Il mare di Ventimiglia
Di Rafael
Neanche ci vengono le parole, per dire qualcosa di umano e sensato rispetto a quello che sta accadendo alle frontiere dell’Unione Europea. L’orrore e la rabbia riempiono i pensieri e strozzano la voce. Forse, elencare uno per uno i nomi dei morti, bambini, donne, uomini di ogni provenienza, servirebbe almeno a rendere loro omaggio. Tuttavia esistono anche atti di resistenza, come i presidi permanenti contro le frontiere che stanno nascendo là dove lo scontro per la libertà di circolazione sta aumentando la sua intensità. Tre compagni/e delle Marche nel mese di agosto hanno ricevuto un foglio di via da Ventimiglia per il loro impegno a fianco di chi vuole la libertà. Anche le Marche sono attraversate dai movimenti migratori: da un lato c’è il porto di Ancona, da sempre porta di passaggio, da troppi anni anche prigione e spesso tomba di migranti. Dall’altro l’accoglienza sul territorio di profughi e richiedenti asilo ha portato nelle città e nei paesi dei volti, delle storie nuove, delle domande, lo stimolo a guardare il mondo in faccia. I razzisti li attaccano con viltà, noi vogliamo dir loro “benvenuti e benvenute”.
È un mare bellissimo quello di Ventimiglia. Quello non lo possono separare. Ogni disegno sopra l’acqua dura il tempo di un’onda. La terra invece viene divisa in tanti, grandi e piccoli appezzamenti. Stati, Unioni di Stati, Stati Uniti. E ancora, proprietà privata, pubblica, statale.
Succede che a Ventimiglia due Stati della stessa Unione non si mettano d’accordo sul transito delle persone. I solenni accordi dell’Unione si infrangono sugli scogli, e una manciata di donne e uomini lo rendono evidente con un gesto: restare, per non tornare indietro, per poter continuare ad andare avanti.
Due Stati dicevamo. Erano tutti d’accordo che all’interno dell’Unione non ci sarebbero stati più confini. Fuori sì, mura alte come nessuna civiltà aveva mai eretto, ma dentro le persone erano libere di muoversi.
Fuori però nel frattempo succedono tante cose e si sa, anche le mura più solide hanno dei passaggi.
Chi era fuori ora è dentro e fra gli Stati dell’Unione regna la confusione. Ritornano i confini, ritornano le guardie di confine e tutto il vecchio armamentario dell’assedio. Nuove-vecchie mura tornano a separare, ed è così che si riscoprono vecchi sentieri partigiani, strade romane dove passeggiare, ponti ferroviari da scalare.
Si presidia il confine a Ventimiglia. Per ribadire che quelle mura devono cadere, dentro e fuori. Per supportare materialmente chi ha deciso di restare e chi decide di andare. Si cucina insieme, c’è chi sta e c’è chi passa. Anche qui, come in altri luoghi, si impara insieme ad aggirare i posti di blocco. Non bisogna farsi identificare da queste parti. Ci identificano lo stesso, non tutti però.
La polizia guarda il presidio e cerca di capire chi, tra quelli che sono dentro “di diritto” sta con quelli che erano fuori, e che però adesso sono dentro. Li lasciamo guardare, non ha importanza. Come l’acqua del mare ci scuotiamo appena. Ci scostiamo, passiamo.
Passiamo pomeriggi a fare il bagno nella spiaggia dei ricchi. Insieme impariamo a nuotare, può servire anche questo. Ai ricchi non piace troppo vederci divertire, non capiscono come si possa, noi e loro, condividere lo stesso mare. Ma il mare non lo possono separare.
Ieri abbiamo fatto assemblea. Non è stato facile, si parlavano tante lingue. Abbiamo parlato delle guardie. Dicono che ce ne dobbiamo andare, dove non si sa, noi in stazione non ci vogliamo tornare. Dicono che sennò ci identificano, ma tanto lo fanno lo stesso.
Abbiamo deciso di stare, restare, resistere. Anche andando insieme alla spiaggia dei ricchi, o in stazione dove tanti non sanno dove andare. E allora si va a dare qualche indicazione. Noi siamo al confine, veniteci a trovare. Di là si può andare, cercate di non pagare.
Impariamo a essere acqua. Seguire il flusso, senza curarsi troppo degli ostacoli. Aggirare i blocchi per l’acqua non è difficile, non ci possono fermare.
E i ricchi, e le guardie, gli Stati e le Unioni, non sanno bene che fare.
Le ore scorrono lente sotto questo sole.
I ricchi hanno le barche, l’aria condizionata e il prosecco.
Noi pensiamo a stasera, a domani.
Ci organizziamo.
Là gli scogli, poi il mare. Ci sono vicini, ci accolgono in questo stare, ci accompagnano nel nostro andare. C’è da far cena, c’è da scendere in stazione dopo.
Facciamo finta di non sentire l’elicottero, di non vedere i borselli della digos.
Ci prepariamo alla mareggiata, i confini cadranno.
Links utili per approfondire:
Blog del Presidio Permanente di Ventimiglia
http://noborders20miglia.noblogs.org/
Blog di Eat The Rich e Ventimiglia Border Kitchen
http://reteeattherich.noblogs.org/