Storia di Gaetano Lombardozzi, anarchico, marinaio e fabbro
Di Federico Sora
Gaetano Lombardozzi era solito organizzare scherzi agli amici. Ma quella volta fu lui la vittima e a quanto pare non la prese troppo bene. A fine Ottocento era emigrato come tanti negli Stati Uniti in cerca di una vita più dignitosa, per rendersi conto che anche lì gli sfruttati rimanevano tali. Era quindi rientrato in Italia, subito dopo la Prima guerra mondiale, per “fare la rivoluzione” nel grande fermento sovversivo del Biennio rosso. Ma le speranze sfumano e s’impone il fascismo. Lombardozzi ormai anziano, pieno di acciacchi e privo di mezzi di sostentamento riceve ogni tanto il sostegno di qualche dollaro inviatogli dai compagni rimasti oltreoceano. Per ricambiare decide di inviare loro una foto e così prende appuntamento con un amico fotografo. Dopo il primo scatto il fotografo dice che la foto non era venuta granché bene e invita Lombardozzi a rifarla con indosso una giacca che si trovava nello studio. Nella giacca, per uno scherzo architettato dai suoi amici, era stato appuntato il distintivo fascista! Il fotografo quindi, ricevuti gli indirizzi americani, assicura che lui stesso avrebbe provveduto a spedire la foto. Qualche sera dopo, in osteria davanti a una numerosa compagnia accorsa per l’occasione, il fotografo comunica a Lombardozzi di aver effettuato le spedizioni e gli mostra la seconda foto, quella col distintivo… Tutti i presenti ebbero parecchio da fare per trattenere Gaetano dall’ammazzare l’amico fotografo e per assicurargli che la foto spedita non era quella col distintivo fascista! (L’episodio è tratto da: Gigin Sperandini, “Gent sa la grasia: aneddoti fanesi”, Fano, 1976).
Gaetano Lombardozzi – Foto segnaletica
Gaetano Lombardozzi nasce a Loreto, in provincia di Ancona, il 24 maggio 1860 da Pietro e Michela Trebbi; coniugato e poi vedovo di Elvira Bartolini; marinaio e fabbro; anarchico.
La famiglia si trasferisce a Fano quando Gaetano ha due anni. Quasi tutti i Lombardozzi residenti a Fano provenienti dall’anconetano sono schedati come sovversivi nel Casellario politico centrale. Anche due figli di Gaetano diventeranno attivi militanti di sinistra: dopo la Prima guerra mondiale trovano lavoro nelle grandi fabbriche di Torino e aderiscono al Partito comunista; perseguitati dal fascismo emigrano in Francia, tra il 1936 ed il 1939 partecipano entrambi come volontari alle Brigate internazionali nella guerra civile spagnola e successivamente alla resistenza, Alipio in Francia e Sante in Italia.
Per Gaetano i guai con la giustizia iniziano già a quattordici anni, quando nel settembre del 1874 insieme ad alcuni compagni è coinvolto in un furto di grappoli d’uva, per il quale viene condannato a due giorni di arresto. Dieci anni dopo, nel 1884, insieme ad altri marinai di due imbarcazioni (il trabaccolo Guerino e il Ricardo) è accusato di oltraggio alla forza pubblica e contravvenzione alle leggi sulla sanità marittima. Il gruppo di tredici marinai era infatti giunti in porto la notte del 7 settembre dopo quattordici giorni di pesca, ma nonostante le disposizioni sanitarie prevedessero prima dello sbarco una visita preventiva, non volendo i marinai rimanere in attesa tutta la notte sulla barca se ne erano tranquillamente tornati alle loro case, oltraggiando le guardie doganali.
Il carattere irruento di Lombardozzi gli causa una discreta frequentazione delle aule dei tribunali: il 31 dicembre 1887 è accusato di aver ferito il marinaio Antonio Montanari durante un diverbio scoppiato presso l’osteria Piccinetti; viene però dichiarato non luogo a procedere. Nel novembre dell’anno successivo viene fermato mentre cerca di entrare all’interno della cinta daziaria della città con dieci litri di vino presi all’osteria di Filomena Biagioni senza pagare il dazio; spalleggiato da altri anarchici si oppone alle pretese delle guardia daziarie e toltosi uno zoccolo dai piedi ne colpisce una in testa. Sarà poi condannato a un mese di prigione.
Negli anni a cavallo tra Otto e Novecento Lombardozzi alterna periodi in Italia e negli Stati Uniti. Secondo i registri dell’emigrazione di Ellis Island risulta approdato negli Stati Uniti l’11 maggio 1896 (motonave Spaarndam partita da Boulogne-sur-Mer, Francia), il 15 maggio 1901 (motonave Hohenzollern partita da Genova, insieme ad altri fanesi) e, seppur registrato con un dato di residenza inesatto, il 21 agosto 1904 (piroscafo New York partito da Southampton, Inghilterra).
Durante uno dei suoi rientri in Italia, nel giugno del 1894 partecipa a una manifestazione antimilitarista che termina con un duro scontro con le forze di polizia: la sera del 3 giugno mentre in piazza suonava la banda militare un gruppo di una ventina di giovani aveva inneggiato alla rivoluzione e gridato le frasi sovversive “abbasso Crispi!” e “viva De Felice!” (De Felice era stato condannato e incarcerato come promotore dei Fasci siciliani). Era quindi intervenuto il colonnello comandante del presidio militare, il quale era riuscito a bloccare Romolo Falcioni detto Pece e a consegnarlo a una guardia comunale. Grazie al pronto intervento dei compagni e alla colluttazione che ne era seguita, Falcioni era poi riuscito a divincolarsi. In quest’occasione le guardie segnalano Lombardozzi come il più attivo dei dimostranti, ma il procedimento penale non avrà esiti.
Dal 1904 risiede a New Haven (Connecticut), al 108 di Bank Street; in città esercita un piccolo commercio di generi alimentari mentre la famiglia, con cui rimane in corrispondenza, era restata a Fano. Dagli Stati Uniti, insieme ad altri compagni emigrati, non fa mancare le sue sottoscrizioni alla stampa anarchica fanese, in particolare per la nuova serie del periodico «In marcia» e per il numero unico «Largo alla verità». Quando nel 1907 muore (in Italia) sua moglie Elvira lasciando quattro figli piccoli lontani dal padre, i compagni fanesi si stringono a lui offrendo la loro solidarietà. Nel frattempo la polizia apre la scheda personale nel Casellario politico centrale, dichiarando che pur godendo di “buon nome” è un pericoloso ed esaltato propagandista delle idee anarchiche.
Nel 1910 si trasferisce in Carmine Street a New York, dove lavora presso il noto anarchico Vittorio Blotto, ma dopo pochi mesi rientra nel Connecticut, a New London, trasferendosi nel quartiere degli italo-americani di Fort Trumbull. Viene segnalato come sottoscrittore della «Cronaca sovversiva» di Luigi Galleani, oltre a continuare il sostegno economico della stampa anarchica fanese.
Secondo le fonti di polizia rientra a Fano il 21 luglio 1919, in seguito a un infortunio sul lavoro per il quale perde l’uso dell’occhio destro. Partecipa attivamente alla vita dei gruppi anarchici del primo dopoguerra e alle tensioni sociali del Biennio rosso. Nel giugno del 1920, durante la “rivolta dei bersaglieri” di Ancona, Lombardozzi e gli anarchici sono tra i protagonisti delle dimostrazioni che investono anche Fano, in un clima di rivolta, scioperi, scontri e incidenti. La sommossa nata dall’ammutinamento di un gruppo di bersaglieri di stanza ad Ancona, con il sostegno dei quartieri popolari e dei gruppi anarchici e repubblicani si era infatti presto estesa in altre città del centro-nord.
A Fano la notte del 29 rimane ucciso il carabiniere Tani, ma le indagini non riusciranno a stabilire se lo scontro a fuoco avvenne tra militari e rivoltosi oppure tra militari stessi che avevano scambiato un loro camion per un mezzo carico di sovversivi.
Gaetano è coinvolto nel procedimento penale aperto in seguito all’aggressione e alla confisca delle armi a due carabinieri di scorta a un treno destinato ad Ancona, bloccato alla stazione ferroviaria di Fano da una cinquantina di rivoltosi la sera del 28 giugno. Secondo i rapporti delle forze dell’ordine i principali responsabili erano ritenuti i fratelli Bruno e Alcide Ceresani (poi trasmigrati nelle file fasciste) accompagnati da altri dodici soggetti individuati non tanto tramite testimonianze dirette ma solo in base alla loro attività anarchica e alla loro presunta capacità di compiere azioni eversive. Lombardozzi verrà scagionato grazie a dei testimoni che affermeranno di averlo visto nello stesso orario dell’aggressione in un altro luogo, cioè nei pressi della sede dell’Unione marinai, il sindacato anarcosindacalista dei pescatori di Fano collegato all’Unione sindacale italiana.
Nel settembre del 1923, a sessantadue anni, è ancora oggetto di perquisizione domiciliare perché sospettato di detenere stampe sovversive. Le stampe non vengono trovate ma al loro posto saltano fuori alcune cartucce di rivoltella; Lombardozzi è quindi arrestato e rimane in carcere per alcuni giorni, al successivo processo viene condannato a due mesi e mezzo di prigione.
Sotto il regime fascista rimane in contatto epistolare con Errico Malatesta, che aveva conosciuto durante il suo giro negli Stati Uniti. Nelle carte sequestrate dopo la morte del leader anarchico, il nominativo di Lombardozzi è presente in quaderni, rubriche e appunti. Per via dell’età avanzata viene radiato nel 1929 dal Casellario politico, ma la vigilanza è prontamente riattivata quando nel 1933 le autorità sequestrano una lettera a lui diretta inviata dagli Stati Uniti dal fanese emigrato Arturo Ghiandoni. Nella lettera Ghiandoni comunicava che durante una festa di sottoscrizione per la stampa, i compagni anarchici degli Stati Uniti avevano deciso di raccogliere anche una somma a favore di Lombardozzi, spedendogli un assegno da trenta dollari (anch’esso sequestrato). Un episodio simile accade nel 1934, tanto che il comando della Milizia fascista di Pesaro segnala, certamente esagerando, che al Lombardozzi pervenivano con cadenza mensile somme di denaro dagli Stati Uniti. Da indagini esperite dal console comandante Italo Ingaramo, sembra che tali somme siano inviate dal Comitato internazionale per il Soccorso Rosso, dietro interessamento del suo compagno di fede Sabino De Stefano, calzolaio anarchico di Fano.
Nel 1935, ormai vecchio, privo di un occhio, carico di malanni e senza mezzi di sostentamento (i suoi figli sono nel frattempo emigrati in Francia) rivolge una richiesta al Duce per il dissequestro dei due assegni inviati dagli Stati Uniti e non ancora consegnati. Non si conosce l’esito di questa petizione. Muore a Fano il 4 luglio del 1936.
Fonti
Archivio centrale dello Stato, CPC, b. 2823, ad nomen. Pretura di Fano, Atti penali, fascc. n. 1/1875; 27/1882; 179/1884; 38/1888; 140/1888; 146/1894; 248/1923. Archivio di Stato di Pesaro (ASP), Sottosezione di Fano, ACF, 1894, cat. 16, classe 5, fasc. 3. ASP, Tribunale di Pesaro, Atti penali 1921, b. 1148, fasc. 123. «L’Agitazione», 3/1/1901; «In Marcia», 7/7/1906; «Largo alla verità», 13/10/1906; «Cronaca sovversiva», 30/3/1907; «In Marcia», 15/9/1912; «Pensiero e volontà», 1/9/1924 e 1/10/1924. Gigin Sperandini, Gent sa la grasia: aneddoti fanesi, Fano, 1976, p. 86, 107-109.