Una storia sbagliata
di Redazione
È una storia da dimenticare
è una storia da non raccontare
è una storia un po’ complicata
è una storia sbagliata.
Fabrizio De André
È proprio una storia sbagliata quella di Eneas, morto il 25 settembre scorso nel carcere di Villa Fastiggi di Pesaro. Se non si è chiusa nel buio riservato a chi viene oppresso dal carcere è grazie ad un pugno di amici e compagni che hanno deciso di non restare in silenzio. Noi la raccontiamo e vorremmo far crescere l’attenzione sulla violenza della repressione quando colpisce i più deboli e isolati. La prigione, di sorpresa, ci sbatte in faccia di nuovo, dura come un cancello quando pensiamo anche ad Alessio Abram di Ancona, da anni impegnato nelle strade e nello sport popolare come antirazzista e antifascista. Da più di un mese è sequestrato a Montacuto con una condanna a quattro anni. Il suo arresto ci ha riempiti di rabbia e ha mostrato a tutti il carattere vendicativo e classista della questura e della magistratura.
In cerca di una boccata d’aria ci allontaniamo dalla costa e verso le colline troviamo Urbino, città più paradossale che ducale, dove un pugno di studenti e studentesse ce la mette tutta per vivere e studiare con dignità mentre grida in faccia a baroni e bottegai delle verità scomode. Se scendiamo fino alla gola del Furlo scopriamo che oltre alle stupende falesie di roccia dove si pratica l’arrampicata, più in basso tra caffè e gelati prospera un’attrazione per fascioturisti. Ci vuole molta calma per non sfasciare tutto e mentre ci allontaniamo ci chiediamo quali siano il ruolo e le pratiche dell’antifascismo necessarie da queste parti. In nostro soccorso viene il ricco articolo di Valerio sulla storia delle lotte contro l’MSI a Fano negli anni ’70: old school, time gone. Arrivati ai piedi degli Appennini incontriamo la vitale e creativa comunità dello Spazio Pubblico Autogestito Squola di Pergola, che ci racconta la storia della decennale lotta per tutelare l’ambiente e sopravvivere allo sviluppo. Con molte domande ancora nella testa sul rapporto tra ecologia ed economia, arriviamo finalmente nel territorio di Jesi dove scopriamo l’esistenza di un tessuto di artisti e iniziative creative che continua a produrre nonostante la palude mentale della crisi economica. Dalla provincia di Fermo finalmente ci arriva la buona notizia di un gruppo di lavoratori e lavoratrici che rompono la cappa di rassegnazione che regna nelle cooperative ed iniziano a lottare. Il nostro viaggio per ora si ferma di nuovo ad Ancona, guardando il mare d’inverno e ascoltando le storie della campagna internazionale di solidarietà “Tre ponti”, uno sguardo anarchico sulle terre dall’altra parte dell’Adriatico. Infine, come nelle migliori riviste, arriva il culturale, con uno sguardo retrospettivo sulla mostra allestita a Fano nel 2013 su Joyce Lussu, intellettuale militante e soprattutto donna marchigiana e ribelle. E con la recensione dell’edizione autoprodotta del libro “Ai nostri amici” l’ultima freccia lanciata dal Comitato Invisibile, che sta facendo discutere, litigare e sognare.
Nota sulla distribuzione della rivista e il suo possibile uso creativo
La distribuzione di Malamente non passa ora solo tramite i canali a noi più vicini, come quelli degli spazi sociali e di “movimento”, ma anche attraverso alcune librerie e circoli culturali e perfino in qualche bar dei meno raccomandabili di questa apparentemente sonnacchiosa Regione. Un discreto numero di copie valica l’Appennino o supera Tronto e Foglia per raggiungere amici e compagni in giro per la penisola (sulle isole ci stiamo lavorando…). Il veloce esaurimento della tiratura cartacea è indice che la rivista in qualche modo funziona, per questo già da diverse settimane abbiamo reso disponibile sul nostro sito il n. 1 in versione integrale, così come lo è il n. 0 e come, presto, lo sarà anche il numero che avete in mano.
Ci piace ricordare che Malamente non è nata per ribadire una posizione ideologica e con quella andare a leggere la realtà, vuole invece essere una rivista aperta al dibattito, che parte dalla quotidianità dei nostri territori per affacciarsi sul mondo, in continua ricerca di nuove collaborazioni e nuovi stimoli. La redazione della rivista non è un gruppo chiuso e non intende porsi come un nuovo, ennesimo, collettivo. Vogliamo condividere i nostri saperi, affinare insieme teoria e prassi della critica sociale, produrre uno strumento comunicativo che sovverta l’omologazione del tempo presente. Almeno una volta al mese la riunione redazionale è aperta a compagni e compagne che vogliano portare il proprio contributo al progetto. Sono occasioni di reciproco scambio e accrescimento alle quali vi invitiamo a partecipare. I modi per contattarci non mancano, potete iscrivervi alla nostra mailing list, scriverci una email o meglio ancora incontrarci in piazza nelle occasioni pubbliche. Se volete siamo ben contenti di venire da voi a presentare il progetto di questa rivista, come abbiamo già fatto negli ultimi mesi in diversi posti marchigiani, e non solo, che ci hanno voluto ospitare.