L’informatica salverà le api?
Di Robin Mugnier
Abbiamo ripreso e tradotto questo testo dal secondo volume del libro “Le monde en pièces. Pour une critique de la gestion” (edizioni la Lenteur, 2019) e lo abbiamo notevolmente ridotto per adattarlo alle pagine della nostra rivista; ci scuserà l’autore. Si parla di un campo molto specifico, quello dell’apicoltura, per vedere come anche qui, al pari di ogni settore della società, l’informatizzazione e la digitalizzazione stiano modificando radicalmente attività, abitudini e saper fare. I problemi complessi vengono ridotti a elementi quantificabili, monitorabili e tracciabili, in nome della razionalità e dell’efficienza. Ma quanto, realmente, affidarsi alle tecnologie informatiche può essere una soluzione ai crescenti problemi dell’apicoltura (legati al disastro ambientale) e quanto, invece, sono esse stesse parte del problema? Questo testo, pur partendo da un settore di nicchia, ci aiuta a vedere l’altro lato della medaglia dietro alla comodità e alla praticità veicolate dalle tecnologie digitali.
Know your bees
«Gli apicoltori devono conoscere le loro api». È serio pensare che un apicoltore non sappia nulla delle api con cui condivide le sue giornate? Eppure è questo il credo di una serie di start-up che stanno proponendo agli apicoltori nuovi modi di interagire con le loro colonie di api. Bilance connesse da posizionare sotto le arnie, sensori interni di temperatura e umidità, telecamere, connessioni di rete per il trasferimento dei dati e, naturalmente, un’applicazione per smartphone in cui registrare quanto osservato durante le visite di monitoraggio delle colonie. Visto da un computer, l’alveare appare sotto una nuova luce: grafici e curve rendono visibile da lontano ciò che prima si poteva vedere solo andando sul posto.
Queste tecnologie informatiche, oltre a presentarsi come una razionalizzazione del mestiere di apicoltore mirano anche a proteggere le api, che soffrono attualmente di un alto tasso di mortalità. L’obiettivo è chiaro, come spiega il fondatore di Label Abeille (azienda francese che commercializza una scatola da posizionare sotto l’alveare per mostrare in tempo reale, su smartphone, le variazioni di peso e temperatura): i dati consentiranno agli apicoltori di superare la situazione attuale. Di fronte ai danni causati dagli insetticidi, da parassiti come la varroa e dai cambiamenti nel contesto agricolo, questa gente invita gli apicoltori a modificare le loro pratiche integrando nuove tecnologie. Ed è anche vero che alcuni apicoltori amatoriali, appassionati sia di api che di computer, stanno iniziando ad armeggiare con l’open source per rendere questi sistemi accessibili a tutti.
Nel corso della sua storia, l’apicoltura è rimasta sempre più o meno la stessa. Con l’eccezione del telaio smontabile introdotto negli anni Sessanta dell’Ottocento e della meccanizzazione dell’estrazione del miele, nulla ha cambiato in profondità la professione. L’informatizzazione mira a rompere questa monotonia attraverso una rivoluzione tecnologica innovativa, come sostiene ad esempio Bee Smart Technologies, una start-up ungherese che sta sviluppando arnie connesse, bilance e sensori interni. Due anni fa, l’azienda ha presentato il suo lavoro sulle colonne di “Le Monde”, spiegando che il suo obiettivo era quello di raccogliere il maggior numero possibile di dati per determinare quali siano le condizioni ideali di sviluppo di una colonia di api. Costo del progetto 380.000 euro, due terzi dei quali finanziati dall’Unione europea sul cui sito si legge che «il sistema aiuta le api a trovare ciò di cui hanno bisogno al momento giusto per produrre più miele», anche se non si capisce bene come questi sistemi possano guidare le api nella loro raccolta. In ogni caso, la start-up cura la sua comunicazione e la sua immagine spiegando la portata della rivoluzione che va a introdurre nel mondo dell’apicoltura:
È ora di digitalizzare l’apicoltura. Con il nostro sistema stiamo facilitando la comprensione delle api da parte degli apicoltori. Passando da decisioni basate sul calendario a soluzioni basate su dati raccolti digitalmente, le nostre innovative attrezzature aiutano a ottimizzare le operazioni e a mantenere le api in salute. Ci impegniamo ad aiutare tanto gli apicoltori hobbisti quanto le attività commerciali, grazie a moderne tecnologie che costituiranno l’apicoltura del futuro.
Stando a questo approccio, i dati digitali saranno utilizzati per riorganizzare le pratiche e il saper fare in apicoltura. Tuttavia, come ci si poteva aspettare, lungi dal fornire finalmente un mezzo per conoscere la vita delle api, come sostengono i produttori, i dati digitali non riescono a sostituire le interpretazioni derivanti dall’esperienza in apicoltura così come tradizionalmente sviluppata fino a oggi. Osservando il lavoro degli apicoltori si vede come i dati digitali, per acquistare senso, debbano passare attraverso la conoscenza preesistente. In altre parole, non possono esistere senza l’esperienza degli apicoltori che, sola, è in grado di porre rimedio alla semplificazione della realtà che i dati digitali comportano. Siamo quindi ben lontani da una “rivoluzione”.
Ovviamente gli apicoltori non imparano a conoscere le api grazie all’informatica, ma adottano un nuovo modo di organizzarsi basato su quello che leggono sul loro smartphone e sulle curve visualizzate a schermo. Se osserviamo queste tecnologie e la loro applicazione, notiamo come l’informatizzazione del mestiere di apicoltore sia una scelta: mentre l’apicoltura subisce i danni dell’avvelenamento agricolo, la salute delle api si fa precaria e cala la produzione di miele, alcuni apicoltori, nella speranza di recuperare efficienza e produttività, hanno deciso di utilizzare questi strumenti che hanno la particolarità di ridurre la complessità di ciò che avviene nell’alveare a una serie di dati strutturati.
Sulla base di uno studio sul campo in un’azienda apistica nel dipartimento Maine-et-Loire, mi concentrerò qui soprattutto sul tema delle bilance connesse. L’azienda in questione è di fatto un servizio di apicoltura con sei addetti e duemila colonie, integrato in una multinazionale di sementi. Il core business del team di apicoltori non è dunque la produzione di miele, ma l’allevamento di colonie per impollinare le colture agricole e aumentarne le rese. Il team propone anche il noleggio di colonie a coltivatori locali, sempre ai fini dell’impollinazione delle colture. Oltre a questo, vengono prodotti sciami per la vendita. Questa azienda occupa quindi un posto abbastanza originale all’interno di un panorama apistico francese molto eterogeneo, il che non consente di trarre conclusioni valide a priori per l’apicoltura nel suo complesso. Tuttavia, a mio avviso, è una situazione indicativa dell’ingresso degli strumenti informatici e degli oggetti connessi in tutti i settori agricoli.
Unire la passione per l’apicoltura a quella per la tecnologia
Lo sviluppo di bilance connesse e di altri prodotti informatici non nasce al di fuori del mondo dell’apicoltura. Se il nome di Microsoft viene citato qua e là nei programmi di alcune start-up, ciò non significa che siano le grandi aziende informatiche all’origine di questa digitalizzazione. Né che queste tecnologie siano riservate all’élite degli apicoltori professionisti, sebbene il loro prezzo (oltre 300 euro l’una) suggerisce che solo le grandi aziende possano permettersi di acquistarne in quantità.
L’informatizzazione è stata infatti lanciata da persone addentro all’apicoltura, appassionate allo stesso tempo di api e di computer. Prendiamo ad esempio Green & Connect, una microimpresa fondata nel 2015, con sede nella regione di Grenoble, che commercializza la bilancia Beezbee. Il suo fondatore-direttore è un apicoltore dilettante con qualche alveare a bordo giardino; specializzato in ingegneria dei sistemi e in tecnologie di comunicazione per l’Internet delle Cose, ha unito queste due passioni nel suo progetto di bilance connesse. Lo stesso profilo emerge nel caso dell’americano James Wilkes, fondatore di Hive Tracks. Quando racconta la sua autobiografia, a ogni conferenza pubblica, sentiamo la storia di un’infanzia trascorsa tra gli alveari del padre. Attratto dalle api, è diventato anche lui apicoltore negli anni Duemila e oggi possiede un centinaio di colonie. Professore universitario di informatica, ha utilizzato le sue conoscenze di cloud computing per creare un’applicazione digitale dedicata al monitoraggio degli alveari. Secondo le sue stesse parole, il suo lavoro mira a realizzare una “dolce connessione” tra apicoltura e informatica.
Lo stesso motto anima i circoli di apicoltori su forum e siti specializzati. Il sito beehacker.com è esempio di queste comunità di apicoltori e appassionati di tecnologia che si riuniscono per lavorare a progetti di monitoraggio degli alveari. Secondo questo sito amatoriale, «l’obiettivo principale è quello di sviluppare nuove tecnologie open source che possano essere di beneficio alle api e a chiunque abbia a che fare con questi insetti». Una serie di sensori di temperatura, bilance e telecamere interne alle arnie viene prodotta da appassionati del Do It Yourself, siano essi apicoltori o ingegneri.
La natura amatoriale di questo movimento, le risorse limitate di cui dispone e il numero ridotto di persone attive (in pochi hanno tempo da dedicare allo sviluppo di questi progetti) non devono nascondere il fatto essenziale: l’idea secondo cui degli oggetti tecnici sarebbero una soluzione al problema della mortalità delle api. Che è la stessa preoccupazione di aziende e start-up, per le quali la raccolta di capitale finanziario, la partecipazione a concorsi internazionali per l’innovazione, le alleanze con grandi gruppi (bancari, telefonici, petroliferi, assicurativi) e l’ampia copertura da parte della stampa vanno di pari passo alla costruzione di un’immagine di questi strumenti tecnologici come rimedi miracolosi. Hostabee, produttrice di sensori, è un esempio di questa tendenza con il suo slogan: «Alveari connessi: salviamo le api, salviamo il mondo».
Alcune start-up hanno fatto di questa retorica il loro punto di forza, spostando l’attenzione dagli apicoltori alle aziende e agli enti locali che desiderano installare arnie sui propri tetti. L’obiettivo è quello di fornire un po’ di miele ai propri dipendenti ma, soprattutto, come spiega beeconnect:
Aiutando a proteggere le api fate qualcosa per l’ambiente, comunicate il vostro approccio ecologista e migliorate la vostra immagine. Ad esempio, potreste installare uno schermo all’ingresso della vostra azienda, in modo che clienti e dipendenti possano assistere “in diretta” all’attività delle vostre api.
Questo discorso disorienta la comprensione di chi siano i destinatari di tali innovazioni: apicoltori, investitori o grandi gruppi? In ogni caso, le motivazioni sono spesso in contrasto con quelle che animano l’industria apistica, che è molto più interessata a questioni gestionali e pratiche che alla retorica ambientale promossa dalle aziende informatiche.
Bilance connesse, il nuovo strumento dell’apicoltore
Posizionare le bilance è un’operazione relativamente semplice. Prima di tutto, l’apicoltore decide in quale zona installarle, quindi sceglie uno o più alveari che andranno ad accogliere il dispositivo. La bilancia è un rettangolo alto pochi centimetri, in grado di sostenere un’arnia. Aprendo la scatola, si scoprono i due componenti principali: la batteria, che fornisce l’alimentazione al sistema attraverso un accumulatore o tramite collegamento a un pannello solare, e una scatola contenente sensori di peso, di temperatura e l’indicatore del livello della batteria. Il tutto è connesso a un server locale che invia le informazioni a un server centrale situato da qualche parte in Francia. Per raccogliere le misurazioni effettuate dalla bilancia, l’apicoltore deve collegarsi via internet a questo server centrale, utilizzando il proprio smartphone, tablet o computer, e potrà così leggere le curve di dati. Oltre a trasmettere informazioni, questi strumenti sono anche in grado di riceverle, in particolare se l’apicoltore vuole modificare il programma di misurazione (ad esempio, cambiare gli intervalli di misurazione desiderati: ogni ora, due o tre volte al giorno, ecc.). Grazie ai dati trasmessi dalle bilance, gli apicoltori si connettono ai loro apiari nonostante la distanza fisica di decine o anche centinaia di chilometri (distanze dovuto al posizionamento delle arnie in zone anche lontane dalla residenza dell’apicoltore, per la ricerca di un particolare miele).
Il costo delle bilance non consente agli apicoltori di collocarne una sotto ogni arnia. In Francia si stima che ne siano state vendute circa 3-4.000, su un totale approssimativo di 1.250.000 alveari. Dato lo scarso utilizzo di questi strumenti, il programma comunitario per l’apicoltura dell’Unione europea offre un aiuto finanziario per il loro l’acquisto, ritenendo che contribuiscano allo sviluppo tecnico ed economico del settore. Oltre al prezzo, è però l’utilizzo stesso di questi strumenti che impedisce una loro più ampia diffusione. In effetti, un apicoltore non ha interesse ad avere tutti i suoi alveari posizionati su bilance. Gli basta collegare una o alcune delle arnie presenti in un apiario: quelle che ritiene necessarie e strategiche da monitorare. La selezione delle arnie su bilancia diventa rappresentativa di ciò che accade anche alle altre, nell’intero apiario: non è infatti il singolo alveare come unità in sé che si cerca di monitorare, ma l’intero apiario e il suo comportamento all’interno di uno specifico ecosistema.
Dei grafici per conoscere i propri alveari
Prendiamo ad esempio una situazione che ho osservato nell’azienda in cui ho svolto l’inchiesta. Il caldo torrido di giugno nella regione di Angers non sembra disturbare le colonie, che hanno raggiunto il loro picco di attività. L’apiario dove sono arrivato con Louis, il responsabile del servizio di apicoltura, conta poco più di venti unità e si trova all’ombra di alcuni alberi da frutta, nelle immediate vicinanze di boschi di castagni in fiore. Un rapido sguardo all’ingresso delle arnie dà a Louis un’idea dell’attività delle colonie: si va da quelle con una grande popolazione impegnata nella raccolta, a quelle che chiaramente hanno un numero ridotto e poco attivo di bottinatrici. Louis seleziona una colonia che sembra particolarmente attiva, quindi solleviamo il tetto per verificare. Con un semplice sguardo, l’esperto apicoltore ha individuato una colonia potente: vediamo la presenza di api nella parte superiore dell’alveare, i telaini ben pieni, si nota l’attività e l’assenza di odori di malattia o marciume. La scelta della colonia è decisiva, poiché i dati raccolti su un alveare vengono letti con il presupposto che rappresentino fedelmente ciò che accade in tutti gli altri, quindi se l’apicoltore sceglie l’alveare che sembra essere il più forte in termini di attività e popolazione, avrà una lettura fuorviante dei grafici che troverà al computer. Così come sarebbe inadatta la scelta di un alveare troppo debole, che porterebbe a sottovalutare l’attività complessiva dell’apiario.
Solleviamo la colonia e mettiamo la bilancia sotto di essa. La livella a bolla indica che non è esattamente piatta: rimediamo con un pezzetto di legno usato come spessore. L’operazione non ha richiesto che un paio di minuti e, dopo aver controllato che tutto fosse a posto, siamo ripartiti per installare un’altra bilancia in un secondo castagneto. Una delle prime cose che abbiamo imparato è che l’installazione di una bilancia non si fa a caso, ma richiede un buon occhio e una conoscenza tale da garantire che i dati raccolti siano il più possibile rappresentativi.
Con questa installazione Louis cerca di rispondere a due domande: come evolve la melata di castagno? Le colonie aumentano di peso, ovvero, producono miele nei telaini? Una volta allestite le arnie, il loro monitoraggio si trasferisce sul computer. Come già detto, i dati sono generalmente memorizzati sul server dell’azienda che commercializza le bilance. È quindi necessario accedere a internet per connettersi al proprio spazio personale, dove si trovano i dati. Uno strumento informatico tira l’altro, visto che le bilance hanno bisogno di una connessione e di un mezzo per leggere i risultati, principalmente un computer o uno smartphone. Prima di iniziare la giornata, al momento del caffè mattutino con il resto del team, Louis guarda sullo schermo i dati e le curve che gli vengono trasmessi dalle bilance. In un angolo trova visualizzata la posizione esatta dell’alveare, a volte integrata da dati meteorologici come la temperatura esterna e quella interna. Il centro del monitor è occupato da una curva del peso, la cui scala può essere regolata (su settimane, mesi, anni). È questa curva con le sue variazioni su cui si concentra l’attenzione: la chiave di tutte le conoscenze e le interpretazioni, il modo in cui d’ora in avanti potrà essere letta l’attività dell’apiario.
In questo caso, l’obiettivo era monitorare l’andamento del flusso di miele, che gli apicoltori sapevano essere già iniziato. Tuttavia, molti apicoltori posizionano le bilance prima dell’inizio della produzione di miele, come sistema di allerta. L’improvviso aumento del peso dell’alveare indica all’apicoltore che sta iniziando la fioritura; viceversa, una perdita netta di peso indica un problema da risolvere. Rapidità di reazione: questo è il modo in cui gli apicoltori e i produttori giustificano l’uso di bilance connesse. La promozione di questi strumenti, così come la giustificazione del loro utilizzo, si basano sull’aumento di produttività ottenibile grazie a risposte più rapide. Intanto le visite agli apiari per controllare l’andamento del flusso del miele diventano sempre più occasionali, sostituite dal controllo a distanza che permette di fare le “azioni giuste” nei “momenti giusti”. In altre parole, ad esempio, non accadrà più di recarsi in un apiario per posizionare ulteriori telai, scoprendo sul posto che non è necessario farlo.
Ridurre gli spostamenti riduce i costi logistici. Un apicoltore della regione del Vercors ha riassunto sul suo blog i vantaggi che vede in questi strumenti: «Invece di consumare diesel per andare verso le informazioni, preferisco farle arrivare a casa». Per altri suoi colleghi, lo sviluppo dell’apicoltura intelligente è un’opportunità per allineare l’apicoltura alla lotta contro il riscaldamento globale:
Dopotutto, un apicoltore consuma fino a 700 litri di gasolio all’anno per controllare regolarmente lo stato e la salute dei propri alveari, spesso sparsi per la campagna in luoghi non sempre facili da raggiungere. E 700 litri di gasolio bruciati equivalgono all’emissione di oltre due tonnellate di CO2. Qualsiasi tecnologia che permetta di monitorare a distanza il peso degli alveari (e quindi la quantità di miele prodotto) comporta un risparmio di tempo e denaro per l’apicoltore e contribuisce a combattere il riscaldamento globale.
Questi guadagni in termini di efficienza comportano tuttavia un aumento del tempo dedicato alla lettura e all’interpretazione dei grafici. Connessi al loro spazio personale, gli apicoltori non osservano più l’interno delle arnie e dei telai, che prima sollevavano per vedere l’andamento del miele ma, piuttosto, guardano una curva di peso e di temperatura. Mentre prima esaminavano la velocità con cui il miele riempiva le cellette, il suo colore e il suo sapore per determinarne l’origine, ora sono dipendenti dalla lettura della variabile del peso. Peso che sta assumendo un’importanza sempre maggiore, mentre dovrebbe essere, secondo alcuni, solo un elemento aneddotico nelle visite agli apiari; senza contare che viene osservato a distanza e tramite computer. E così tutta l’organizzazione del lavoro in azienda va cambiando: alcuni compiti non sono più guidati dal calendario apistico, ma da una temporalità scandita da dati digitali considerati razionali e precisi.
La deduzione e l’interpretazione dei dati diventano quindi centrali. Di fronte a una curva, un apicoltore esperto decifrerà con sicurezza le cause dell’aumento o della perdita di peso. Tuttavia, dovrà fare i conti con i limiti di questi strumenti, che non possono considerare alcuni fatti di vitale importanza: le condizioni della regina, l’andamento della deposizione della covata, lo sviluppo di malattie, la strutturazione interna dell’alveare, ecc. La curva di peso non dice nulla nemmeno sull’ecosistema circostante (il tipo di nettare o polline raccolto, per esempio), che è un fattore cruciale per la colonia.
Interpretare, al di là delle bilance
L’accesso alle informazioni sull’alveare tramite strumenti informatici non solleva quindi completamente l’apicoltore dall’attività di interpretazione necessaria per colmare il vuoto lasciato da queste tecnologie. I dati digitali raccolti dalla bilancia devono essere confrontati con l’ambiente dell’azienda e dell’apiario, con le condizioni meteorologiche e con le azioni dell’apicoltore sulle colonie.
Torniamo alla descrizione del reparto apistico della multinazionale delle sementi. Un lunedì, giornata di canicola, eravamo impegnati a posizionare le bilance sotto le arnie. Dal fine settimana, Louis ed Émilie (un’apicoltrice dell’équipe, responsabile della selezione genetica) avevano notato un rallentamento dell’attività delle colonie. Caffè alla mano, Émilie solleva la questione del calo dell’attività delle api, che attribuisce alla riduzione delle risorse floreali. Il caldo, oltre 40°C, sembrava infatti aver seccato i fiori di castagno, bloccando la produzione di nettare. Di fronte a questo calo della produzione, le api avevano iniziato ad attingere al miele per nutrirsi, saccheggiando le scorte degli alveari. Dopo una breve discussione Louis confermò queste osservazioni in base ai dati della bilancia che mostravano una perdita di peso. Ma i dati non dicevano nulla sulle cause della situazione. La perdita di peso era forse dovuta anche all’evaporazione dell’umidità contenuta nel nettare? Con questo caldo, vista l’assenza di api negli abbeveratoi dell’apiario, era possibile immaginare un avvelenamento da acqua contaminata? Con o senza la bilancia, le domande restavano aperte.
In breve, contrariamente a quanto sostengono i produttori, queste bilance non permettono certo agli apicoltori di conoscere le loro api. In realtà, sono utili solo se gli apicoltori conoscono già a fondo le loro colonie. I problemi insolubili posti da un approccio digitale, strettamente quantitativo, sono superati dalla conoscenza che gli apicoltori hanno dei loro alveari, del comportamento delle loro regine, della loro genetica e dei loro ecosistemi. Queste conoscenze apistiche sono indispensabili per rendere leggibili gli strumenti informatici. Le bilance sono quindi dispositivi tecnologici insufficienti e riduttivi se si vogliono comprendere le api in tutta la loro complessità e sapere cosa fanno realmente. Se le bilance presentano queste evidenti carenze, perché mai gli apicoltori sono così interessati a esse?
Informatizzazione, costruzione di riferimenti e approccio gestionale
A emergere è la dimensione manageriale di questi dispositivi, principalmente per quanto riguarda razionalizzazione e organizzazione del tempo: muoversi al momento giusto, avere una visione d’insieme delle colonie sullo schermo, ridurre le informazioni complesse in dati digitali che possono essere archiviati su un disco rigido. Questo processo di quantificazione reso possibile dalle bilance è sfruttato dall’Istituto tecnico e scientifico delle api e dell’impollinazione (ITSAP) e dalle varie Associazioni per lo sviluppo dell’apicoltura (ADA), che dispongono di una piattaforma in cui vengono centralizzati i dati provenienti da decine di bilance. L’obiettivo principale è quello di fornire agli apicoltori un «supporto decisionale», che consenta loro di intervenire il più rapidamente possibile durante la produzione del miele.
Oltre a ottimizzare le pratiche del mestiere, la maggior parte degli strumenti informatici per l’apicoltura ha lo scopo di organizzare i dati raccolti durante le visite agli alveari. Le bilance connesse sono solo una fase di questo processo, completata da applicazioni per prendere appunti e software di elaborazione dati. Louis, l’apicoltore della multinazionale, nutre molto interesse verso queste soluzioni che lo aiutano a far fronte al continuo aumento del suo patrimonio apistico, che oggi si aggira intorno alle duemila colonie. Il suo team deve tenere il passo con un numero crescente di alveari, che rende la tracciabilità sempre più complicata, soprattutto per quanto riguarda le linee genetiche. Durante una delle nostre discussioni, Louis immaginava un sistema in cui ogni alveare sarebbe stato dotato di un codice a barre che poteva essere scannerizzato per accedere a tutte le informazioni disponibili sulla colonia, compresa la sua genealogia. Ciascun membro del team avrebbe avuto un piccolo scanner al polso e con l’aiuto di un tablet o di uno smartphone, la scheda di identità dell’alveare sarebbe apparsa sullo schermo con tutte le informazioni relative. Una modalità di lavoro che ben si allinea alle pratiche di microchippatura del bestiame negli allevamenti.
Le applicazioni per smartphone di monitoraggio delle colonie soddisfano le esigenze di alcuni apicoltori, in quanto raccolgono una massa di informazioni. HiveTrack, ad esempio, offre un’applicazione in grado di semplificare la presa di appunti durante le visite e di compilare una carta d’identità per ogni alveare. Bee Smart Technologies con il suo sistema Bboard sottolinea come la tecnologia digitale sia un modo per evitare la necessità di un quaderno scritto a mano, sempre sporco di polline, propoli e miele. Nel mondo dell’informatica e degli strumenti per l’apicoltura, i registri digitali giocano un ruolo importante, anche se non sono del tutto nuovi. C’è chi aveva già intrapreso questa strada utilizzando semplici fogli di calcolo Excel: il passaggio da questi fogli di calcolo a un sistema informatico di altro livello dipende dalla capacità finanziaria degli apicoltori. Le più avanzate infrastrutture digitali rimangono quindi principalmente utilizzate da aziende professionali, com’è il caso di questa multinazionale delle sementi, benché ciò non escluda alcuni usi più marginali da parte di hobbisti.
Conclusioni
Che significato si può dare alla costruzione di bilance connesse e di altre tecnologie propagandate come mezzo per ridurre la mortalità delle api? Non dobbiamo lasciarci ingannare dalla retorica salvifica ed ecologica delle tecnologie pubblicizzate dalle start-up. Se gli apicoltori possono, giustamente, utilizzare la crescente visibilità del problema degli insetti impollinatori per portare avanti una mobilitazione politica, questi strumenti servono essenzialmente ad altri obiettivi: ricerca di investitori e di capitale nelle gare di innovazione per le start-up, ricerca di contratti con le autorità pubbliche, pagamento di premi ai grandi gruppi per l’installazione di arnie sui tetti, ecc.
È sotto le parole d’ordine di razionalizzazione, gestione e quantificazione che gli apicoltori giustificano il loro uso. Questi appelli alla razionalizzazione delle pratiche e all’aumento della produttività sono ampiamente sostenuti da una parte dei professionisti della filiera. Per questa frangia di apicoltori, tutto il modello deve essere ripensato in termini di innovazione e di nuove modalità di produzione. L’apicoltura deve modernizzarsi, seguire l’esempio di alcuni settori agricoli e affrontare il mondo di oggi: questo è il motto della Bee Smart Technology ed è evidente che questo messaggio sta trovando una certa risonanza. Apicoltori con bilance connesse e applicazioni di monitoraggio evidenziano la loro rapidità nella risposta ai problemi e i guadagni che ne derivano, la loro organizzazione e la capacità di tracciamento delle linee genetiche, distinguendosi da un’altra frangia dell’apicoltura, rappresentata dal mito dell’apicoltore ecologico, il “poeta dei campi”.
L’arrivo di questi strumenti informatici in apicoltura è tutt’altro che insignificante nel contesto attuale. Il numero di apicoltori, sia professionisti che amatoriali, è in calo dall’inizio del XXI secolo. Solo le aziende più grandi sembrano resistere a questa tendenza. Per quanto riguarda la produzione di miele, si è assistito a un anno catastrofico dopo l’altro e in vent’anni la produzione è calata di due terzi. L’omogeneizzazione dei paesaggi agricoli e i cambiamenti climatici richiedono agli apicoltori nuovi adattamenti a ogni stagione. Bilance connesse e applicazioni di ogni tipo trovano quindi un terreno fertile su cui attecchire. Un singolo apicoltore dovrebbe oggi avere più di 400 colonie per creare un’attività economicamente redditizia e con la continua crescita delle popolazioni di api da gestire, le tecnologie informatiche arrivano come la soluzione per organizzare e leggere questa massa crescente di unità produttive. I danni causati dagli insetticidi e dalle malattie fanno sì che gli apicoltori debbano dedicare sempre più tempo al monitoraggio della salute delle loro colonie e, come ha riassunto un apicoltore, è ora possibile dedicare solo mezz’ora al computer per le visite di routine, invece di impiegare due o tre giorni per fare il giro degli apiari. Infine, questi strumenti riscuotono successo tra gli apicoltori presi nella spirale degli imperativi di produzione, in un mercato del miele reso ancora più difficile dalla concorrenza delle importazioni.
La gestione informatica non è assolutamente finalizzata a contenere i disastri ecologici e i danni causati dal capitalismo agricolo, ma è solo un tentativo di contenerli e di adattarsi a un contesto sfavorevole. Così, nel tentativo di uscire da una situazione drammatica, gli apicoltori ricorrono a strumenti digitali che in realtà sono parte integrante di quel produttivismo agricolo responsabile di questa stessa situazione. Per sopravvivere, l’apicoltura si affida alle tecnologie informatiche. È una scommessa rischiosa. Per di più, volta le spalle a una pratica necessaria: la lotta politica.