attraversando il tema dell’ecologismo e dell’individualismo, Aude Vidal mette in luce come lo “sviluppo personale” possa fare più male alla salute condivisa di quello che crediamo.  

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Sullo stato dei consultori nelle Marche

di Collettivo transfemminista Ortica

[da Rivista Malamente, n. 34, ottobre 2024. QUI IL PDF]

Tu chiamali se vuoi… consultori

Mi ritrovo con alcune compagne del collettivo transfemminista a spartire volantini per un presidio indetto, il pomeriggio stesso, davanti al consultorio della nostra città. Lo slogan recita: «ci volete in mille pezzi… ci avrete unit3 in mille piazze! Ci riprendiamo i consultori e molto di più».

«Ma cos’è un consultorio?» mi chiede una ragazza a cui ho appena distribuito il volantino. La domanda non era banale: cos’è un consultorio, o meglio, cos’è sulla carta un consultorio e cosa nella realtà?

I consultori nascono nel 1975, con la legge 405, a seguito delle battaglie femministe e della successiva riforma del diritto di famiglia, come spazio libero e di autodeterminazione di ogni soggettività. A dispetto del nome – consultori familiari – vengono istituiti sotto il segno della prevenzione e della cura della persona. Stando alla legislazione in vigore, sono posti gratuiti, laici e liberi da qualsivoglia implicazione religiosa o statale, in cui l’approccio alla salute avviene olisticamente, secondo caratteri di multidisciplinarietà e integrazione con gli altri servizi presenti territorialmente. Ecco perché dentro ai consultori è possibile trovare mediche, ostetriche, ginecologhe, psicologhe, assistenti sociali e figure consulenziali quali sessuologa, sociologa, legale, androloga, neuropsichiatra infantile.

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Raccogliere le voci dai territori in lotta

Intervista a Paola Imperatore di Giulia Melchionda

Paola Imperatore svolge attività di ricerca presso l’Università di Pisa, dove si occupa di territorio, movimenti sociali e transizione ecologica. È autrice del libro “Territori in lotta. Capitalismo globale e giustizia ambientale nell’era della crisi climatica” (Meltemi Editore, 2023) e, insieme a Emanuele Leonardi, ha contribuito a “L’era della giustizia climatica. Prospettive politiche per una transizione ecologica dal basso” (Orthotes, 2023). “Territori in lotta”, diviso in cinque capitoli, affronta tematiche cruciali: le mobilitazioni locali per la difesa del territorio, la frattura tra lavoro e ambiente, la rappresentazione mediatica delle proteste territoriali, le asimmetrie tra territori, la politica e le istituzioni e, infine, la natura multiscalare dei processi territoriali. In sole 160 pagine, il libro offre una sintesi panoramica delle campagne di protesta a livello nazionale, includendo il Terzo Valico dei Giovi e la campagna No TAV, l’industria crocieristica e la campagna No Grandi Navi, l’estrazione di marmo dalle Apuane e la campagna No Cave, la Rete Adriatica e la campagna No Snam, il Mobile User Objective System e la campagna No MUOS, il Trans Adriatic Pipeline e la campagna No TAP. La piacevolezza della lettura emerge dal bilanciamento tra teoria e voci dal territorio, consolidando una discussione e uno studio destinati a rimanere rilevanti negli anni a venire, specialmente in un contesto in cui è essenziale mantenere un approfondimento costante sull’evoluzione dei movimenti ambientalisti e delle politiche climatiche.

“Sino a pochi anni fa non avevo mai visto un parco naturale, non ero mai stata in montagna, non sapevo da che pianta nascesse una zucchina, in che ecosistemi nascessero i funghi e in quali habitat vivessero le volpi. Eppure, sentivo crescere dentro di me una coscienza ecologista”. Decidi di iniziare così il tuo libro. Vorrei sapere di più su come ti sei avvicinata al tema dei territori e delle loro lotte: cosa ti ha spinta a raccontare le vicende che li caratterizzano, amplificando le voci di chi ci abita?

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L’arte del dissenso

Intervista di Nicoletta Grammatico a Laika

Dallo spazio nascono le opere di Laika, street artist e attacchina romana, e allo spazio puntano. Le pensiline degli autobus, le stazioni, i ponti, le mura delle città divengono il luogo prescelto per innestare una radicale critica al sistema contemporaneo, per esprimere il proprio disaccordo. Mordaci e irriverenti, audaci e profondamente critici, i poster dell’artista prendono le mosse dai luoghi che li accolgono per propagarsi ovunque. Lo scopo? Beh, ovviamente, puntare allo spazio. Da questa breve intervista ho cercato di approfondire la poetica alla base del lavoro della street artist, soffermandomi in particolare sul peculiare rapporto che viene istituendosi fra arte, attivismo e spazi della comunità.

«I muri puliti non mi piacciono così come non mi piacciono i popoli muti» – esordisce Laika durante la nostra chiacchierata – «se c’è qualcosa che mi terrorizza è l’indifferenza. Preferisco (a volte amo tantissimo) chi si arrabbia».

Visibilmente incuriosita dalle sue parole, le chiedo qualcosa di più sul progetto. «Laika è una street artist e un’attacchina. Il nome è un omaggio alla cagnetta sovietica, il primo essere vivente ad essere stato nello spazio. Puntare allo spazio significa essere ambiziosi e ambizioso è il progetto di diffondere i miei messaggi ovunque, il più lontano possibile, facendoli arrivare anche a persone non immediatamente vicine a me. Dallo spazio, ossia dall’alto, tutto viene distinto in maniera nitida, conferendomi una visione più completa dei temi che affronto. Temi che chiaramente approfondisco. Il progetto è nato quasi per scherzo: facevo solo stickers e poster ironici su politica e calcio. Poi ho compreso il reale potere che un pezzo di carta incollato a un muro potesse avere e ho continuato con l’intento di diffondere messaggi. Messaggi che parlano di diritti umani, sociali, civili. Cerco di arrivare a tutti: non solo a chi la pensa come me, non solo a chi ha il mio stesso background. È facile raccontarcela tra di noi e dirsi bravi. Voglio arrivare anche a chi non ha il minimo interesse per certi temi: e questa è forse la parte più ambiziosa del lavoro».

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Agricoltura 4.0 e nuovi OGM

Intervento del Collettivo Terra e libertà

Già da decenni l’agricoltura industriale e le sue tecnologie stanno spezzando il rapporto di equilibrio tra esseri umani, terra e territori. Evidentemente l’organico e il vivente sono di intralcio alla produzione scientificamente controllata, standardizzata e meccanizzata, gestita da tecnici che monitorano ogni parametro, senza più bisogno di contadini. Il cibo: una merce tra le altre. Un’altra produzione da ottimizzare. Oggi un ulteriore passo in avanti è alle porte: trattori digitali, sensori, droni applicati a un’agricoltura nemica della biodiversità vanno a braccetto con i “nuovi” OGM, che l’Italia e l’Europa stanno imponendo nel più generale silenzio. Quale strada vogliamo prendere? Quella irreversibile dell’agricoltura industriale, biotecnologica e brevettata, o quella che mantiene ancora possibile un’agricoltura collettiva e mutualistica? Su questi temi pubblichiamo la trascrizione di un intervento del Collettivo Terra e libertà di Rovereto a un incontro pubblico tenutosi nel febbraio 2024 a Casa Galeone (Potenza Picena-MC). Terra e libertà è un collettivo di critica teorica e pratica della società capitalistica nell’era della sua svolta tecno-totalitaria: ostinatamente terrestri, umani e libertari, per il recupero di pratiche e saperi a misura di individui e comunità, contro un sistema che inventa di tutto per privarci della nostra autonomia. Il testo è intervallato da alcuni brani dell’Atelier Paysan, cooperativa di auto-costruzione di macchinari agricoli a bassa tecnologia, che opera per la generalizzazione dell’agroecologia contadina anche attraverso la riappropriazione delle conoscenze tecniche e dei saper-fare, controcorrente rispetto alle tecnologie industriali.

Nei mesi di aprile e maggio si è dispiegata la mobilitazione nazionale “Contro i nuovi OGM”, con decine di iniziative locali e una manifestazione unitaria nelle campagne della lomellina, a Mezzana Bigli, nel sito che dovrebbe ospitare il primo campo sperimentale di riso TEA (cioè un riso OGM di nuovo tipo, ingegnerizzato nei laboratori dell’Università di Milano per renderlo resistente a un fungo patogeno). Mentre scriviamo queste righe non sappiamo come sia andata l’iniziativa, certo è che sarà solo l’inizio di una battaglia che siamo tutti/e chiamati a sostenere: la deregolamentazione dei “nuovi” OGM che sta passando in Europa comporterà l’abolizione degli obblighi di valutazione del rischio, di tracciabilità ed etichettatura, e alla fine, se restiamo inerti, ci ritroveremo costretti a cibarci di queste chimere artificiali, così come per i contadini sarà impossibile scegliere di non averli nel proprio campo, per via delle contaminazioni. Si avvicina un cambio radicale per l’agricoltura e per il cibo che mangiamo. Non resta che impugnare la falce, finché siamo in tempo.

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Noi, Homo sapiens: la nostra ascesa, la nostra fine

Di Luigi

Nel giro di pochi anni, quasi da un giorno all’altro, ci siamo accorti che qualcosa di definitivo è successo, o sta per succedere: come chi, navigando per un fiume tranquillo, si avvedesse d’un tratto che le rive stanno fuggendo all’indietro, l’acqua si è fatta piena di vortici, e si sente ormai vicino il tuono della cascata. [Primo Levi, Vizio di forma, (quarta di copertina della prima edizione Einaudi 1971)]

Preludio

Se osserviamo il percorso evolutivo dell’umanità a cui apparteniamo e proviamo a gettare lo sguardo verso l’immediato futuro appaiono due possibili scenari, non in conflitto l’uno con l’altro: il superamento o l’estinzione. In ogni caso, pare che la storia umana stia scivolando sempre più velocemente sul piano inclinato che la porterà al capolinea.

La distruzione già avanzata degli ecosistemi potrebbe condurre alla fine definitiva del genere Homo, rendendogli il mondo invivibile, oppure, nel tempo sospeso prima che cali il sipario, si potrebbe determinare il superamento dell’attuale e unica specie esistente, Homo sapiens, che lascerebbe il posto (dopo un eventuale periodo di convivenza) a qualcosa di altro e inedito.

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